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Ristorante Alma a Igea Marina, la conferma della sua anima gourmet

Dopo la splendida esperienza della scorsa estate, siamo tornati all’Alma per testare l’evoluzione di questo sorprendente ristorante gourmet, nato nel Maggio 2022

Ristorante Alma a Igea Marina (Rimini), sommelier versa vino nei calici

Per il ristorante “Alma” di Igea Marina (Rimini), parlare di una scoperta (come abbiamo fatto l’anno scorso) sarebbe ormai banale perché, sebbene lo chef Maniaci non smetta mai di stupire, stavolta il termine più adatto è sicuramente “conferma”.

Eh si, conferma dell’impatto visivo della location che, all’arrivo, appare moderna, elegante, sobria e ben curata. Conferma dell’attenzione al dettaglio e della gentilezza del personale, capitanato con cordialità e stile dal maitre Giuseppe Gaglio, neo acquisto di quest’anno. Ma soprattutto conferma del livello tecnico ed emozionale che le creazioni dello chef, pur variando, riescono sempre ad esprimere con costanza.

Alma, una diversa interpretazione dell’haute cuisine

Dopo la splendida esperienza della scorsa estate, siamo tornati per testare l’evoluzione di questo sorprendente ristorante gourmet, nato nel Maggio 2022 dal connubio tra lo chef Giovanni Maniaci, siciliano d’origine e romagnolo d’adozione e l’imprenditrice, romagnola doc, Katia Foschi, titolare del Blu Resort Beach & Spa (un quattro stelle leader nel settore) nella cui struttura è incastonata la nuova creatura dell’Alma Restaurant.

La conferma di cui parliamo, infatti, riguarda ovviamente anche la bontà della scelta della padrona di casa, rivelatasi lungimirante, che ha puntato fortemente sullo chef Maniaci, già reduce da esperienze di alto livello e pronto, da tempo, per spiccare il volo con una propria creatura.

E’ così che, da poco più di un anno, ad Igea Marina, è nato un nuovo concept di ristorante; una diversa interpretazione dell’haute cuisine grazie a un’insolita genuinità e alla riuscita combinazione tra l’alta tecnica di lavorazione, la splendida mise en place (che ben predispone il commensale) ma soprattutto il rispetto e la valorizzazione delle materie prime, in prevalenza locali, sempre freschissime e di notevole qualità.

La degustazione dei pani, un must dell’Alma

L’apertura con la degustazione di pani, abbinati a un olio evo superlativo, rimane un must dell’Alma, perché lo chef nasce panificatore e conquista subito i suoi ospiti con quattro diverse creazioni: la pagnottina di pane di grano antico Senatore Cappelli, macinato a pietra (servito caldo, con una fragranza sorprendente), la schiacciatina, i grissini e la focaccia; quest’ultima eccezionale, addirittura migliorata rispetto allo scorso anno grazie (ci svela lo chef) a una farina, sempre bio, con una maggiore quantità di crusca. Insomma, se non si tiene a bada la golosità, la cena rischia davvero di concludersi lì!

Per non parlare delle tre piccole e graziose entrée subito proposte: uno stik di pasta fillo con ricci di mare e baccalà mantecato, con riccio crudo dell’Adriatico, una tartelletta con caponatina amabile di melanzane e una mini piadina con la saraghina del territorio, fritta e marinata, con cipolla caramellata e radicchio verde romagnolo. Un tocco che rimanda alle antiche usanze marinare del territorio che lo chef riesce a rievocare (anche in questi piccoli dettagli).

I crudi: ostrica, gambero rosso, scampo e carpaccio di capasanta

Gli antipasti di crudi costituiscono davvero un punto forte del ristorante; proviamo prima la “tartare di ricciola 3 ore, rape, lampone e levistico” (conferma della scoperta entusiasmante dello scorso anno) e il “gambero rosso di sicilia, ciliegie, quinoa e viola”. Poi il piatto di crudo completo (fuori menù) che, oltre all’assaggio dei due precedenti, consente di degustare anche l’ostrica super special de normandia (concava cadoret)”, il carpaccio di capasanta, di baccalà e soprattutto lo scampo.

A quest’ultimo una menzione particolare: sicuramente il più buono, insieme al gambero rosso, tanto da meritare, auspichiamo in un prossimo menù, un piatto tutto suo. Magari (e qui ci permettiamo uno spunto per lo chef) in una tartare con delle scaglie di tartufo fresco che, nel contrasto, esalti i sapori di due materie prime pregiatissime in grado, nelle mani giuste (che qui abbiamo incontrato), di sprigionare un godimento culinario senza pari!

Il primo più buono: il raviolone dell’Adriatico

Passando ai primi si conferma un piatto “da stella” il “risotto carnaroli delta del Po, crema di bieta, acqua di pomodoro, bottarga e limone”. L’equilibrio di sapori che raggiunge il sapiente uso della tecnica lo rende irrinunciabile per tutti coloro che avranno la fortuna di sedersi all’Alma. Scommessa riuscita nella semplicità con la “linguina di gragnano, zucchine fritte, tonno scottato e fondo ristretto”, anche se il primo migliore in assoluto di quest’anno va ravvisato nel raviolone dell’adriatico, fumetto e finocchio marino”.

