Prima pagina » Interviste » Pandemia e infodemia, Ferrazzoli: “Confusione di pareri contraddittori? Ecco come si combatte”

Pandemia e infodemia, Ferrazzoli: “Confusione di pareri contraddittori? Ecco come si combatte”

“Nel libro riflettiamo su oltre due anni di pandemia, dal punto di vista di come la comunicazione e l’informazione hanno trattato il tema”

Marco Ferrazzoli

Marco Ferrazzoli

In tutto il mondo, con la pandemia, si è assistito a una circolazione massiccia e incontrollata di informazioni; il ruolo della scienza è stato talvolta messo in discussione, con le fake news che hanno rapidamente trovato terreno fertile. “Pandemia e infodemia. Come il virus viaggia con l’informazione”, è il nuovo libro di Marco Ferrazzoli e Giovanni Maga, in cui si riflette su questo aspetto, mettendo soprattutto in evidenza il ruolo che ha avuto l’informazione dall’inizio della diffusione del virus.

“Pandemia e infodemia. Come il virus viaggia con l’informazione”

Intervenuto in esclusiva al nostro giornale, Marco Ferrazzoli, capo ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ci ha presentato il suo ultimo libro: “Pandemia e infodemia è il libro che abbiamo scritto io, che sono capo ufficio stampa del CNR, e Giovanni Maga, un virologo, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del CNR. Un giornalista e uno scienziato che riflettono su oltre due anni di pandemia, non solo dal punto di vista dell’infezione, della diffusione e delle origini, ma anche dal punto di vista di come la comunicazione e l’informazione hanno trattato il tema. L’abbiamo fatto attraverso considerazioni molto critiche su tutta la filiera che parte della ricerca e poi arriva ai messaggi per i comuni cittadini”.

Infodemia: sta succedendo la la stessa cosa con la guerra in Ucraina?

“Credo che siano dei fenomeni che presentano delle strettissime analogie. Intanto entrambi sono arrivati all’attenzione della cronaca e quindi dei cittadini, come se fossero due fenomeni improvvisi. Di pandemie ne avevamo già avute altre nel corso del Novecento, e quindi dovevamo essere già avvertiti, mentre la crisi dell’Ucraina come sappiamo rimanda a vicende geopolitiche di molti anni addietro. Quindi questo fatto di avere un oscuramento sulle premesse e poi un’improvvisa illuminazione, con questa confusione di pareri contraddittori che non permettono di capire come realmente stiano andando le cose, credo sia un fenomeno che accomuna sia il Covid che la vicenda in Ucraina“.

Anche lì numerose sono state le fake news. È un fenomeno che c’è sempre stato oppure è un effetto collaterale dell’uso eccessivo dell’informazione?

“Credo che i social facciano soltanto da amplificatore. Le fake news nascono per l’appunto dalla mancanza di consapevolezza del fenomeno, soprattutto quando esso è oggettivamente complesso. Però ci sono sempre state. Un tempo erano le chiacchiere da bar o da autobus. Il poter portare il bar e l’autobus su una piattaforma virtuale con un potenziale pubblico illimitato, naturalmente dà a questo un’enorme espansione e determina le cosiddette camere dell’eco o bolle informative, cioè il fatto che tendiamo sempre di più a cercare le notizie che confermano quello che già crediamo di sapere”.

Nel libro c’è scritto che bisogna “ripensare al rapporto tra chi fa ricerca e chi lavora nella comunicazione per affrontare in modo più consapevole le emergenze future”. Questo aspetto nel concreto come si realizza?

“Si realizza in due modi: uno è quello di stringere il rapporto tra gli enti pubblici di ricerca, le università, e cioè coloro che studiano e che producono conoscenza, e i comunicatori, i media e gli operatori di comunicazione. Cioè fare in modo che i giornalisti tendano a cercare le notizie direttamente dalle fonti più attendibili. E l’altro però è quello di formare tutti: sia giornalisti ma anche cittadini comuni, al riconoscimento delle fonti. Le voci, quando si parla di problemi complessi, non hanno tutte lo stesso valore. C’è una gerarchia di competenza, che è facile da identificare perché ci sono dei meccanismi, anche pubblici, molto semplici. Ci sono ad esempio i ranking dei grandi editori scientifici. Ecco, noi dovremmo imparare queste cose che sembrano complicate ma non lo sono, per riconoscere il parere che vale di più quando ne abbiamo due contrapposti”.