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La pizza migliore del mondo? Ecco chi la fa

Qual è la pizza migliore del mondo? La romana, la napoletana, la super guarnita, quella con la base di oro alimentare, quella della nonna?

Pizza Margherita

Qual è la pizza migliore del mondo? La romana, la napoletana, la super guarnita, quella con la base di oro alimentare, quella della nonna, quella fatta a casa, quella delle merende a scuola? Perché costa sempre più cara la pizza che è un piatto povero?

Pizza: piatto povero o ricetta Gourmet?

Questa moda della pizza gourmet è una cavolata. La pizza è un piatto povero ed è buona se rispetti le regole con cui deve essere preparata che sono semplici e salutari. Le pizze sono tre: margherita alta con pomodoro e fior di latte, la marinara con l’origano e le alici detta anche napoletana, che a Napoli invece chiamano romana, è la romana bassa e croccante senza fior di latte.

Il resto sono tutte aggiunte, tutte variazioni, tutte un di più. Lasciamo stare che in Giappone la fanno con le fette di salame e che spesso si trovano pizze con formaggi di scarto, fatti con gli avanzi, che l’impasto è fatto con farine scadenti e la lievitazione non è di 8 ore ma rapida, così la pizza compie la lievitazione nel tuo stomaco. Sono tutte cose che sappiamo e che non riusciremo mai a debellare. Però chi la fa buona, digeribile, semplice e a al giusto prezzo vince. Il passa parola corre e si formano le file di clienti davanti al negozio o al ristorante. La tradizione vincerà sempre, perché è qualità e rispetto degli ingredienti e della manualità artigianale.

La pizza cafona: guarnita con tutto quello che c’è di più caro

Ma ci sono i buontemponi, gli approfittatori, i modaioli. E quel che è peggio c’è un pubblico che li segue, per un tratto, poi tutto crolla. Uno chef che di solito cucina solo per i miliardari, ha fatto una pizza da 70.000 dollari (67 mila euro).

L’ha detto MrBeast, un youtuber con molti seguitori. Siamo nel pieno della follia dei nostri tempi.  La base è oro alimentare e una besciamella di un parmigiano invecchiato 10 anni. Ce ne sono anche più vecchi di parmigiani ma se è per farci la besciamella meglio che non lo sappiano. Sulla pizza mettono il wagyu, manzo prodotto in Giappone (Wa’ significa giapponese e ‘gyu’ significa vacca) marinato in succo d’uva (da 10mila dollari) e fois gras della Hudson Valley, scottato e flambato con una bottiglia di succo di mela da 6mila euro. Non è finito.

Per renderla più orribile hanno aggiunto scaglie di tartufo bianco da 4mila dollari, caviale albino, ancora foglie d’oro commestibile e un po’ di sale marino affumicato. La chiamerei la Pizza Cafona.

Mi guarderei bene dall’assaggiare una schifezza del genere, come ha fatto MrBeast. Anche se mi pagassero il 10% del prezzo che costa ai citrulli che la comprano non mi azzarderei.  Un miscuglio di cose costose non significa creare un’armonia di sapori e di profumi. Non è che mescolando buono con buono esce buono, più spesso esce un obbrobrio. Fare un buon piatto è esattamente il contrario. Togliere, sottrarre e con pochi ingredienti fare la pietanza più gustosa e armonica.

La pizza per due da 10 mila euro

Un pizzaiolo campano, certo Renato Viola, di Agropoli, in provincia di Salerno ha realizzato una pizza più modesta: costa solo 10 mila euro.  L’ha chiamata Luigi XIII. È piccola, solo 20 centimetri di diametro ed è per due persone. Viene servita rigorosamente a domicilio da un team di catering, con piatti e posate in servizio esclusivo ad edizione limitata.

