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Il filosofo: “Pandemia e guerra, due atti del Grande Gioco del Duemila”

Dalla propaganda al paradigma del Falso in Platone: l’intervista al Professor Cuniberto, docente di estetica all’Università di Perugia

cartina Ucraina con scacchi

Due anni che sembrano secoli, due atti di un unico Grande Gioco. La pandemia che ha portato con sé nuove discriminazioni, scivoliamo oggi nella guerra per precipitare ancora nell’incubo nucleare. Dalla propaganda nell’era del Web al paradigma del Falso in Platone. Ne abbiamo parlato con il Professor Flavio Piero Cuniberto, filosofo, autore e docente di estetica all’Università di Perugia.

Pandemia e guerra: il nuovo Big Game?

Dalla pandemia (al tramonto?) all’alba della Terza Guerra Mondiale. A noi è toccata in sorte questa epoca dall’amaro sapore apocalittico, siamo sfortunati o c’è un legame diretto?

Per rispondere a questa domanda partirei dalla pandemia e dalla sua unicità. Quando dico unicità non mi riferisco alla sua gravità oggettiva, né alla sua origine misteriosa, quanto alla macchina politico-mediatica planetaria che per due anni ha sequestrato le nostre vite, trasformando l’epidemia in un gigantesco campo di manovra per le nuove tecnologie informatiche e per le nuove terapie geniche: ecco, questo non ha precedenti.

Il mondo è diventato un grande laboratorio sperimentale in cui la pandemia ha funzionato (a prescindere dalla sua gravità sanitaria) da pretesto per imprimere un’accelerazione inaudita a una serie di processi ormai irreversibili. Ad esempio il fatto che si parli di nuova normalità ratifica questo stato di cose. “Niente sarà più come prima” ci ripetono, perché niente deve essere più come prima.

E’ un processo stradocumentato dai manifesti di Davos, dall’Agenda 2030, dai progetti sull’identità digitale, o dagli investimenti nella Dad, avviati in America intorno al 2010. Il ministero dell’istruzione ha chiesto esplicitamente alle Università di mantenere la Dad perché così chiedono a loro volta le grandi piattaforme. La rivoluzione digitale comporterà l’estinzione di tutta una fascia di piccole e medie imprese. E a sua volta la foglia di fico della Green Economy aumenterà il tasso di concentrazione delle grandi imprese, in grado di reggere il passo. E’ da notare che questa analisi resta in piedi qualunque sia l’origine del virus. Se non vogliamo parlare di un progetto vero e proprio si tratta in ogni caso di una tendenza egemone, e non solo nel mondo occidentale.

Tendenza che viene cavalcata come un’onda anomala, che è anche il titolo del suo saggio “L’onda Anomala, Cronaca filosofica della pandemia” (Medusa, Milano 2021). Dunque la lotta di classe è un paradigma ancora attuale per interpretare almeno alcuni aspetti di ciò che stiamo vivendo?

“Rispondo con una nota affermazione di Warren Buffett: ‘È in corso una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo’. La guerra russo-ucraina, che per la parte ucraina è la classica ‘guerra per delega’, potrebbe anche essere interpretata come una reazione aggressiva alla New Economy egemone e dilagante. In tal senso non sarebbe affatto fuori luogo parlare ancora di guerra capitalista anche se gli attori sono diversi e sovranazionali. La pandemia ha spostato i capitali a favore di queste fasce economiche altissime, rendendole ancora più irraggiungibili.

Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, la sequenza è impressionante. L’Italia è passata da un’emergenza sanitaria a una bellica senza soluzione di continuità. E senza che il pericolo della guerra stessa, almeno in questo momento, riguardi in modo diretto la sicurezza del paese. Questa anomalia è tutta italiana. Negli stati che circondano l’Ucraina non vi è alcuno Stato di Emergenza.

Il Whashington Post parla del rigore italiano nell’affrontare la pandemia non solo in tono elogiativo ma dice qualcosa di più significativo: parla di misure drastiche in cui il nostro paese ha acquistato la fisionomia di un grande laboratorio. Coprifuoco, lockdown, medici nelle trincee, il lessico di guerra è lo stesso ed è entrato nell’uso quotidiano. E’ un processo psicotropico, la normalizzazione dell’eccezione.

