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Cracco: nel panino c’è l’oro, manca la gastronomia!

Non ne sentivamo il bisogno, ma è arrivato il panino all’oro di Carlo Cracco. Una grande operazione di marketing ma dov’è la gastronomia?

Carlo Cracco

Carlo Cracco

Non ne sentivamo il bisogno, ma è arrivato il panino all’oro di Carlo Cracco. Nel mondo i cibi super cari non mancano. Dalla pasta con le scaglie di tartufo a 2.000 dollari, o il toast a base di champagne e caciocavallo per 200 dollari o il mega hamburger di manzo di kobe e fois gras per 5.000 dollari, fino alle pizze da 60 euro di Flavio Briatore.

Da non dimenticare le bistecche da 1.700 euro dello chef turco Salt Bae, il cui vero nome è Nusret Gökçe, diventato famoso per il gesto ridicolo con cui mette il sale sulla bistecca mentre cuoce sulla griglia.

I miei maestri di come si cucina la regina delle bistecche, la “fiorentina” (Simone Fracassi, Stefano Bencistà Falorni e Dario Cecchini) mi hanno insegnato che il sale grosso si mette alla fine della cottura e non durante. Ma a Salt Bae che gliene frega? Lo pagano e tant’è.

Un’operazione di marketing e niente più

Il tentativo è corretto. Invece di pagare una campagna stampa che dica cose sensate, faccio una cavolata che tutti riprenderanno e così la campagna me la fanno gratis i giornali e le tv. Questa è l’operazione panino d’oro. Un’acchiappa citrulli.

Non me ne voglia lo chef Carlo Cracco se io ritengo il suo “panino allo zafferano Oro Rosso” una cavolata mostruosa, recuperando una eloquente espressione di fantozziana memoria.

Lui sarà uno chef stellato ma per fortuna sulla gastronomia, come su altri aspetti della vita, le opinioni hanno tutte diritto di espressione. Spesso lo chef vicentino ha suscitato polemiche per me pretestuose.

Se la sua impresa ha un buco finanziario notevole, mi dispiace per chi ci ha investito ma non posso saperne i motivi, che possono anche non avere a che fare con la sua cucina. Se il suo menù sul Frecciarossa non ha raccolto il plauso dei clienti può essere dovuto a diverse ragioni, non del tutto dipendenti dalla sua volontà.

Non lo giudico per quel che dicono gli altri ma per quello che lui propone come cucina innovativa.

Anni or sono, un maestro della cucina, una persona erudita e non un semplice cuoco, Gualtiero Marchesi, inventò il risotto oro e zafferano.

Fu una sfida che gli propose un fotografo. Rispose da maestro. Quando lo assaggiai mi resi conto che il piatto in sé non era un granché come risultato. Era un risotto allo zafferano fatto bene.  

Ma si rivelò in seguito un’operazione di marketing fortunata, quella foglia d’oro gli conferiva uno status ma sotto c’era un risotto della tradizione milanese! Quel piatto rimarrà nella storia e identificherà la carriera di Marchesi, più di tanti altri che lo meriterebbero maggiormente.

Lo confesso, non ho mai amato la cucina di Cracco, fin da quando lavorava nelle Langhe (Le Clivie, a Piobesi d’Alba), al servizio di Bruno Ceretto, imprenditore vinicolo e oggi patron del Duomo (ad Alba), in cui lavora Enrico Crippa, tre stelle, genio assoluto della cucina locale, stagionale, naturalistica.

Chi è Carlo Cracco? Lo chef influencer del panino all’oro

Il panino all’oro di Carlo Cracco (foto dalla pagina Facebook ufficiale dello chef)

Secondo la stampa ufficiale Carlo Cracco è tra i top 10 chef influencer italiani, insieme a colleghi come Alessandro Borghese, Bruno Barbieri, Giorgio Locatelli, Antonino Cannavacciuolo e Massimo Bottura. Per me non tutti meritano quel riconoscimento.

Carlo Cracco nel corso della sua carriera ha conquistato anche una grande notorietà a livello televisivo grazie alla partecipazione a programmi culinari come Masterchef Italia e Hell’s Kitchen. Premiato più volte dalla Guida Michelin, Cracco ha inaugurato nel 2018 il suo locale in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, mentre nel 2023 ha collaborato insieme a Fabio Fazio alla realizzazione di uova di Pasqua.

La televisione spesso ha creato personaggi al di là del loro effettivo valore.

Quando uno chef arriva sugli altari della fama grazie alla sua cucina c’è da crederci. È il caso di Bottura, di Cannavacciuolo, di Locatelli, dello stesso Gianfranco Vissani che era famoso prima di andare in tv. Ma se ci arriva dalla televisione, io diffido.

Ho lavorato tanto nei programmi di cucina in tv e vi posso assicurare che non è affatto detto che se uno chef funziona in tv sia un grande chef anche in cucina. In tv conta saper parlare, rispettare i tempi televisivi, avere simpatia o antipatia (vedi rispettivamente Vissani e Cracco) ma non certo saper far da mangiare. Le cose che si cucinano in tv si buttano via, anche igienicamente non sarebbero da considerare mangiabili. Questo è ciò che mi ha insegnato l’esperienza. Poi magari ci saranno le eccezioni, ma dubito.

