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La paura del Covid-19 è soprattutto la paura di perdere tutto

Contagiarsi di Covid-19, perdere la salute e peggio ancora la vita. Ansie terribili ma la paura più grande è perdere la stabilità economica

Covid, piazza pulita

Covid, piazza pulita

L’uomo si evoluto ed è sopravvissuto alla storia anche grazie alla paura.
È attraverso questa profonda, quanto arcaica emozione che l’essere umano ha saputo elaborare nuove strategie e di conseguenza attuato comportamenti atti ad affrontare i pericoli e i predatori sin dalla preistoria.
La paura è ciò che molto più di ogni altro sistema cognitivo, ci ha da sempre fatto riconoscere il buono dal cattivo, il male dal bene e ci ha offerto la possibilità di attaccare o fuggire. Possiamo quindi dedurre che la paura è strettamente legata alla morte.

La paura di morire

La paura di morire, sarebbe giusto dire che è innata, è parte integrante del nostro inconscio e appartiene trasversalmente ad ogni cultura e generazione. Ma siamo sicuri che questo sentimento arcaico sia ancora oggi così profondo e dinamicamente attivo nell’uomo moderno? A sollecitare questo interrogativo è l’esperienza che stiamo vivendo con l’ arrivo di questo maledettissimo virus. Con il Covid-19 il mondo si sta confrontando con sé stesso, con il suo modello organizzativo e con la capacità di risposta all’emergenza in essere. Lo sta facendo attuando a livello politico una serie di strategie tutte in funzione del contenimento e tutte atte alla minore incidenza della mortalità. Meno contagiati, meno ricoveri e quindi più risorse a disposizione per curare. Insomma una questione di posti letto e capacità di poter assistere tutti. Per poter far questo, visto le esigue risorse sanitarie, l’unico modo è limitare i contatti e così diminuire i contagi.

Una strategia con forti ripercussioni economiche

Questo tipo di strategia inevitabilmente si ripercuote sull’ economia e sul grave processo di recessione che la limitazione di beni e persone di conseguenza crea. Tutto il mondo è alle prese con questo sistema di grandezze inversamente proporzionali. Per garantire l’una si indebolisce l’altra. Ma che c’entra la paura con tutto questo?

Proviamo ad immaginarci proiettati in un contesto storico diverso, ad esempio quello del medioevo, dove tra l’altro si sono vissute situazioni di pandemia ancora più gravi, e proviamo a riflettere su quale sarebbe stata la nostra principale paura. Non avendo né un sistema sanitario né un’economia strutturata, ma esclusivamente basata sui beni di prima necessità, la nostra principale preoccupazione sarebbe stata appunto quella di non contagiarci. Non avendo ricchezza né struttura economica, l’unico nostro intento sarebbe stato quello di non entrare a contatto con un contagiato.

Paura di perdere quello che abbiamo

Oggi di che paura parliamo? Anche oggi possiamo dire che a primeggiare nella classifica delle numerose paure che viviamo quotidianamente sia ancora quella della morte oppure quella del contagio? La storia e il moderno sistema sociale hanno condizionato fortemente anche le nostre più profonde strutture psichiche.

Oggi sembra che la prima grande paura risieda nella possibilità di perdere la nostra ricchezza. La principale fonte di ansia è data non dalla malattia in sé ma dall’effetto indiretto dello scenario che la pandemia e le scelte dei governi stanno attuando. Già provati da una crisi economica ventennale, ci ritroviamo di fronte alla possibilità di dover raschiare il fondo del barile. L’esigenza di rosicchiare, per chi è riuscito a metterli da parte, i risparmi di una vita. Di dovere, in poche parole, stringere ancor di più la cinghia e rinunciare al benessere economico tanto agognato. Questa forma di paura si differenzia enormemente dalla paura nei confronti della malattia, perché mentre la seconda spinge la maggior parte delle volte a comportamenti passivi o meglio di fuga, la prima si struttura sull’attacco, sul non accettare e nel contrastare l’evenienza.

Le leggi dell’economia ci condizionano più che ogni altra paura

Ne sono la prova tutte le manifestazioni di dissenso nei confronti delle scelte di chiusura. Ma lo vediamo anche nella difficile attuazione di regole e atteggiamenti suggeriti. Indossare i dispositivi di protezione o evitare i raggruppamenti, limitare gli spostamenti o il bisogno ineludibile di dover fare le vacanze estive. Molto probabilmente le spinte inconsce dettate dalle nostre paure e quindi da quali di queste si è investiti, stanno facendo la differenza. La capacità di uscire vincenti o ammaccati da tutta questa storia sarà dato anche da come ognuno di noi sarà investito dal tipo di paura e ancor più da come ognuno di noi saprà gestirle. Chissà se l’evoluzione e la storia ci daranno ragione. Un dato di fatto però lo possiamo dedurre, le leggi dell’economia condizionano più di ogni altra cosa i nostri comportamenti e le nostre ansie.

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