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Libertà in ostaggio: se la si può pensare solo come il mainstream…

Il fondatore di Telegram Durov denuncia pressioni del Governo francese per censurare i conservatori romeni: e Al Gore finanzia chi vuole imbavagliare i climato-realisti

Bavaglio alla libertà d'espressione, Ucraina

Bavaglio alla libertà d'espressione (© Freepik)

Che le libertà di pensiero, opinione ed espressione non se la passino molto bene, RomaIT lo denuncia da tempi non sospetti. Ormai da anni, infatti, un’élite di ottimati ritiene che la propria visione ideologizzata debba assurgere a verità assoluta. E i tentativi di imporla urbi et orbi, ora che questa minoranza chiassosa assomiglia sempre più a una bestia ferita, stanno compiendo un inquietante “salto di qualità”.

Bavaglio alla libertà d'espressione, Ucraina
Bavaglio alla libertà d’espressione (© Freepik)

Libertà in ostaggio

L’affaire più recente lo ha fatto deflagrare Pavel Durov, fondatore di Telegram, puntando l’indice via social contro il Governo francese (raffigurato sottoforma di baguette). “Reo”, come riporta France 24, di avergli chiesto di «silenziare le voci conservatrici in Romania» prima del secondo turno delle locali Presidenziali. L’imprenditore russo ha «rifiutato categoricamente», chiarendo che «non si può “difendere la democrazia” distruggendo la democrazia. Non si possono “combattere le interferenze elettorali” interferendo nelle elezioni».

Per la cronaca, come riferisce BFMTV, Parigi ha respinto altrettanto categoricamente le accuse, definendole «totalmente infondate». Nel frattempo, aggiunge l’ANSA, nell’antica Dacia l’indipendente euroinomane Nicușor Dan ha battuto a sorpresa il favoritissimo rivale nazionalista George Simion. E, guardacaso, all’improvviso anche i «segni di ingerenza russa» captati preventivamente dal Ministero degli Esteri di Bucarest sono finiti nel dimenticatoio.

https://twitter.com/francediplo/status/1924129503800127999

Il non minus ultra, comunque, resta sempre il “pessimo clima” intorno al green, che en passant, evidentemente, vale solo per i comuni mortali. Per dire, Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Ue, come rileva Il Tempo ha percorso i 187 chilometri da Bruxelles a Lussemburgo in jet privato. A conferma che, alla faccia dell’impatto sull’ambiente e dei sacrifici imposti a cittadini e imprese, l’Europa del vicino è sempre più verde.

Ursula von der Leyen, Commissione Ue
Ursula von der Leyen (© Parlamento Europeo / Wikimedia Commons)

Una scomoda verità

Dopodiché, che gli eco-catastrofisti mirino a sequestrare il dibattito non è certo una novità. Lo provano anche le proposte di istituire un reato orwelliano come quello di negazionismo… del pensiero unico politically correct, tanto per rendere quest’amenità ancor più surreale.

George Orwell
George Orwell (1903-1950). © BBC / Wikimedia Commons

L’ultima frontiera in tal senso si chiama Tortoise Media, un organo d’informazione digitale con sede nel Regno Unito. Il quale pretende di voler «fare chiarezza sulla disinformazione climatica» e per questo, in aprile, ha lanciatoHot Air”.

Fake news dell’ambientalismo
Fake news dell’ambientalismo (immagine dalla pagina Facebook “Collectif des climato-réalistes”)

Si tratta di un database creato dal Centre for Climate Communication and Data Science (C3DS) dell’Università di Exeter, col sostegno dell’azienda londinese Octopus Energy. Che a sua volta è finanziata dal Generation Investment Management di Al Gore, ex vicepresidente Usa e autore del documentario allarmista “An Inconvenient Truth”. Misteriosamente premiato con Nobel e Oscar anche se nelle scuole britanniche, per sentenza dell’Alta Corte, può essere proiettato solo specificando che ha una prospettiva di parte.

Al Gore - An Inconvenient Truth
Al Gore – An Inconvenient Truth (© Global X / Flickr)

La particolarità dell’archivio tartarughesco è che è stato generato tramite Intelligenza Artificiale per individuare chiunque metta in discussione l’ortodossia affermazionista. Scienziati ed esperti “colpevoli” di «diffondere contro-narrazioni sul climate change», come ha pubblicamente denunciato Robert Bryce, giornalista americano incluso nella lista di proscrizione. Non a caso, il sito web deplora l’attuale «ecosistema online che favorisce il free speech», come se non fosse un diritto fondamentale.

Robert Bryce, libertà
Robert Bryce (© Robertbryce.com)

Per qualcuno, insomma, la libertà è un fastidio. A meno che, ça va sans dire, non la si pensi come il mainstream.