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L’orrore del business sui minori: dalle case-famiglia alle “patologie” dell’apprendimento

L’intervista alla professoressa Vincenza Palmieri, ambasciatrice dei Diritti Umani nel Mondo: nuove forme di profitto sulla salute dei bambini

Business sui bambini

La professoressa Vincenza Palmieri

Il business sui minori in Italia. Vi proponiamo oggi un’intervista esclusiva alla professoressa Vincenza Palmieri, Ambasciatrice dei Diritti Umani nel Mondo, Contessa di Limira, Fondatore della Pedagogia Familiare in Italia, l’unica professione che ha come Carta e Manifesto programmatico la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia.

Palmieri è anche Presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare e fondatore dell’Associazione Nazionale dei Pedagogisti Familiari, annovera molteplici Consulenze Istituzionali in ambito Nazionale, Internazionale e Interculturale, anche mediante attività e accordi con Istituzioni Governative e Diplomatiche.

Si occupa di tematiche complesse e delicatissime come i bambini rifugiati, abuso sui minori, uso compulsivo e indebito degli psicofarmaci sui bambini.

La nostra civiltà occidentale, dove i diritti si moltiplicano sulla carta e gli orrori si nascondono negli istituti, sono il terreno di nuove mostruose forme di schiavitù e profitto, che hanno come vittime proprio i bambini.

Servizi sociali e case-famiglia: il business sui minori

Dottoressa Palmieri, su cosa sta lavorando attualmente?

“In Italia su dieci bambini uno è affidato al servizio sociale e questi sono i dati comunicati dal garante dell’Infanzia. 40mila minori sono fuori dalla famiglia, sono stati arrestati e deportati in affido. Conosco le loro storie e le loro famiglie e le assicuro che sono termini forti ma legittimi. Quando si libera un posto in una casa famiglia si ‘pesca’ nelle famiglie con assetti problematici e invece di aiutare questi nuclei, invece di intervenire con progetti risolutivi e sussidi, si sottrae il minore. Così, le famiglie, diventano una miniera di persone da cui attingere denaro e profitti.

Ho appena pubblicato il mio ultimo libro La filiera psichiatrica in Italia. Da Basaglia a Bibbiano e fino al tempo del Coronavirus in cui denuncio questo stato di cose. Un excursus storico-politico ed economico di quello che è il business che purtroppo ha come bacino di guadagno le fasce minorili”.

Droga, autolesionismo e mancanza di alternative sociali

L’estate scorsa due ragazzini di 15 e 16 anni sono deceduti a Terni a causa di un cocktail di droghe, e una ragazza ha chiesto al fidanzato un’overdose come regalo di compleanno, quasi un’iniziazione al mondo degli adulti, mortifera però.

“Dopo tanti anni in cui si cerca nel dialogo, nella comunicazione e nella famiglia la responsabilità di certi fatti drammatici, ci si è resi conto che le spiegazioni vanno cercate altrove. Da molto tempo con il mio gruppo di ricercatori stiamo denunciando l’assenza di politiche sociali per i minori e i giovani. In molti cortili romani sono affissi cartelli con scritto Vietato praticare qualsiasi sport e gioco. Non è certo automatico che accada, ma in queste condizioni si moltiplicano i rischi di diventare preda della rete e del web e dello spaccio.

Se i ragazzi non possono aggregarsi nei cortili, se non abbiamo biblioteche giovanili, oratori, laboratori sociali, cos’altro resta se non il degrado? Dobbiamo offrire spazi e quartieri più adatti ad una crescita sana e non all’isolamento e all’abbandono. I nostri quartieri e condomini sono a misura di noia e criminalità molto più che di cultura e opportunità sociali. È un problema di alternative. La famiglia è il perno sociale da cui deve partire l’educazione e la base affettiva, ma è anche la vittima”.

La medicalizzazione dell’apprendimento

Assistiamo sempre più ad un processo di medicalizzazione esasperata dell’apprendimento e del comportamento dei bambini. I bambini vivaci o che manifestano un disagio emotivo sono definitivi “iperattivi” e quelli più introspettivi “autistici”.

“Abbiamo un incremento esponenziale e ‘pandemico’ direi, di diagnosi di discalculia, dislessia, disgrafia, iperattività. Sono cifre troppo alte per essere attendibili. Per non parlare poi di tutti i disturbi dello “spettro autistico”. Siamo convinti che questi numeri siano gonfiati, se non del tutto inventati, e lo affermiamo sulla base di studi che anche noi svolgiamo. Il bacino di minori con presunte difficoltà cliniche in Italia è business copioso a cui attingono in molti.

L’epidemia dei bambini e ragazzi dislessici in Italia è costruita per il tornaconto di case farmaceutiche e organizzazioni lucrative. Invece di sostenere il successo dei nostri bambini a misura delle loro capacità e inclinazioni individuali, pretendiamo di adeguarli a degli standard che non hanno alcun interesse per la loro salute e realizzazione personale.

In Italia abbiamo un diritto importantissimo: il diritto allo studio. Esso non è l’ufficio comunale dove i servizi sociali si occupano di buoni libro o buoni pasto…questo non è diritto all’apprendimento, sono i requisiti minimi per accedere alla scuola.

Il diritto all’ apprendimento è quello che sancisce che ciascun bambino possa apprendere secondo i suoi metodi, velocità, ritmi, vulnerabilità emotive, nel rispetto della persona. Senza che gli venga affibbiata una diagnosi se non raggiunge gli standard stabiliti. Questi standard vengono stabiliti per gli interessi di altre figure in campo e non dei minori”.

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