La farina dell’impasto è rigorosamente biologica e il sale è quello australiano Murray River, color rosa albicocca. Questi “pizzettari” più che pizzaioli, usano ingredienti di alta qualità per rovinarli negli abbinamenti. Cose che da sole sarebbero gustose, riescono a renderle inaccettabili unendole sulla pizza. Fra i costosissimi ingredienti ha aggiunto il caviale di tre differenti tipi, rari e raffinati, gamberoni rossi di Acciaroli (Cilento), aragosta di Palinuro, cicala del Mediterraneo, Mozzarella di bufala campana biologica DOP.

Il super beverage di accompagnamento. Cognac Louis XIII Remy Martin ! Champagne Clos Du Mesnil 1995 Krug e Cardenal Mendoza Carta Real Sanchez Romate Finos, tutto incluso nel prezzo. Neanche un buon vino rosso campano, tipo un Taurasi DOCG di Avellino, che ci sarebbe stato benissimo con una margherita ben fatta.

Quella all’aragosta con cognac l’aveva già inventata un altro italiano

Il primo a fare una pizza costosa condita con caviale imbevuto di champagne e aragosta marinata nel miglior cognac, oltre a foglie di oro edibile è stato nel 2006 un italiano, Domenico Crolla, che vive e lavora a Glasgow, in Scozia.

Ma lo fece per metterla all’asta e raccogliere fondi a favore della fondazione Fred Hollows, australiana. La pizza si chiama Royale 007 ed è fatta con aragosta macerata in uno dei cognac più prestigiosi, il Louis XIII Remy Martin, quello che usa anche Renato Viola, poi del caviale annaffiato di champagne e una pioggia di oro 24 carati commestibile.  Il tutto si riesce a mangiare con 3.500 euro più o meno.

A New York te la servono con i diamanti

La pizza servita al Favitta’s Family, a New York, deve il suo prezzo esorbitante (quasi 7 mila dollari) non agli ingredienti, quanto alla guarnizione di diamanti , che ovviamente non si mangiano e alla bottiglia di Dom Perignon con cui viene abbinata.

La pizza è a forma di cuore, si chiama la pizza degli innamorati ed è stata ideata in occasione della Festa di San Valentino. Mi piace ricordare a questo punto la canzone di Fabrizio De André, Via del Campo, quando dice che “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior…” ha proprio ragione! Sempre a New York costa più di 800 euro – ma è anche possibile assaggiarne un solo spicchio per 250 – la pizza Bellissima proposta da Nino’s.

È fatta con panna fresca, caviale, aragosta, uova di salmone e wasabi.  Già il fatto di usare la panna sulla pizza è da arresto immediato, ma poi con la salsa wasabi e l’aragosta? Vi piace la panna sull’aragosta? Beh allora è giusto che paghiate 800 euro, ma per punizione.

Altri miscugli orribili da pagare a caro prezzo

Caviale, aragosta e scaglie d’oro sono anche gli ingredienti deluxe della Miss Verdun, servita a domicilio da uno chef privato del ristorante Mazzou Pizza a circa 4.000 dollari, a Montreal.

Invece è l’italianissimo tartufo bianco di Alba a far lievitare il prezzo fino a circa 2 mila euro, della pizza tartufo bianco e oro, servita da Margo’s a La Valletta, Malta.

Per 700 euro, da Stevenson Pizza Company, a Richmond, in British Columbia, viene servita la Pizza C6, condita con un tritato misto di gamberi tigre, ratatouille di aragosta e salmone affumicato, caviale Osetra e tartufo bianco d’Alba

Ma tutti questi ingredienti italiani, per i quali ringraziamo, ma ci dispiace sapere che saranno così mal utilizzati, possono stancare i pubblici esteri e così in America hanno pensato una pizza american style, la Triple Millefuille. Un franco-italiano improbabile per designare non un dolce ma una pizza tre strati, come fosse un Hot Dog, a 120 dollari.