Basterebbe questo per capire che i due eventi sono legati, anche se non le circostanze che li hanno fatti emergere. Pandemia e guerra, due atti del Grande Gioco del Duemila.

Dunque lo scenario che tiene insieme questi due immani e complessi fenomeni è quello che nell’Ottocento veniva chiamato il Grande Gioco. Un gioco che si è riscaldato da quando gli Usa hanno scoperto di non poter essere egemoni in un mondo unipolare. Questa utopia non poteva continuare, e il tentativo di mantenere in essere questa chimera ha prodotto tutte le guerre che sappiamo a cominciare da quelle mediorientali. Più che di Guerra Fredda, si tratta ormai di un Big Game di guerra. Che questo sarebbe entrato in una fase incandescente intorno al 2020 era stato previsto da autorevolissimi analisti già nei primi anni del secolo, sulla base di una serie di calcoli legati alle dimensioni economiche delle grandi potenze”.

La copertina del saggio “L’onda anomala. Cronaca filosofica della pandemia”

Dalle censure e mistificazioni al Falso in Platone

Alcune testate per anni hanno denunciato i crimini umani del Battaglione Azov, ma da qualche giorno questi articoli sono spariti dalla rete per poter portare avanti la diegetica polarizzante e puerile in cui le responsabilità sono esclusivamente da imputare al Cremlino.

“L’esposizione ai media eterodiretti e alla menzogna sistematica è forse il problema più grande e difficile che ci troviamo ad affrontare, soprattutto nel nostro paese. E’ molto preoccupante la situazione perché sono cambiati gli assetti, neanche più i partiti avranno modo di incidere sulla narrazione imposta dai Padroni del Discorso. Il caso di Mentana è a dir poco clamoroso.

Per quanto riguarda le responsabilità dell’attacco russo, che è stato certamente un’ invasione, anche il generale Fabio Mini, già Capo di Stato Maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, ha spiegato come la reazione russa sia stata ampiamente e lungamente provocata. La storia la scrivono i vincitori, o chi ha più denaro per finanziarla: quelli che io chiamo appunto i Padroni del Discorso. Del resto anche la cosiddetta contro-informazione è scivolosa, spesso è speculare all’informazione ufficiale e dunque non così indipendente come vorrebbe mostrarsi”.

Il demonio si presenta in modo ambiguo, non si dichiara, non si fa cogliere in una fazione o nell’altra ma nel confonderle, mischia le carte.

Mistificazioni di immagini e filmati, strumentalizzazioni della tragedia in atto, vere e proprie censure, impossibilità di analisi lucide pena la condanna ad essere chiamati negazionisti ieri, putiniani oggi. Ci è permessa solo la stupidità lapidaria di definirci pro o contro i vaccini, o pro o contro Putin. Sembra un po’ il sonno della filosofia.

“La filosofia, come corporazione – non come disciplina – in questo scenario sta facendo una pessima figura. Noto ad esempio che a portare un vento critico contro quella mostruosità giuridica e logica che è il Green Pass (anche il sottoscritto è tra i firmatari del manifesto ‘Docenti contro il Green Pass’) sono stati soltanto i filosofi extra-accademici, magari già fuori dal circuito universitario, spesso in età più avanzata, insomma ad esporsi sono quelli che non hanno nulla da perdere. Agamben, Cacciari, hanno potuto svolgere questa funzione perché non sono più ricattabili. Fusaro è stato allontanato dal San Raffaele.

Vorrei menzionare alcuni tra coloro che si sono fatti sentire, come Geminello Preterossi (uno storico) a Salerno, Andrea Zhok a Milano, Davide Tutino a Roma, Eugenio Capozzi (storico anche lui) a Napoli. Questo vale anche per giuristi e medici. Questa prova di servilismo accade non a caso mentre assistiamo al crollo della capacità di analizzare gli eventi nelle loro articolate sfaccettature, come ha denunciato Luciano Canfora alcuni giorni fa. Il Senato Accademico dell’Università di Trento ha votato all’unanimità un documento con cui sospende ogni forma di collaborazione con gli studiosi russi. Questa è una discriminazione paragonabile a quelle del peggiore Novecento. E’ soprattutto questa unanimità a lasciare allibiti. Dopo l’illusione dei portuali di Trieste nessun gesto anti-sistema nel nostro paese, neppure simbolico. Non ho risposte su questo ma le domande sono inevitabili”.

