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La storia di Marco d’Aviano, inventore di cappuccino e cornetto: salvò la cristianità

Marco d’Aviano fece sciogliere la polvere di caffè nel latte creando il cappuccino mentre i fornai di Vienna, grazie alla farina degli ottomani, fecero un dolce a forma di mezzaluna

Cappuccino in tazza

Cappuccino, pexels-marta-dzedyshko

Quando nel VII secolo cominciò ad ardere la fiamma dell’Islam, la dinastia dei califfi Omayyadi di Damasco, come un fulmine conquistò tutta l’Africa del nord e si impossessò della Spagna. Solo la forza di Carlo di Herstal, detto martello, maggiordomo di palazzo dei regni merovingi di Austrasia, Burgundia e Neustria, riuscì ad arrestarne l’avanzata dell’Islam in Gallia (quella che diverrà poi Francia) nella battaglia di Poitiers nel 731.

L’Islam pigliatutto

Disegno islamico era di prendersi tutto il territorio che era stato sotto la dominazione romana. In particolare, il pensiero dei califfi era di conquistare le due Roma (Quella fondata da Romolo in Italia e quella di Costantino costruita sul Bosforo) dando così attuazione a quanto profetizzato da Maometto nei suoi “Detti”.

Maometto in realtà aveva vaticinato che a cadere per prima sarebbe stata la “seconda” Roma – Costantinopoli- e poi la prima Roma, quella di Romolo. Questa profezia condizionerà lo sviluppo della storia di tutto il Medioevo. Arrestati a Poitiers, i califfi pensarono di concentrarsi su Costantinopoli. A far cadere la seconda Roma, ci misero 600 anni ma alla fine ci riuscirono con Maometto II, il 29 maggio 1453. Quella caduta in realtà era stato il frutto amaro di una inquietante crociata, la IV, lanciata nel 1202 da Papa Innocenzo III.

La crociata che aveva come obiettivo quello di liberare Gerusalemme ricaduta nelle mani musulmane dopo che la prima crociata l’aveva conquistata, si “dimenticò” del suo obiettivo principale ed invece di attaccare i territori musulmani, scatenò la propria forza contro Costantinopoli che fu messa a ferro e fuoco, depredata di tutte le sue ricchezze, simboli e reliquie. Il territorio fu spartito tra i principi cristiani e Venezia.

La potenza dell’Islam

L’Impero Romano d’Oriente, detto bizantino, iniziò un lento declino sino a ridursi ad una piccola enclave circondata, prima dai regni cristiani nati dopo la IV crociata, e poi dai possedimenti musulmani, quando la potenza dell’islam si era mangiata quei regni “latini” nati a spese del cristiano impero bizantino dopo la IV crociata.

Fu così che a maggio del 1453, Maometto II, poté, come aveva chiesto il Profeta, impossessarsi della seconda Roma, e trasformare le splendide basiliche di Costantinopoli in moschee da cui veniva proclamato il corano. Conquistata la seconda Roma, ora bisognava prendersi la prima Roma, quella dove risiedeva il patriarca d’occidente: il Papa. Maometto II non perse tempo, in men che non si dica occupò il Peloponneso, Trebisonda, Mitilene, l’Eubea, parte dell’Albania, le colonie genovesi della Crimea; soggiogò definitivamente la Serbia in Europa e sottopose a tributo la Caramania in Anatolia.

Obiettivo musulmano era di prendersi tutti i Balcani arrivare a Vienna, e conquistatala, scendere in Italia attraverso il Friuli fino a Roma, prenderla e trasformare la basilica costantiniana di San Pietro in una grandiosa moschea. Il disegno non era stupido, ricalcava grosso modo quanto attuato dai popoli barbari mille anni prima, quando posero a ferro e fuoco l’Impero Romano d’Occidente.

Antonio Parisi al castello di Viglas

La caduta di Costantinopoli

L’avanzata dell’Islam mise in allarme i regni, i principati e il pontefice. Proprio sul fronte balcanico già da prima della caduta di Costantinopoli/Bisanzio, furono costruite delle fortezze e creati degli organismi capaci di raccogliere il meglio della nobiltà cristiana così da arginare la crescita territoriale degli ottomani. Fu per questo che alcuni antichi conventi, come il castello di Viglas, divennero fortezze. E fu per questo che venne creato un organismo come la Societas Draconistrarum che al pari di altre società doveva garantire fedeltà al Sovrano e mettere ordine nelle nobiltà locali nominalmente cristiane ma pronte a vedersi al califfo musulmano.