La trovate da Domino’s Pizza e te la vendono come una creazione di lusso. Li perdoniamo perché sono americani e del lusso non ci hanno mai capito niente, convinti come sono di viverci in mezzo solo perché spendono tanto. La crosta è ripiena di formaggio e la base è farcita con tre strati di ingredienti, tra cui carciofini e jalapenos, i tipici peperoncini messicani.

Com’è noto il cibo messicano si sposa benissimo con la tradizione campana della pizza, no? La prossima creazione la chiameranno Cielito Lindo e si mangerà inzuppando tacos nella salsa di habanaera. Poi chiameranno i pompieri per spegnere la bocca.

Infine anche il televisivo e ciarlatano degli chef, il signor Gordon Ramsey, che sta più tempo sugli aerei e in tv che davanti ai fornelli, giustamente aggiungo io, ha ideato la sua pizza gourmet con purea di cipolla italiana, pasta al tartufo bianco, mozzarella di bufala, erbe fresche, funghi porcini e pancetta. A 250 dollari! Prezzi popolari.

C’è anche la Briatora: una pizza da 5 euro che però puoi pagare 49!

Un ironico omaggio all’imprenditore piemontese che preferisce far pagare cara la pizza. Si chiama Briatora e si può ordinare al ristorante L’Angolo di Beppe, a Torre Lapillo, una frazione di Porto Cesareo in provincia di Lecce. Il prezzo base è di 49 euro, ma può salire fino a 99. 

Umberto Del Prete, titolare del locale, la presenta con una B gigante fatta con le foglie di basilico. “È una normalissima Margherita pensata per chi ha soldi da spendere, ma non sa come fare. Se uno la vuole con la B spende questa cifra. Se, invece, uno la preferisce normale, la paga 5 euro”. Lo trovo geniale!

La pizza aragosta e tartufo del Third Avenue Café Mall di Dubai costa circa 105 dollari, ma il prezzo sarebbe giustificato, secondo loro,  soprattutto da un ingrediente segreto che il pizzaiolo non ha mai voluto rivelare. Ve lo dico io qual è? Un ingrediente acchiappa citrulli certamente. È segreto, non ve lo dice ma gli date 105 dollari? A Dubai funziona a Roma non credo ne venderebbe molte.

Non è la più cara, ma sicuramente la più brillante la Magic Gold, la specialità del Magic Oven di Toronto. Costa circa 100 dollari, è vegana, biologica e senza glutine e tutti i suoi ingredienti, dai pomodorini al basilico, sono ricoperti d’oro. Contenti i vegani, siamo felici per loro.

Le migliori pizze del mondo si fanno in Italia

Per fortuna non abbiamo beni da gettare al vento comprando pizze assurde come queste appena citate. In Italia si fanno ancora delle ottime pizze margherita e c’è addirittura una classifica delle migliori pizzerie 2023, che ci fornisce Vanity Fair. Al primo posto nella graduatoria c’è I Masanielli di Francesco “Sasà”Martucci, che si trova a Caserta, incoronata ancora “la migliore pizzeria d’Italia e del mondo” , che condivide a pari merito con 10 Diego Vitagliano, altra pizzeria di Napoli, ma ne possiede ancora una nel capoluogo campano, una a Roma e una a Dubai. Nelle prime dieci posizioni ci sono altre 4 pizzerie campane: Kalò, Francesco& Salvatore Salvo, La Notizia 94, Cambia-menti di Ciccio Vitiello, ci sono poi I Tigli di San Bonifacio in Veneto, due romane: Pizzeria Romana e Seu Piazza Illuminati e la Dry di Milano. A testimoniare che ormai la buona pizza non si fa solo da Roma in giù.

Le poche sane regole per riconoscere se una pizza è fatta bene

La pizza la fanno gli artigiani e la bellezza della manualità e genialità dell’artigiano fa si che non escano sempre dei prodotti tutti uguali. Ma le regole sono sempre le stesse da millenni. Su pizzanapoletana.org trovate il decalogo della vera pizza che vi propongo riassunto qui.

