La Romania si ribella al golpe, e vota ancor più in massa a destra
Nella ripetizione delle Presidenziali pretestuosamente annullate a dicembre, il nazionalista Simion stravince col 40% e sfiderà al ballottaggio l’indipendente Dan: un messaggio per l’Unione Euro-sovietica

Presidenziali 2025 in Romania (immagine dalla pagina Facebook di PS News)
Domenica scorsa in Romania sono state ripetute le Presidenziali pretestuosamente annullate a dicembre dalla locale Corte Costituzionale. Che aveva ravvisato fantomatiche ingerenze russe, guardacaso dopo la vittoria al primo turno del candidato antisistema Călin Georgescu. Che nel frattempo lo stesso establishment ha “provvidenzialmente” escluso dalla tornata, non considerando che questo è proprio il modo migliore per radicalizzare le scelte degli elettori.

Le nuove Presidenziali in Romania
Dal colpo di Stato (costituzionale) al colpo di scena è stato un attimo. Le élites hanno “rubato” un’elezione alla destra, e la Romania si è ribellata votando ancor più in massa precisamente a destra.

Se cinque mesi fa, infatti, Georgescu aveva ottenuto il 22,94% delle preferenze, stavolta George Simion, Presidente dell’Alleanza per l’Unione dei Rumeni, si è issato al 40,96%. Allora, quasi certamente il ballottaggio avrebbe premiato l’ex giornalista Elena Lasconi, nel frattempo tradita dalla “sua” Unione Salvate la Romania in favore del Sindaco della Capitale Nicușor Dan. Che in effetti ha artigliato il secondo turno col 20,99% dei suffragi, venendo però praticamente doppiato dal suo rivale.

«I Rumeni si sono sollevati» ha commentato, come riporta TGCom24, il leader nazionalista, «nonostante gli ostacoli, nonostante le manipolazioni». E la risposta è stata talmente fragorosa che, come rileva The Guardian, il Premier socialdemocratico Ion-Marcel Ciolacu si è dimesso. Soprattutto, aggiunge Il Fatto Quotidiano, per via della precoce eliminazione di Crin Antonescu, sostenuto da una coalizione governativa (coi liberali) che ormai «non ha più alcuna legittimità».

Un messaggio per l’Europa
L’outsider, scrive l’ANSA, ha anticipato che il 18 maggio si sfideranno una visione euroscettica e una euroinomane. Che probabilmente è la ricetta perfetta per perdere Palazzo Cotroceni (il Quirinale di Bucarest), visto il contesto di crescente ostilità nei confronti dei vertici comunitari. Percepiti sempre più, nota Il Riformista, come incapaci di opporsi ai propri avversari, se non attraverso strumenti “irrituali” – segnatamente, giudiziari – che li estromettano dalle competizioni.

È successo recentemente in Francia, dove Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, è stata condannata all’ineleggibilità con una sentenza evidentemente politica. E la Germania rischia di commettere lo stesso errore mettendo al bando l’AfD, che secondo alcuni sondaggi è ormai la prima forza del Paese.

L’antica Dacia, quindi, non è certo un caso isolato, però ha inviato un messaggio molto chiaro ai mandarini dell’attuale Unione Euro-sovietica. D’altronde, già nel lontano 1964 Rita Pavone cantava che “La storia del passato / ormai ce l’ha insegnato / che un popolo affamato / fa la rivoluzion”. Vale pure, anzi a maggior ragione, quando i cittadini hanno fame di democrazia.






