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Tor Vergata: il chirurgo spiega la tensione che si vive in sala operatoria

Durante un intervento di chirurgia robotica particolarmente complesso e prolungato, Sica si è trovato al centro di un acceso confronto con una collega più giovane

Policlinico Tor Vergata di Roma

Il lavoro in sala operatoria è un equilibrio delicato tra precisione tecnica e pressione emotiva. La recente vicenda che ha coinvolto il professor Giuseppe Sica, docente di chirurgia presso l’ospedale universitario Tor Vergata, mette in luce proprio questa dinamica. Durante un intervento di chirurgia robotica particolarmente complesso e prolungato, Sica si è trovato al centro di un acceso confronto con una collega più giovane. “La sala operatoria è il luogo dove si combatte tra la vita e la morte – spiega Sica – ogni secondo conta e la responsabilità ricade totalmente su chi guida l’intervento”.

L’importanza del coordinamento tra medici

In questi contesti, il lavoro di squadra è fondamentale. Come spesso accade nelle strutture moderne, al tavolo operatorio erano presenti assistenti il cui compito è quello di agire in sinergia con il capo equipe. “Operare attraverso una consolle robotica richiede precisione millimetrica – continua il professore – ma anche la massima attenzione da parte di tutta la squadra. Il margine di errore è inesistente, una distrazione può compromettere l’intero risultato.”

Reazioni sotto stress

Durante l’intervento durato oltre cinque ore, la tensione ha raggiunto livelli altissimi. “Riconosco che i toni usati nei confronti della collega sono stati eccessivi – ammette Sica – ma si trattava di un momento critico dove ho percepito un rischio concreto per il paziente.” Il professore sottolinea come il cosiddetto ‘stato di necessità’ giustifichi una reazione decisa quando in gioco c’è una vita umana.

Le scuse del professor Sica

Dopo l’accaduto, Sica ha voluto porgere le sue scuse alla collega coinvolta. “Il rispetto umano e professionale è per me imprescindibile”, afferma. Ha già avuto un chiarimento con l’assistente, ribadendo che la sua intenzione era esclusivamente quella di reagire ad una situazione critica.

Il peso della responsabilità medica

“Se fossi io sul tavolo operatorio vorrei che il chirurgo facesse tutto il possibile per salvarmi”, riflette Sica, aggiungendo che nel suo mestiere non c’è spazio per mezze misure o esitazioni dettate dalla paura delle conseguenze mediatiche. Un medico deve agire con istinto e sangue freddo.

Sebbene non manchi chi giudichi negativamente le reazioni forti in contesti così delicati, per chi vive ogni giorno quel tipo di pressione appare chiaro come certe decisioni siano inevitabili.