Roma, nella Chiesa degli Artisti l’ultimo saluto a Nino Benvenuti: il ricordo di una leggenda
Emozionante abbraccio della folla per l’icona della boxe italiana: dall’oro olimpico ai mondiali vinti, passando per le onorificenze, la gloriosa carriera

Funerali di Nino Benvenuti
Si sono svolti ieri, giovedì 22 maggio, i funerali dell’ex pugile Nino Benvenuti, scomparso il 20 maggio all’età di 87 anni: il feretro ha ricevuto l’ultimo saluto presso la Chiesa degli Artisti, a Piazza del Popolo.
Nino Benvenuti, dall’oro olimpico al mondiale vinto in due categorie
Nato Giovanni Benvenuti a Isola d’Istria, allora terra di confine tra Italia e Jugoslavia, Nino non ha mai dimenticato le sue origini. Cresciuto in una Trieste lacerata dalla geopolitica, si è fatto strada a colpi di disciplina e talento, in anni in cui la boxe era ancora un rito popolare, quasi sacro.
L’oro olimpico conquistato a Roma nel 1960 fu una vittoria sportiva carica di significato, pesante anche dal punto di vista extra-sportivo, poichè rappresentò un momento di unità per un Paese che cercava ancora se stesso dopo la guerra. A quell’edizione dei Giochi, Benvenuti vinse anche la coppa Val Barker, simbolo della miglior tecnica pugilistica, battendo sul filo anche il futuro Muhammad Ali, allora Cassius Clay. Non era solo un pugile: era l’eleganza fatta azione.
Benvenuti è stato l’unico pugile italiano capace di conquistare un titolo mondiale in due diverse categorie di peso: superwelter e medi. Nei professionisti, è stato protagonista di una serie di duelli entrati nella storia dello sport.
Nino Benvenuti, unico italiano Fighter of the Year
Nel 1965, sconfisse Sandro Mazzinghi due volte in match validi per il titolo mondiale, polarizzando il Paese in due fazioni – uno scontro di stile prima ancora che di pugni: il ragazzo elegante e ben pettinato contro il guerriero della strada.
Ma è nel 1967 che Benvenuti entra definitivamente nell’Olimpo sportivo. Al Madison Square Garden di New York, davanti a milioni di italiani incollati alla TV, sconfigge Emile Griffith e si prende la corona dei pesi medi. Quella trilogia – Griffith vince la rivincita, ma Nino si impone nel terzo atto – è rimasta scolpita nella memoria collettiva. La rivalità si trasforma in amicizia: Griffith diventerà addirittura padrino di cresima del figlio di Benvenuti. Nel 1968 vince il premio “Fighter of the Year”, ed è ancora il primo e ancora unico italiano ad essere stato insignito di tale fregio.
Contro l’argentino Carlos Monzón, invece, gli esiti furono diversi. Due incontri, due sconfitte pesanti. Il secondo, a Montecarlo nel 1971, finisce al terzo round e segna l’addio al ring per il pugile triestino. Ma non fu un addio alla boxe. Nino restò volto noto della televisione, ambasciatore dello sport italiano nel mondo, simbolo di una generazione che vide nello sport un mezzo di riscatto sociale e personale.
Il suo inserimento nella International Boxing Hall of Fame nel 1999 (insieme solo a Duilio Loi tra gli italiani) e nella National Italian-American Sports Hall of Fame accanto a nomi come Joe DiMaggio e Rocky Marciano, conferma il suo statuto di icona globale.