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Ucraina, Draghi: accodamento sempre più servile alle esigenze USA

Pandemia e guerra in Ucraina: assistiamo alla ristrutturazione malthusiana del Potere Globalista, ad opera anche del Governo Draghi in Italia

Bandiere Nato e Italia

Pandemia e Guerra in Ucraina: assistiamo a una ristrutturazione malthusiana del Potere Globalista, anche in Italia con il Governo Draghi.

La guerra si intreccia con la pandemia, favorendo la ristrutturazione della Globalizzazione tra l’Occidente decadente e l’Oriente sempre più forte. Gravi le ripercussioni sui piccoli Paesi come il nostro, incapaci di agire a favore dei cittadini.

Bandiere Nato e Italia

Non siamo ancora usciti dall’emergenza della pandemia Covid, che siamo precipitati nel gorgo di una guerra. Un conflitto limitato dal punto di vista geografico e militare, ma che coinvolge non soltanto l’Europa, ma l’intero orbe terracqueo per i legami stretti dell’economia globale con le ripercussioni immediate sulle Borse mondiali, da Wall Street a Shangai, passando per Londra, Parigi e Milano.

Legami tra pandemie e guerre

Vero è che nella storia c’è sempre stata un’alternanza ed un’influenza reciproca tra epidemie e guerre; però nei secoli scorsi gli effetti erano limitati ai territori ed agli stati direttamente coinvolti, come avvenuto con la peste e le guerre europee dal Seicento all’Ottocento.

Soltanto dopo l’epoca bonapartista (che sconvolse ed interessò l’intera Europa), con lo sviluppo sempre più accelerato dell’economia capitalista a livello mondiale, le premesse e gli effetti delle crisi cominciarono a ripercuotersi a livello globale, sia che l’origine si fosse verificata sul territorio di una grande potenza (per es. Inghilterra) oppure in una delle sue dipendenze coloniali.

Il fenomeno si è poi accresciuto con le guerre mondiali. Ricordiamo che la Grande Guerra si verificò dopo l’epidemia della spagnola, che mieté più vittime della guerra stessa.

Da allora in poi le guerre ridisegnano i rapporti di forza tra gli Stati e le Economie che essi rappresentano o promuovono attivamente, determinando in modo sempre più diretto la vita e le abitudini di popoli anche distanti fisicamente.

Da guerre mondiali a guerre globalizzate

Oggi non si può più neppure parlare di distanza in senso fisico, dopo alcuni decenni di Globalizzazione economica e finanziaria che, insieme alla comunicazione istantanea fa sì che un battito d’ali di farfalla a Shangai si ripercuota immediatamente a Wall Street e viceversa.

Ecco allora che una guerra, anche se localizzata (come fu pure quella dei Balcani), coinvolge ed interessa tutti, poiché determina la vita di tutti, al di là delle dichiarazioni pur sincere di sentimenti umanitari e volontà di aiuto verso i più deboli o gli aggrediti.

Altra differenza rispetto al passato sta nella difficoltà di riconoscere la validità e ancor più la giustezza delle ragioni dei contendenti in conflitto.

Nel caso attuale, l’Ucraina è uno stato con una forte economia, importante sia per la Russia che per diversi Paesi europei ed ha il diritto di autogestirsi come stato sovrano.

Però una parte di essa, quella sudorientale (Donbass, Doneck) è tradizionalmente legata alla Russia e perciò giustifica la politica di rivendicazione dell’unità con Mosca.

Inoltre, queste istanze erano già note a tutti, in particolare agli Usa ed alla nostra beneamata (dai politici, soprattutto) Unione Europea.

Tutti vogliono la Pace: tutti si impegnano nella guerra

Nessuno però si è mosso politicamente per risolvere la querelle in senso diplomatico, lasciando che la malattia incancrenisse e sfociasse nella guerra; anzi, risulta da molte dichiarazioni che qualcuno abbia fortemente soffiato sul fuoco, prima. E ancor più oggi, con la retorica del Paese aggredito dal vecchio orso sovietico e quindi da difendere a spada tratta, incurante delle gravi conseguenze per la popolazione.

La politica delle sanzioni economiche verso la Russia si sta rivelando, proprio per le interdipendenze economiche di cui abbiamo detto sopra, come un’arma a doppio taglio; anzi, gli effetti più gravi ricadono su chi le pratica.

Nel nostro Paese salgono vertiginosamente i costi di energia e materie prime, mettendo in crisi l’industria; inoltre vanno alle stelle i prezzi dei generi alimentari per la mancanza del grano ucraino, col risultato di affamare noi stessi, anziché il paese aggressore!