Comunque stessero le cose, Solimano il magnifico sedente alla “Sublime Porta” – così prese nome il governo musulmano di Costantinopoli ribattezzata Istanbul – nel 1526 organizzò un grande esercito e nel 1529 fu sferrato l’attaccò a Vienna con un grande esercito alla cui testa c’erano i giannizzeri. L’assedio andò male. La Sublime porta però non si diede per vinta e questa volta pensò di arrivare a prendersi la prima Roma, per via mare. Nel 1571, il 7 ottobre, a Lepanto la grande flotta ottomana, fu sconfitta dalle galere della Lega Santa.

Alla Sublime Porta, si presero una pausa di riflessione. Passarono 100 anni e a Istanbul nessuno dimenticava che bisognava dare corso alla profezia di Maometto: prendersi la prima Roma e distruggere la cristianità.

Il sultano nel Topkapi

E mentre continuava la pressione turca sui territori balcanici, il Sultano, nelle segrete stanze del palazzo Topkapi, organizzava con il suo gran Vizir la riscossa. Venne riesumato il piano di prendersi Vienna e di lì dilagare verso Roma e poi colpire anche la Francia di Luigi XIV, che nonostante segretamente sostenesse il sultano, per indebolire la potenza Asburgica, andava sottomessa all’Islam.

Bisogna dire che dopo la battaglia di Lepanto nessuno credeva più alla possibilità di un attacco musulmano al cuore della cristianità. Si sbagliavano. Il Sultano Maometto IV, il Califfo delle genti, organizzò un esercito sterminato si parla di 300 mila uomini affidati al gran Vizir Kara Mustafà. L’esercito nella primavera del 1683 si piazzò a Belgrado. Il Papa chiese aiuto alle potenze cristiane. In realtà neppure l’imperatore Leopoldo I di Asburgo credeva verosimile un attacco.

L’attacco finale, la sconfitta turca l’11 settembre

Il Papa, disperato, si affidò ad un frate francescano, Marco d’Aviano, una sorta di padre Pio del ‘600. Marco d’Aviano, uomo umile e con la fama di santo, era imbarazzato ma durante le sue prediche si verificavano guarigioni inaspettate richiamando grandi folle alle sue liturgie. Compito del frate era quello di cercare di convincere i re d’Europa di formare una nuova Lega Santa per sconfiggere i turchi. Nessuno rispose positivamente.

Solo il re di Polonia Giovanni III Sobieski si offrì di intervenire a difendere Vienna con 100 cannoni e 30mila uomini guidati dalla sua élite la cavalleria delle Aquile polacche. Scandalizzando l’imperatore, Sobieski pose una condizione: volle il comando supremo dell’esercito, che in realtà di componeva di 25mila uomini a Vienna e 4000 lance giunte da vare signorie italiane.

Un esercito assolutamente insufficiente ad opporsi ai giannizzeri di Karà Musafà. Ai primi dell’estate i turchi arrivarono a Vienna travolgendo ogni difesa. La città si preparò all’assedio. I turchi cominciarono a scavare gallerie che giungevano sotto i bastioni di Vienna e che imbottite di mine avrebbero fatto crollare le mura della città. Marco d’Aviano incitava con la preghiera a sperare in Dio, ma Giovanni III non arrivava. Karà Mustafà, prima di sferrare l’attacco finale, volle incontrarsi con Marco d’Aviano per chiedere la resa della città e la conversione all’islam degli abitanti e dello stesso Marco d’Aviano.

I due in realtà si conoscevano da bambini, si erano incontrati a Venezia dove avevano giocato insieme e forse- raccontano le leggende – Marco aveva, salvato la vita a quello che poi sarebbe diventato il gran Vizir evitando che fosse schiacciato da un peso sganciatosi da una rudimentale gru dell’epoca.

