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Ieri, oggi, domani: l’importanza della Storia nella cultura europea

In Occidente la Storia inizia quando, nella Grecia classica, comincia quel processo di congedo dal mito

statua alessandro magno

Busto di Alessandro Magno (I sec. ac)

In Occidente, la Storia – intesa come riflessione razionale su di essa – inizia quando, nella Grecia classica, comincia quel processo di congedo dal mito, a favore di forme più razionali di riflessione sul mondo. Quelle forme razionali che, poi, caratterizzeranno in modo tanto forte la cultura europea. Fino allo sviluppo della scienza e della tecnica moderne e contemporanee.


In Grecia e a Roma

Nella filosofia e nella tragedia, come mise bene in luce il giovane Nietzsche nelle pagine centrali della “Nascita della tragedia” (1872), Socrate ed Euripide furono i campioni indiscussi di questo processo di razionalizzazione. Nella riflessione storiografica spiccano i nomi di Erodoto, Tucidide e Senofonte. Il primo, definito il padre della storia, analizzò nella sua grande opera le Guerre Persiane, che videro impegnati i Greci tra 490 e 479 a. C.

Il secondo si occupò della Guerra del Peloponneso, che vide Sparta ed Atene opporsi per tutto l’ultimo trentennio del V secolo a. C. Senofonte si occupò del periodo immediatamente successivo. Poiché, in Omero ed Esiodo, è possibile affermare con certezza che ad imporsi è la dimensione del mito. Nella cultura arcaica, compresi i grandi Presocratici, è difficile affermare con certezza che a dominare sia un criterio soltanto razionale.

Ciò si impone quando, a partire dal V secolo, Atene si afferma come stella indiscussa non solo dell’intera cultura greca, ma dell’intero mondo occidentale. La cultura della Roma repubblicana e imperiale non cambia molto le cose, sotto questo aspetto. Poiché seppure dotata di alcune caratteristiche spirituali e culturali proprie, essa rimase sempre dipendente dalle grandi concezioni culturali della Grecia arcaica, classica ed ellenistica.

In ogni caso, il contributo di Roma alla tradizione storiografica dell’Occidente, è di prima grandezza. Personaggi come lo stesso Giulio Cesare, Sallustio, Tito Livio, Tacito, Svetonio e, da parte greca, Polibio e un grande intellettuale come Plutarco, saranno letti per secoli e lo sono ancora. Permeando di sé la cultura europea successiva, in una vertiginosa girandola di sviluppi. 

Tra Rinascimento ed età moderna

In una cultura profondamente laica come quella umanistica e rinascimentale, la dimensione storica non poteva che imporsi come elemento centrale, forse dominante. Saranno i due grandi campioni del pensiero politico fiorentino, Machiavelli e Guicciardini, a conferire un risalto epocale a questo elemento. Il giovane Guicciardini si era ‘divertito’ con un’opera come le “Storie fiorentine”.

Ma fu alla fine della sua lunga e combattiva esistenza che, con la grande “Storia d’Italia”, volle eternare quella che era stata l’esperienza decisiva della sua generazione: la fine della libertà politica italiana. Machiavelli aveva un istinto teorico più spiccato, rispetto al suo sodale. Così compose sì una grande opera storica, verso la fine della sua vita, ossia le “Istorie fiorentine”.

Ma è con il leggendario “Principe”, che la sua influenza sul piano storico-politico assunse una dimensione epocale. Poiché l’ultimo capitolo dell’opera, il XXVI, è un appello alla Casa Medici, affinché si ponga alla testa, se non di un movimento di unificazione nazionale, quanto meno di una breccia di resistenza organizzata. “A ognuno puzza questo barbaro dominio” si dice nell’ultima pagina dell’opera.

Tre secoli dopo, Machiavelli divenne, per la cultura del Risorgimento italiano, il profeta di un sogno di unificazione che attendeva da troppo tempo. Cambiando completamente cieli, atmosfera, cultura, la grande tradizione del pensiero storico europeo, ricevette da un pensatore come Hegel, all’inizio dell’Ottocento, uno straordinario impulso. Nell’ultimo periodo della sua vita, ormai Professore a Berlino, Hegel svolse fondamentali cicli di lezioni, tra cui abbiamo anche le Lezioni sulla filosofia della storia.

Al centro di questo ciclo di riflessioni, vi è l’idea che la storia è un cammino e un progresso costante verso la libertà. Ecco perché, secondo una celebre formula, nell’antichissimo mondo orientale soltanto uno è libero. Nel mondo greco-romano, solo alcuni sono liberi. Nel mondo moderno, cristiano-germanico, tutti sono liberi. L’impulso di queste concezioni di Hegel, ma più in generale della sostanza storica del suo intero sistema filosofico, avrà un peso enorme sulla cultura europea successiva.

L’età contemporanea

Un peso enorme, il pensiero di Hegel lo ebbe, come noto, innanzitutto su Marx. Sebbene Marx non condivideva l’idealismo di Hegel, la convinzione che la realtà fondamentale fosse lo Spirito, è proprio confrontandosi e scontrandosi con lui, che egli arriva alla sua concezione materialistica della storia e della società. All’idea che i rapporti economici sono il vero motore dell’accadere storico e che non si tratta più di interpretare il mondo, ma di cambiarlo, come si afferma nell’XI delle “Tesi su Feuerbach”.

Anche per Benedetto Croce, il rapporto con il pensiero di Hegel fu quello decisivo, sebbene egli darà una curvatura umanistica e liberale al suo imponente pensiero filosofico e storico.

Non solo componendo grandi capolavori storiografici come la “Storia d’Italia dal 1871 al 1915” (1928) e la “Storia d’Europa nel secolo decimonono” (1932), quest’ultima dedicata a Thomas Mann. Ma spostando man mano l’asse centrale del suo pensiero nell’identificazione della filosofia con la storia e della storia con la filosofia e dando a questa ultima sistemazione del suo pensiero il nome di storicismo assoluto. Last, but not least, è nel pensiero di Adorno che culmina il pensiero della storia di marca europea.

Adorno visse in un momento estremamente tragico della storia occidentale, a cavallo della Seconda guerra mondiale. Visse, inoltre, questa esperienza da ebreo, in fuga dalla Germania nazista. Da critico dell’illuminismo occidentale e del capitalismo, vide culminare l’aspetto distruttivo della ragione occidentale in Auschwitz. Adorno era troppo avvertito rispetto a ciò che accadeva in Unione Sovietica, per credere, come Marx, nella rivoluzione (sebbene il suo rapporto con la critica dell’economia capitalistica fatta da Marx fosse strettissimo).

Egli si aspettava, messianicamente, la redenzione dal dolore della Storia nella dimensione dell’utopia, di cui vedeva balenare grandi squarci nell’arte. Cosa dire dell’oggi? Ciò che è possibile dire è che, umanisticamente, la Storia riserva il suo aiuto a chi ha la voglia, la pazienza e l’umiltà di bussare alla sua porta. Basti pensare, ad esempio, a quei tesori di pazienza, saggezza, sagacia, lungimiranza che i nostri antenati hanno mostrato nel sopportare gli eterni flagelli della condizione umana: malattie ed epidemie…

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