La perdita della Metafisica

Lei è professore di estetica: la bellezza secondo Platone è un ponte ontologico tra sensibile e intelligibile, tra metafisica e mondo terreno. Ciò che è bello con le sue proporzioni e armonie ci racconta di una dimensione Altra. Siamo a questo punto anche perché abbiamo perso il senso della metafisica?

“Apprezzo immensamente questa domanda. Alla faccia dei modernisti che mi rimproverano di attardarmi su Platone, io resto convinto che Platone abbia visto tutto. Perché la sua intelligenza metafisica, sovraumana se vogliamo, gli ha permesso di intuire la struttura della società e della psiche umana al punto di descrivere processi che hanno avuto luogo anche molto tempo dopo di lui. E non per una qualche dote profetica, ma perché la sua frequentazione degli archetipi permette di vedere le cose allo stato nascente e prima amcora che nascano.

Credo che Platone abbia su tutti gli altri filosofi questo primato. Non troviamo in Platone il termine nichilismo però troviamo quella che lui chiama la potenza del non essere o dell’illusione, di ciò che non è e finge di essere. E’ il paradosso del Falso. Che non è il non-vero, ma è il non essere che si esplicita come potenza dell’inganno. L’immagine che userei per il non essere è qualcosa di risucchiante, il potere che ha il vuoto – anche il vuoto fisico – di attrarre. Platone lo descrive anche come incantesimo e stregoneria. La sua analisi geniale dell’artificio che appare come natura anticipa il nichilismo nel senso in cui lo conosciamo oggi: l’intelligenza artificiale, la fluidità imposta dal capitalismo tardomoderno, la teoria del gender, insomma la destrutturazione della natura umana a favore di una ‘natura’ interamente artificiale”.

La Bellezza e il Futuro: il tesoro di Spinoza

Platone come “visionario ontologico” potremmo dire. A proposito di alternative e di bellezza: ci occorre una visione del futuro. Il futuro ha un legame con la bellezza. Cosa possiamo fare?

“Premetto che non sono affatto ottimista, ma ci sono buone ragioni per non abbandonarsi al pessimismo. Rispondo per immagini: la prima è la parabola del tesoro nascosto che si trova nel Vangelo di Matteo. L’uomo trova un tesoro poi lo nasconde di nuovo nel campo e poi vende tutti i suoi averi per comprare quel campo. Direi che la bellezza è un po’ così. Un tesoro che sarà sempre più nascosto.

La bellezza è una dimensione metafisica e siamo in quella che Heidegger chiama il tempo della miseria e francamente non credo che le cose miglioreranno. Ma il fatto che questo tesoro sia nascosto non significa che sia perduto o che non ci sia. I tesori sono tanto più preziosi quanto più sono nascosti. Mi viene in mente anche la conclusione magnifica dell’Ethica di Spinoza, dove il filosofo dice che tutte le cose eccellenti sono tanto difficili quanto rare. Lo stato di nascondimento del tesoro è inseparabile dal suo pregio, che in questo caso è la bellezza.

L’altra immagine è più positiva. Nel Filebo Platone parla di un fuoco (che diventerà poi il ‘fuoco filosofico’ dei filosofi rinascimentali. Un fuoco trasmesso dagli antichi e arrivato fino a lui: questo fuoco nel suo caso è la dialettica e il suo compito è trasmetterlo a chi sarebbe venuto dopo di lui. Questo fuoco, che si trova (come immagine) anche nella Repubblica e nella Lettera VII, lui lo ha affidato ai dialoghi in forma criptica, cioè come un tesoro nascosto consegnato ai posteri, sapendo che i tempi sarebbero stati difficili. Quel tesoro-fuoco – di cui la bellezza, la bellezza come realtà metafisica, è parte importante – è arrivato in qualche modo fino a noi. La bellezza è dunque costitutiva della dialettica, è la madre delle forme reali, e non è oggetto di una contemplazione sterile perché è, sempre per Platone, il ‘luogo del generare’. La bellezza è feconda”.