Prima amici poi avversari

Verità? Solo una leggenda? Chi lo sa? Dopo tanti anni si ritrovarono i due amici ora divenuti avversari. Certo è che Marco rispose al gran Vizir che lui -Marco- non si sarebbe convertito e che invece avrebbe fatto bene lui, il gran Vizir, a convertirsi, finché fosse stato in tempo. Karà Mustafà rise di Marco d’Aviano. Era la mattina dell’11 settembre 1683.

Intanto Sobieski era in arrivo. Il re di Polonia era a pochi chilometri da Vienna ma non era certo che avrebbe fatto in tempo a portare il suo soccorso. Nel frattempo, Karà Mustafà, aveva commesso un errore strategico. Con il suo immenso esercito aveva sì circondato Vienna ma aveva dimenticato di presidiare un colle che sovrastava Vienna, il monte Kahlenberg. I suoi consiglieri tatari, lo avevano scongiurato di prendere quella montagna ma il Vizir aveva risposto che sarebbe stata inutile fatica.

Fu così che durante la notte tra l’11 e il 12 settembre, Sobieski con uno sforzo immane si posizionò con i suoi cannoni proprio sul Kahlenberg.

Ecco Marco d’Aviano

All’alba mentre iniziava l’attacco turco a Vienna, Marco d’Aviano, recitò la Divina Liturgia, dopo la comunione, Sobieski diede ordine ai suoi armigeri di iniziare il bombardamento dell’accampamento turco. Fu una strage. L’esercito di Karà Mustafà fu distrutto, le porte di Vienna furono aperte e di lì fuoriuscì la cavalleria guidata dal giovane Eugenio di Savoia ad inseguire i resti dell’esercito ottomano fino a Belgrado, dove Karà Mustafà fu fatto strangolare per Ordine del Sultano, per punirlo della sconfitta.

Tre secoli dopo nel proclama di Osama Bin Laden che rivendicava l’attacco alle Torri gemelle di New York, la Grande Mela, si ricordava che finalmente ci si era vendicati del “crociato” Marco d’Aviano che aveva sconfitto i musulmani a Vienna, il pomo- mela- d’oro (così era chiamata la città) a settembre del 1683. Dunque, forse l’attacco alle torri gemelle attuato l’undici settembre non fu casuale, così come non fu casuale la scelta di New York, la Grande Mela nomignolo che ricorda quello di Vienna: la mela d’oro.

Il film di Renzo Martinelli

Il regista italiano Renzo Martinelli su questa inquietante storia nel 2012 ha girato un film: Undici settembre 1683. Alla realizzazione parteciparono anche aziende di tutto rispetto, tra cui la Rai, e imprese cinematografiche polacche. Il successo della pellicola fu grande in Europa, ma in Italia, il governo italiano non fu contento. Si temevano ritorsioni del terrorismo islamico. Così la pellicola non fu adeguatamente distribuita, in realtà la nascosero. Martinelli fece realizzare un DVD, oggi quasi introvabile!

Ritornando alla sconfitta ottomana, quando Marco d’Aviano, dopo la fuga turca, entrò nello sterminato accampamento musulmano aveva ritrovato enormi quantità di farina, di latte ed anche di una polvere nera, quest’ultima, che serviva da energizzante al mattino per le truppe del sultano, era ben conosciuta da Marco d’Aviano. Questo perché a Venezia, da ragazzo, Marco aveva visto che qualcuno già usava quella polvere per realizzare una bevanda: il caffè.

Il cappuccino e il cornetto

Fu presto detto: Marco fece sciogliere la polvere di caffè nel latte creando il cappuccino mentre i fornai di Vienna, grazie alla farina degli ottomani, fecero un dolce a forma di mezzaluna – il simbolo che campeggiava sulle bandiere dei soldati ottomani- che venne chiamato ”cornetto” per la sua forma. Cappuccino e dolce cornetto vennero consumati dagli affamati soldati cristiani e dalla popolazione civile di Vienna: nasceva così l’abitudine di fare colazione al mattino proprio con un cappuccino e con un cornetto.

In fondo, quando al mattino facciamo colazione con il cappuccino e il cornetto eleviamo una preghiera a Marco d’Aviano e alla sua invenzione con i fornai di Vienna.

Antonio Parisi (+++padre Cosma)