L’impasto si fa solo con acqua pura, sale, lievito e farina e si fa lievitare per un minimo di 8 ore. Cosa che pochi fanno per poter vendere prima gli impasti preparati. Ma è un errore. Se l’impasto lievita nel tempo giusto, non lo farà poi nello stomaco del cliente e la pizza risulterà più digeribile. Non staremo qui a parlare della farina, ma sappiate che ne esistono tantissime ed esclusivamente per fare le pizze. La buona riuscita della pizza dipende molti da che farina si usa. Ogni pizzaiolo ha le sue idee in proposito ma sta a voi che le mangiate stabilire la migliore pasta.

Per fare una buona pizza ci vogliono le mani esperte di un maestro pizzaiolo

L’impasto si lavora a mano. Con il movimento si sposta dell’aria dal centro verso l’esterno del panetto, ed è perciò che resta più gonfio dopo la cottura. In modo che lo stacchiate invece di mangiarlo perché state a dieta. Quello è solo pane in pratica. Ciò che vi ingrassa è che non camminate abbastanza.

La tradizione vuole che si usino solo prodotti campani per fare la pizza, ma ovviamente non è possibile. Salse di pomodoro o passate le trovate buone anche in Puglia e in Emilia per esempio e nella stessa Campania ci sono tanti pomodori diversi. Il migliore sarebbe il pelato stile San Marzano, con pezzi ancora interi nel barattolo. Se viene usato quello fresco, badate che sia molto rosso, saporito, con molta polpa. La Mozzarella di bufala campana dop si usa solo cruda tagliata a pezzettoni. Siccome rilascia molta acqua la base del condimento per la pizza non è la Mozzarella ma il Fior di latte vaccino. Molti usano delle forme preconfezionate di formaggi di dubbia provenienza. Se vedete usare quelle forme a parallelepipedo dubitate della qualità della pizza e della Pizzeria. In genere si frantuma per spargere il formaggio su tutta la pizza, ma se è fior di latte è meglio di qualsiasi altro. Ci vanno le foglie di basilico, ma alla fine, dopo la cottura. L’olio extravergine di oliva, prima di spargere la salsa di pomodoro.

La cottura: forno a legna o elettrico?

La cottura dovrà avvenire direttamente sul piano del forno a legna, non in teglia, per 60-90 secondi. La pizza non deve bruciare sotto e per questo è importante com’è fatto il forno a legna. Con quali materiali, distanze, aereazione. Non è un buco qualsiasi. Sarebbe anche da parlare del tipo di legna da usare ma poi esageriamo.

La pizza deve essere facilmente ripiegabile su se stessa a libretto, con il cornicione di 1-2 cm, gonfio, di colore dorato e privo o con pochissime bolle e bruciature.

La pizza deve essere tonda, di diametro non superiore ai 35cm, con il cornicione e la parte centrale spessa massimo 4mm. Nel centro spicca il rosso del pomodoro, cui si è amalgamato l’olio e, nella marinara, il verde dell’origano e il bianco dell’aglio, nella margherita, il bianco del fior di latte e il verde delle foglie di basilico.

La pizza sfornata profuma di pane appena cotto, ha i sentori aciduli del pomodoro, e del fior di latte, il flavour fruttato e piccante dell’olio e dell’aglio, l’erbaceo del basilico fresco e dell’origano.

La pizza è il piatto simbolo della dieta mediterranea. La Margherita ha un valore energetico con un panetto da 250gr. di circa 800 Kcal e la Marinara un valore energetico con un panetto da 250gr. di circa 550 Kcal.

Una pizza costa, a chi la fa, circa 4 euro, se parliamo di Margherita. Certo dipende da cosa poi aggiungi nelle altre: funghi, carciofi, prosciutto, mozzarella di bufala… Comunque non dovrebbe mai costare più di 7 o 8 euro al cliente, per consentire al ristoratore di rientrarci con le spese del negozio e del pizzaiolo, in aggiunta agli ingredienti.