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Papa in Iraq, Schiavazzi: “Seconda tappa della libertà di fede, nei luoghi dove Isis ha crocifisso i cristiani”

L’intervista al professor Piero Schiavazzi, giornalista vaticanista di Huffington Post e Limes, docente dell’unica cattedra di geopolitica vaticana al mondo

Si è concluso, ieri 8 marzo, lo storico viaggio di Papa Bergoglio in Iraq. Abbiamo raccolto le parole del professor Piero Schiavazzi, giornalista vaticanista di Huffington Post e Limes, docente dell’unica cattedra di geopolitica vaticana al mondo, alla Link Campus University.

Papa Bergoglio in Iraq, traiettorie geopolitiche e spirituali

Professor Schiavazzi, la celebrazione della messa da Erbil, tra le macerie e le persecuzioni dei cristiani è di forte impatto visivo ed emotivo. Perché questo viaggio è un’occasione così importante dal punto di vista storico?

“Iniziamo dal contesto storico e dai precedenti di questa visita. Ricordiamo le primavere arabe in nome della democrazia, dei giovani in piazza, della libertà di espressione hanno tentato di destabilizzare i regimi, tentativo riuscito inizialmente in Libia come in Egitto, ma non in Siria dove Assad è ancora al potere con l’aiuto dei russi. Questi risvegli di coscienza hanno comportato lunghe fasi di instabilità. Questo è accaduto nel triennio 2010-2012. Dal 2014 inizia una fase atroce, infernale. Fa la sua comparsa l’Isis, con le sue recrudescenze oscurantiste e dispotiche che durano fino al 2017. fino a che non arriva la cosiddetta Yalta, due grandi blocchi si spartiscono il Medio Oriente. Russia, Iran e Turchia e Arabia saudita, Stati Uniti e Israele. Una camicia di forza che immobilizza tutto. In tutto ciò l’Iraq possiede le più grandi riserve di greggio in Medio Oriente dopo l’Arabia Saudita, ma la povertà tocca livelli altissimi, possiamo dire che là vi è una pandemia da corruzione.

L’Iraq è uno stato tripartito tra sciiti, (maggioranza con primo ministro), sunniti (maggioritari nel resto del mondo arabi ma qui rappresenta una minoranza) e curdi, che ambiscono da sempre all’indipendenza (si tratta di un’altra etnia e non sono arabi). Saddam fece bombardare il gas sui curdi quando tentarono di ribellarsi. Con l’aiuto degli americani nel 2005 hanno ottenuto un’autonomia maggiore di quella dell’Alto Adige, hanno un loro parlamento come i 50 stati della federazione Usa, e perfino un loro esercito. Nessuna autonomia al mondo ha un esercito.

A proposito di pandemie, domenica pomeriggio a Erbil c’erano centinaia di persone assembrate, lì la paura del contagio da virus non attecchisce. E’ ciò che si chiama psicologia di guerra: le persone si riuniscono nel pub accanto a quello distrutto la sera prima da un’esplosione, anche se essa ha causato una strage. Mosul si trova a pochi km da Erbil, è come da Roma avere i barbari a Civitavecchia. Queste persone non temono il virus, reagiscono con estrema vitalità all’orrore che vedono e vivono quotidianamente. L’orrore che hanno patito sotto l’Isis.

Nel 2014 dunque arriva l’Isis che segna le porte con la N di Nazareno e perseguita i cristiani. Le donne vengono stuprate sistematicamente e vendute al mercato, gli uomini sgozzati o crocifissi. Queste persone scappano da queste violenze efferate”.

E’ in uno scenario così drammatico e spaventoso che Papa Francesco atterra. E pur scendendo da un aereo getta una seconda àncora, come scrive lei.

“Sì, in un quadro come questo atterra il Papa. I paesi del Golfo tradizionalmente considerano il loro suolo come suolo sacro. Se un italiano si presentasse al check-in un aeroporto in Arabia Saudita, con una catenina con un crocifisso gli verrebbe tolta. Il territorio dello stato viene considerato terra di Allah alla stregua di un tempio o di una chiesa, dove è reato e sacrilegio portare simboli di altre fedi. E’ in questo contesto che il Papa il 4 febbraio 2019 fece un primo scalo negli Emirati Arabi, per la prima volta nella storia. In questa monarchia assoluta il Papa celebra messa cattolica allo stadio.

In questi luoghi la libertà religiosa è un concetto sconosciuto e quasi inaccettabile. Eppure sono pieni di cattolici come quelli delle comunità filippine che abitano lì. In questi luoghi il Papa sta tentando di inserire la libertà religiosa. Ecco perché affermo che Papa Francesco ha fatto uno scalo con la barca di Pietro. Il pontefice ha firmato con Ahmad Al-Tayyeb rettore dell’università del Cairo e imam sunnita, una dichiarazione sulla fratellanza umana. Un atto straordinario. La storia ci insegna che una volta che un messaggio viene scritto poi il tempo ci lavora, diventa un principio. E questo viaggio in Iraq segna la prosecuzione di questo accordo sull’unica discendenza delle tre fedi monoteiste, una sorta di “ammissione” da parte delle massime autorità islamiche.

E anche se resterà ancora per qualche tempo solo una firma, un documento scritto, questa è una premessa importantissima, un seme prezioso in queste terre.

Secondo la teologia di Ratzinger l’islam è una religione che difficilmente cambierà il suo modo di rapportarsi alle altre fedi, mentre secondo Bergoglio, che ha una visione opposta, di stampo storicista, l’islam ha solo bisogno di compiere il suo percorso di crescita nella Storia, come è accaduto per la religione cristiana. Così ha dichiarato ad un giornalista di Sky News Arabia: «Credo che sia una strada anche culturale. Pensiamo a noi cristiani, alla guerra dei Trent’anni, alla notte di San Bartolomeo, per fare un esempio. Pensiamo a questo. Come fra noi cambia la mentalità. Perché la nostra fede ci fa scoprire che è questo, la rivelazione di Gesù è l’amore e la carità ci porta a questo. Ma quanti secoli per attuarlo!» ”.

Lei ha definito questo incontro “azzardo e atto di fede abramitico del Pontefice, arduo come l’ingresso di un cammello nella cruna dell’ago che s’incunea, geopolitico e geografico, tra le sponde sunnita e sciita del Golfo Persico”. In che modo questo viaggio è una tappa spirituale, nel percorso di fede del cristianesimo e della convivenza con le altre religioni?

“Abramo rappresenta la chiamata del monoteismo, il dio unico lo chiama alla terra promessa. Abramo è il padre comune di ebrei, cristiani e musulmani. Poi ci sono le separazioni lungo la storia. Ma il concetto che il Padre gli rivela è: siete figli miei. Da questa radice del Padre comune discende la fratellanza su cui il pontefice sta cercando di fondare l’uguaglianza e la libertà religiosa. Se tutti gli uomini sono tutti fratelli, ne derivano diritti, questo si traduce in norme civili e giuridiche.

La Dichiarazione della Fratellanza Umana firmata nel 2019 la ricorderemo come la Dichiarazione americana dei Diritti dell’Uomo del 1776. La massima autorità islamica ha firmato questo principio. Il Papa ha gettato due ancore sulle sponde sunnita e sciita, con gli Emirati e l’Iraq. Far passare il concetto di libertà religiosa in questi luoghi è come far passare un cammello nella cruna di un ago. Ma questa rivoluzione ormai è scritta e si sta muovendo nelle coscienze”.

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