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Telefono amarcord, l’ossessione di oggi e i lucchetti di ieri

Amarcord: “È ora di cena, siamo tutti a tavola e lei ancora al telefono? Sai quanto abbiamo pagato di bolletta?

“Dove è finita Gabriella?” – Il marito chiede alla moglie tuonando e schiumando di rabbia – “È ora di cena, siamo tutti a tavola e lei ancora al telefono?! Finirà prima o poi questa storia! Sai quanto abbiamo pagato di bolletta? Non ne posso più e da domani troverà una bella sorpresa… il LUCCHETTO!

Si passavano ore al telefono, soprattutto quando i genitori non erano in casa e, magari seduti in terra, si cercava di recuperare tutto il tempo che ci veniva negato da veri e propri coprifuoco. Orari fissi, per la scuola, i compiti a casa, l’uscita pomeridiana con il rientro fissato ed improrogabile, e comunque sempre prima della canonica ora di cena, quando la famiglia si riuniva, parlando di tante cose, ma anche nascondendone tante altre con complicità più o meno evidenti e a volte strategiche, e si arrivava all’ora fatidica quando entrava in scena la TV.

Per i giovani una grande alleata, la mamma in cucina a sistemare e il babbo a godersi il telegiornale e le grandi commedie o i fantastici films piuttosto che i telequiz; tutti distratti e noi, di nascosto, andavamo all’ingresso di casa, dove di solito veniva posto il telefono. Tutto finiva al secondo o terzo richiamo: “Ora basta, attacca la cornetta e vai a dormire!”

Sì, a dormire… ma come potevi dopo aver sentito la voce di lei? Certo avresti continuato all’infinito, mentre invece andavi a letto portando con te dubbi, incertezze, passioni, sensazioni strane, ma anche soddisfazione per aver detto quello che magari di persona non eri riuscito a dire. Telefonate lunghe ma fatte anche di tanti silenzi; il telefono era un grande amico e non era giusto che squillasse solo per emergenze o fredde comunicazioni. E mentre le mamme indulgenti facevano breccia nel gelido cuore paterno, cresceva la speranza di una concessione straordinaria: almeno due volte a settimana… Ma non era facile, e spesso si ricorreva a stratagemmi quando compariva il tanto odiato lucchetto.

Allora era guerra e qualche amico, che aveva il padre tecnico della “famigerata” SIP, veniva coinvolto per svelare i sistemi per poter usare il telefono, sbloccando il lucchetto con vari stratagemmi o addirittura agendo con i contatti sotto la cornetta. Mitici tentativi che risolvevano il problema e si andava avanti… Un’epoca storica dove nascevano i primi forti contrasti tra genitori e figli. I primi rivendicavano il diritto di gestire secondo i propri principi la famiglia e i secondi alla ricerca disperata di una maggiore libertà d’azione. Spesso spaccature profonde, addirittura insanabili, che logoravano le parti in causa e che producevano risentimenti ed asti.

Ecco, il lucchetto era un vero e proprio monito, un errato sistema che non solo bloccava il telefono ma anche i rapporti tra genitori e figli. In quei tempi nelle famiglie si parlava tanto senza dirsi niente. Una sorta di tacito accordo fino a quando si doveva sbloccare il lucchetto per effettuare una telefonata che non si sarebbe mai voluta fare: “Pronto, sono il papà di Gabriella, stasera non è ancora rientrata…”.

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