Ucraina, Governo Draghi: accodamento servile alle esigenze degli USA

Il governo di Draghi lo sa e ci propone di razionare i consumi e diminuire drasticamente quello dell’energia, dicendo che dobbiamo “scegliere tra la libertà ed il condizionatore!”

Aggiungendo così la beffa al danno, nella sua smania di praticare il servilismo più smaccato verso gli USA.

Per avvalorare la propria posizione, il nostro autorevole (!) governo – più che altro, autoritario con noi cittadini – si sgola nell’indicarci altre soluzioni: dal ritorno allo sfruttamento delle centrali a carbone, alla prospettiva di un nuovo nucleare sicuro, alla conclusione di nuovi contratti per il gas con l’Algeria e la Nigeria.

Ma codeste dichiarazioni, più che soluzioni sono giustificazioni di facciata: il gas algerino coprirà meno di un terzo del nostro fabbisogno; il nucleare è di là da venire e per riavviare e portare a regime le centrali a carbone ci vogliono almeno due anni.

Tanto che lunedì scorso Confindustria e Sindacati hanno firmato una dichiarazione comune contro l’immediato embargo del gas russo, che comporterebbe “perdite di produzione, ulteriore deindustrializzazione e continue perdite di posti di lavoro”.

Nel frattempo, l’OPEC ha ridotto la produzione di petrolio di 410 mila barili/giorno e l’Arabia Saudita ha rafforzato i suoi legami con la Cina.

Biden, unico leader dell’economia globalizzata

Mentre il governo Biden vorrebbe costringere tutti gli alleati-subordinati a interrompere ogni relazione di scambio con la Russia, manifestando così l’intenzione di distruggerla come Potenza, dal suo interno (dal Tesoro) trapela una dichiarazione per cui “il divieto totale alle importazioni di energia dalla Russia potrebbe danneggiare gravemente l’economia mondiale e favorire Putin”!

A volte la verità si afferma come ironia, oltre i desideri dei potenti.

Quello di Biden è in fondo restaurare il potere americano come unico leader dell’economia globalizzata. Lo smemorato Sleepy Joe dimentica però che ad oggi la Cina ha in mano una parte del debito pubblico americano, motivo per cui alzare la voce contro di essa è controproducente.

La Globalizzazione capitalistica si ristruttura secondo le volontà delle potenze emergenti

Del resto, molti commentatori, anche autorevoli, si sono affrettati ad affermare che la guerra ha distrutto la globalizzazione; certamente è morta la guida americana di essa, che dagli ultimi decenni del secolo scorso voleva proiettarsi sul nuovo.

Il ruolo della Cina

Ma oggi c’è la nuova grande potenza cinese che, con la sua struttura politica centralistica e totalitaria derivata dal potere maoista ha diretto una crescita capitalistica esponenziale del proprio Paese.

Ha inoltre affermato in tutti gli angoli del mondo una nuova forma di imperialismo, stipulando contratti con vari paesi (in Africa, Sudamerica, Europa) per lo sfruttamento di risorse minerali fondamentali per l’High Tech; ma vi ha pure affiancato la costruzione di strutture civili, come ospedali.

Poi ci sono le economie crescenti di India e Brasile, per esempio; l’India tende ad affrancarsi dall’egemonia british nel Commonwealth e costituirsi come potenza asiatica.

In questo quadro, la Russia di Putin non si può permettere di scomparire.

Pertanto, si può dire che con l’attuale guerra in Ucraina si sta organizzando una nuova Globalizzazione,il cui asse è spostato ad Oriente; a nulla varrà lo sforzo di Biden di contrastarla.

Poiché la guida politica di essa è totalitaria, sarà anche più efficiente nella conduzione degli interessi dei grandi capitali tecnologici, in cui intervengono direttamente gli stati.

Del resto, i cinesi hanno dimostrato di essere più efficienti anche nel gestire le crisi di pandemia da Sars-Cov2 (sfuggito oltre due anni fa dai laboratori di Wuhan) con i lockdown di intere città e regioni.

Effetti della guerra e riequilibrio malthusiano

I problemi che causerà la guerra (morti, migrazioni) si pongono in continuità e si sovrappongono perfino a quelli provocati dalla pandemia, giustificando perfino un riequilibrio malthusiano tra popolazione e risorse, abbellito dai discorsi sulla salvaguardia del Pianeta.

Tenendo conto di tutto ciò, la politica del nostro governo, completamente schiacciata sugli interessi di predominio Usa, è incomprensibile e perdente, oltre che servile; Draghi non è più SuperMario nella UE, dove gli altri, Germania e Francia in primis, fanno i loro interessi.

Per noi cittadini poi, suona come un De Profundis.

Sarebbe ora di cambiare radicalmente suonatori e spartito.