Il piatto a nostro avviso più buono, insieme al secondo e al dolce di cui vi parleremo tra poco (se non sarete già partiti alla volta di Igea Marina).

Questo raviolo, con ripieno di pesce spatola e pesce lanzardo, rappresenta un vero capolavoro, per la sua delicatezza, perchè racconta davvero l’essenza ittica del mare adriatico (troppo spesso sminuita) ma anche per il suo aspetto cromatico che sorprende quando il raviolo, abbellito da striature di nero di seppia, viene affogato nel fondo ottenuto mediante una riduzione degli scarti degli stessi pesci che ne compongono la farcia.

Dovendo (o meglio volendo) provare anche i secondi partiamo da un piatto quasi obbligato come la “fritturina di calamaretti a spillo, paranza, verdure”, impreziosita da una salsina agrodolce di cipolla rossa di Tropea che compensa quella punta di grasso del fritto, comunque leggero e gustosissimo, ed esalta il sapore del pescato fresco e dorato con una lieve panatura.

La novità: il brodetto 2.0 e gli antichi sapori

Insieme alla fritturina ecco un’altra grande sorpresa stagionale, il “brodetto di mare 2.0”. Piatto riuscitissimo innanzitutto perché rappresenta veramente la versione moderna, in chiave gourmet, della tradizionale zuppa di mare; una portata che a nostro avviso non dovrebbe mai mancare in un ristorante di pesce.

Scelta che poi si rivela tanto più azzeccata se ci si lascia prima affascinare dalla presentazione: la base di pesce in prevalenza dell’Adriatico (ombrina, tombarello, scorfano, gallinella, gambero crudo di Mazzara, scampo e sgombro, oltre alle cozze e vongole di Bellaria) viene sommersa, davanti ai nostri occhi, dalla riduzione dei pesci stessi, dando vita al brodetto con l’aggiunta di pomodorini “perlina” che conferiscono quella spinta in più di dolcezza all’interno del piatto.

Una combinazione che sprigiona un sapore di mare autentico, avvolgente e sapido al punto giusto che, anche in questo caso, rimanda agli antichi sapori dei pescatori ma con un tocco di classe in più!

Il percorso di cioccolato e un babà celestiale!

Come non concludere questo splendido percorso degustativo in dolcezza. E allora, confidando nella maestrìa dello chef, assaggiamo 3 dei dessert in carta: la “crostatina classica alla frutta, con crema pasticcera”, rinfrescata dal “sorbetto di albicocca e basilico”, il percorso di cioccolato (nella foto: “fava, cacao, cioccolato e sorbetto al lampone e peperoncino”) con un gioco intrigante di consistenze, dove la mousse al fondente la fa da padrone; e infine…

Infine, il piatto che, insieme al raviolo e al brodetto, ci ha più entusiasmati.

Eh si perché il “babà” dello chef Maniaci (per l’esattezza il babà agrumato) quest’anno è stato innovato e migliorato al punto da competere seriamente, se non addirittura superare, anche il miglior babà napoletano. Registriamo, infatti, una nuova consistenza nel babà (frutto di una doppia lievitazione), valorizzato dalla possibilità di scegliere il rum preferito per la bagna che viene effettuata a vista, sul momento (altro tocco gourmet che non guasta).

Per concludere con una crema celestiale, setosa e vellutata come è raro trovare (realizzata con panna liquida a freddo e con un diverso amido che non vi sveliamo, conservando gelosamente il segreto che lo chef ci ha confidato). Il tutto impreziosito da frutti di bosco che giovano, oltre che al palato, anche all’impatto cromatico del piatto.

Insomma, un dolce da codice penale: per il cliente che ipotizzasse di non assaggiarlo…

Un ristorante non per tutti…

In conclusione, se cercate un pasto veloce senza pretese, se siete degli amanti dello “All you can eat”, se non vi piace essere coccolati perché per voi al ristorante “si va solo per mangiare” e quindi è inutile spendere qualche euro in più, allora questo posto non fa per voi, dimenticate l’indirizzo e girate pure alla larga da Igea Marina.

In tutti gli altri casi l’Alma Restaurant va necessariamente provato per una combinazione di fattori (livello del cibo, mise en place, location, gentilezza e cordialità del personale) che merita, non solo la fermata ma (come ci insegna la famigerata guida Michelin) anche la deviazione, perché mangiare bene non serve solo al corpo ma rallegra anche lo spirito. Proprio come succede, con l’aggiunta della giusta dose di cordialità, all’Alma Restaurant, l’anima gourmet della Romagna!

Marco Tocci con lo chef Giovanni Maniaci

Marco Tocci

Avvocato, patrocinante in Cassazione, esperto in diritto immobiliare e in food law, quale amante e conoscitore della buona tavola, da anni si diletta a testare i ristoranti più interessanti, convinto che il cibo di qualità sia quasi un obbligo per la salute del corpo e ancor di più per la gioia dell’anima.