Von der Leyen: “Il Green Deal favorisce la Cina”. Però non molla…
La Baronessa ammette di aver avvantaggiato Pechino, come già si sapeva, ma la sua ricetta è “ancora più politiche verdi”: in un’Europa normale si sarebbe dimessa da tempo

Ursula von der Leyen (© Ec.europa.eu)
Alla fine, al fatto che la transizione ecologica ha, diciamo, dei “gravi effetti collaterali” parrebbe esserci arrivata perfino Ursula von der Leyen. Almeno stando a un passaggio della lettera che il Presidente della Commissione Europea ha recentemente inviato ai Capi di Stato e di Governo dei Ventisette. «Il modo in cui le nostre stesse politiche hanno contribuito all’emergere della Cina nel settore delle tecnologie verdi (solare, batterie, auto elettriche…) dovrebbe servire da monito».

In realtà, che l’European Green Deal avesse l’armocromia del dollaro solo per Pechino (e del fallimento per il Vecchio Continente) non era certamente un mistero. Per dire, RomaIT, nel suo piccolo, ha sottolineato fin dall’inizio che il Paese del Dragone ha il monopolio delle materie prime necessarie ad applicare l’euro-pacchetto climatico. Tuttavia, anche se la Baronessa ha scoperto l’acqua calda, la sua ammissione resta comunque significativa: il problema è che poi non ne trae le debite conseguenze.

Nella stessa missiva, infatti, l’inquilino di Palazzo Berlaymont ha rilanciato sia l’utopistico obiettivo di ridurre i gas serra del 90% entro il 2040. Sia quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, che invece è semplicemente ridicolo, avendo a che fare col sistema più complesso presente in natura. Che, come non ci stancheremo di ripetere, se ne infischia altamente dell’uomo, che ha su di esso un’influenza minima, del 5-10% secondo un luminare quale Antonino Zichichi.

Errare è umano, perseverare è Ursula von der Leyen
Eppure, omeopaticamente, la ricetta di Frau URSSula è insistere con ciò che causa la malattia, però di fantomatica (perché inesplicata) produzione made in Europe. È un po’ come l’eurogruppo Socialisti e Democratici che, scrive l’ANSA, ha proposto il “leasing sociale” per le Bev (Battery Electric Vehicles). Un contributo (termine che oggi, apparentemente, va più di moda rispetto a “tassa”) a carico dei cittadini per invogliarli a comprare le invendutissime macchine alla spina.

Ancora una volta, quindi, la tentazione di Bruxelles è mettere mano al portafogli altrui per risolvere problemi che senza Bruxelles non ci sarebbero. Tipo l’impennata di bollette e costo dei carburanti, o la profonda crisi del mercato immobiliare. Al numero uno dell’esecutivo comunitario, però, non sembra bastare neppure il collasso dell’automotive anche nella natia Germania.

In un’Europa normale, il responsabile di simili disastri socioeconomici si sarebbe già dimesso da tempo. Invece l’alta papavera teutonica non molla, né il delirante feticcio del peggior affermazionismo ambientalista, né – soprattutto – la poltrona. E allora non si può che concludere che errare è umano, perseverare è Ursula von der Leyen.




