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Sean Combs condannato solo un po’: ecco cosa rischia ora “Diddy”

Il rapper giudicato non colpevole per traffico sessuale e associazione a delinquere (che potevano costargli l’ergastolo), ma soltanto di trasporto di persone a fini di prostituzione: può incorrere in una pena fino a 20 anni

Sean Combs alias Diddy

Sean Combs alias Diddy (immagine dalla pagina Facebook di Notizie.it)

Il processo che ha tenuto col fiato sospeso gli Stati Uniti, quello ai danni di Sean Combs alias Diddy, è giunto a una (prima) conclusione. Sono infatti cadute le accuse più gravi mosse contro l’artista, precedentemente conosciuto anche con gli pseudonimi di Puffy, Puff Daddy, P. Diddy e Love. Il quale attende ora che venga quantificata la pena per l’unico reato per cui è stato condannato.

Sean Combs alias Diddy
Sean Combs alias Diddy (immagine dalla pagina Facebook di Notizie.it)

Il processo contro Sean Combs alias Diddy

Colpevole di due capi d’imputazione per trasporto di persone a fini di prostituzione, non di altri tre (in tutto) per associazione a delinquere e traffico sessuale. Questo, come riporta l’Adnkronos, il verdetto emesso da una giuria federale di New York nei confronti di Sean Combs. Che ora non rischia più l’ergastolo, ma potrebbe dover scontare, spiega La Repubblica, la pena massima di 20 anni chiesta per lui dal pubblico ministero Maurene Comey.

Maurene Comey
Maurene Comey (immagine dall’account X – ex Twitter – di Ian Jaeger)

Il produttore era stato arrestato nel settembre 2024, dopo la denuncia per violenza carnale intentata da Casandra “Cassie” Ventura, sua fidanzata dal 2007 al 2018. Proprio la cantante, come rileva il Corsera, è stata la principale dei 34 testimoni ascoltati nelle sette settimane di udienze iniziate lo scorso maggio. Ha infatti raccontato che la star la picchiava, la costringeva a fare sesso con sconosciuti mentre lui indulgeva nell’autoerotismo, e l’ha stuprata quando lei lo ha lasciato.

Casandra “Cassie” Ventura, ex fidanzata di Sean Combs
Casandra “Cassie” Ventura (immagine dalla sua pagina Facebook)

L’intera causa, in effetti, ruotava attorno alle abitudini sessuali del musicista, confermate anche da una sua ex assistente e un’altra ex compagna che hanno deposto sotto anonimato. In particolare, scrive Rai News, al centro del caso c’erano i cosiddetti freak-off, vere e proprie orge anche a base di droga che potevano durare giorni interi. E che pare includessero pure figure maschili come Usher, che secondo alcuni era boyfriend del Nostro, e Justin Bieber, che invece avrebbe subìto abusi terribili dal rap(p)er.

In dubio pro reo

Il diretto interessato, però, come riferisce ABC News ha però sempre negato ogni addebito, affermando che tutte le pratiche erano consensuali. Tant’è che i suoi avvocati, aggiunge Usa Today, hanno “rimproverato” alla sua ex partner di aver «continuato a tornare da lui per 11 anni». Viste le distorsioni post-Me too, l’ipotesi non era certo implausibile.

Cartello “Me Too” durante una manifestazione
Cartello “Me Too” durante una manifestazione (© Elvert Barnes – Women’s March Baltimore / Wikimedia Commons)

Il Tribunale della Grande Mela, evidentemente, non è riuscito a sciogliere il dilemma oltre ogni ragionevole dubbio. E quindi ha deliberato pro reo, come da caposaldo ancestrale del diritto, sanzionando il magnate dell’hip hop e vincitore di tre Grammy “solo un pochino”. A qualcuno, dalle parti di Garlasco (e non solo), probabilmente staranno fischiando le orecchie.