E mo’ so’ dazi: la versione Ue dell’accordo è diversa da quella Usa
La von der Leyen fa il gioco delle tre carte cambiando unilateralmente quelle in tavola su digital tax, farmaci e chip: ma prendere in giro Trump non è mai una buona idea…

Accordo sui dazi tra Donald Trump e Ursula von der Leyen (immagine dalla pagina Facebook di Fox 32 Chicago)
Quasi non è nemmeno nata, è già potrebbe essere lettera morta l’intesa euroamericana sui dazi made in Usa faticosamente raggiunta lo scorso 27 luglio. Sulla quale, a distanza di due giorni, le due parti hanno pubblicato le rispettive note informative. Che però presentavano delle differenze sostanziali, peraltro in merito a settori tutt’altro che marginali.

L’accordo Trump-von der Leyen
Sulle gabelle doganali, (quasi) tutti hanno ragione e (praticamente) tutti hanno torto, visto che Nuovo e Vecchio Continente perseguono entrambi – legittimamente – i propri interessi. Nessuna sorpresa, quindi, che il Presidente statunitense Donald Trump abbia thruttato di aver concluso il «miglior accordo commerciale di sempre».

Oltreoceano probabilmente, considerando che, scrive il Corsera, l’Europa si è vista triplicare al 15% le tariffe sulle esportazioni. Oltre a essersi impegnata ad acquistare GNL yankee per 750 miliardi di dollari, e a investire (anche in armi) per altri 600 miliardi. D’altronde, come rileva Rai News, il Commissario Ue per il Commercio Maroš Šefčovič ha sottolineato che l’alternativa era un’insostenibile percentuale del 30%.
La spiegazione, tuttavia, come riferisce l’ANSA non è bastata a placare l’ira funesta che già montava dall’altro lato dell’Atlantico. Col Cancelliere tedesco Friedrich Merz che si è detto «non soddisfatto», e il Premier francese François Bayrou che ha cinguettato addirittura di «sottomissione» di Bruxelles a Washington. Più prudente l’omologo italiano Giorgia Meloni che, aggiunge Sky TG24, ha precisato che il cosiddetto patto di Turnberry è «non vincolante», e vanno verificate «le possibili esenzioni».

Insomma, un risultato brutto che però poteva anche essere pessimo, benché Giuseppe Conte, numero uno pentastellato, l’abbia definito una «Caporetto», auspicando piuttosto una delirante apertura alla Cina. Laddove il segretario dem Elly “pausa teatrale” Schlein, come riporta Il Giornale, ha accusato l’esecutivo, «insieme ad altri Governi nazionalisti», di essere «totalmente subalterno a Trump». E pazienza se la trattativa l’ha condotta Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, come proprio l’opposizione grillo-comunista, ricorda Il Tempo, ha chiesto per settimane.

E mo’ so’ dazi
Eppure, la Baronessa in persona potrebbe aver riaperto la partita, diffondendo un documento conclusivo sul vertice scozzese diverso da quello della Casa Bianca. Le discrepanze, come nota TGCom24, riguardano in particolare farmaci e chip, che secondo Palazzo Berlaymont non sarebbero tassati. E la digital tax dell’Unione Europea, che in proposito ha smentito qualsiasi impegno a “risparmiare” le Big Tech a stelle e strisce.

Non è da escludere che, così facendo, l’alta papavera teutonica sperasse di ripararsi dal “fuoco amico” comunitario, ma onestamente la sua mossa è di difficile comprensione. Perché fare il gioco delle tre carte cambiando unilateralmente quelle in tavola significa irritare The Donald, che notoriamente detesta essere preso in giro. E mo’ so’ dazi…