Assemblare cose care per fare gastronomia non basta

Non mi curo delle critiche tipo ”uno schiaffo alla miseria”. Non è di questo che si può preoccupare uno chef stellato. Da questo punto di vita ogni menù di Massimo Bottura o di Antonino Cannavacciuolo possono essere mal giudicati.

Evidentemente non è compito di chi fa l’alta cucina preoccuparsi delle sorti economiche del Paese (io non lo chiamo Nazione come si tenta di imporre in maniera nostalgica da alcuni mesi). Sono altri che se ne dovrebbero preoccupare.

Personalmente ritengo le ricette di Bottura geniali e capaci di promuovere cultura e lo fanno.  L’alta cucina, quando è vera e creativa e salutare, come quella di Nico Romito per esempio, chef pluristellato di Castel di Sangro, con 6 ristoranti e più nel mondo, tra Parigi, Milano, Dubai, Shanghai e Pechino, è un traino per tutto il Made in Italy.

Un faro nel mondo che porta vantaggi a chi opera nella gastronomia e nell’alimentazione, dai contadini, ai pastori, dai vignaioli, agli artigiani trasformatori di prodotti. 

L’operazione di Cracco è puro marketing senza retroterra culturale. È un volgare assembramento di ingredienti costosi, senza una tradizione, senza una logica di traino produttivo, come era il risotto alla milanese di Marchesi. È come copiare male un’opera d’arte e metterci sopra dell’oro. Fa parlare, poi tutto si sgonfia.

Il panino all’oro di Cracco farebbe bene a chi ha l’artrite

Diamo uno sguardo agli ingredienti: zafferano, oro commestibile, caviale di senape, succo di mela cotogna, aceto balsamico di pere ed un tocco di miele, citronella e altre spezie.

In Italia lo zafferano si produce in Abruzzo, nelle Marche, in Toscana e in Sardegna. Mi risulta che quello di San Gimignano sia il più costoso e raffinato nell’analisi comparata delle qualità organolettiche. In questo caso Cracco ha utilizzato una qualità sarda.

Mi sbaglierò ma non mi risulta essere la più pregiata. La Sardegna la amo, ha tanti prodotti di qualità: la bottarga di muggine di Cabras, vini vermentini, il Cannonau, sa fregola, ma nello zafferano non occupa i primi posti. Quest’anno, per la precisione, il titolo di miglior zafferano l’ha conquistato Zephir a pistilli interi.

Proviene dal Medio Oriente. Secondo e terzo il Chiquilín, un prodotto spagnolo. Molti ritengono che quello dell’altopiano di Navelli, in Abruzzo sia il migliore del mondo. Quello di Cracco si può chiamare Oro Rosso ma non viene neanche citato.

L’oro e l’argento vengono considerati al pari degli aromi nella direttiva europea 94/36/CE dove vengono identificati come coloranti con le sigle E175 ed E174. Nella sua forma edibile, l’oro è utilizzato puro (23-24 carati), e lo stesso vale per l‘argento (999-1000 millesimi).

Non crediate che abbiano poteri curativi o afrodisiaci, tutte stupidaggini. A differenza dell’alluminio non creano problemi all’organismo. Sono metalli innocui, inerti. Di più, non sanno di niente! Quindi alla gastronomia non danno nessun apporto che non sia visivo o moralistico. 

L’oro potrebbe trovare un’applicazione logica solo come farmaco per combattere l’artrite reumatoide: si chiama aurotiomaleato di disodio. Quindi il panino di Cracco farebbe bene a chi ha l’artrite. Glielo do come consiglio per le prossime campagne promozionali.

Il caviale di senape, dall’aspetto simile all’originale ma fatto con la citronella

Il caviale di senape non ha a che vedere con il caviale di storione, allude ma è cosa diversa. È una mescolanza di semi di senape, succo di mela cotogna, aceto balsamico di pere ed un tocco di miele, citronella e altre spezie al costo di 57 € al Kg.

Prodotto a mano e dall’aspetto simile al vero caviale, questa specialità si abbina a svariate pietanze salate, in modo particolare a quelle con una spiccata acidità.

Lo chef ha pubblicato l’immagine del panino dorato su Instagram, correlata dal seguente post: “Panino allo zafferano Oro Rosso, caviale di senape e oro. Questa è la mia proposta food abbinata a un cocktail speciale”. Il panino è stato realizzato da Cracco in occasione dell’Aperitivo Festival, manifestazione svoltasi a Milano dal 26 al 28 maggio per celebrare l’aperitivo, uno dei riti preferiti dagli italiani.

Ha fatto un panino perché la festa è degli aperitivi? Se per aperitivo ti mangi quel panino, il pranzo lo salti e forse anche la cena se non vuoi pregiudicare il conto in banca. 

Ma a parte le battutacce mettere insieme zafferano, oro e un cocktail di senape e sapori aciduli non supera la pizza bianca con prosciutto crudo San Daniele o una focaccia di Recco con la crescenza o una piadina con formaggio squacquerone e prosciutto crudo affumicato del Casentino! No, non ci arriva.