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Neonato ucciso dal suo cane in Puglia: la parola al comportamentista Dr.Dog

Il dramma di Tricase ci riporta al dibattito sulla relazione cinofila, la competenza che occorre per gestire un animale nel rispetto di noi stessi e del cane

La notizia di Tricase, Puglia, riportata dall’Agenzia Ansa del 12 aprile, dove un bimbo di otto mesi è stato azzannato e ucciso dal cane corso di famiglia, ci riporta al dibattito sulla nostra relazione cinofila, la competenza che occorre per gestire un animale nel rispetto di noi e dell’animale stesso. Abbiamo parlato con Vieri Timosci, Dr. Dog, etologo, comportamentista cinofilo, specialista nella psicologia dei cani, per provare ad analizzare la dinamica che si cela dietro a fatti drammatici come questi.

“Innanzitutto c’è da dire che sappiamo davvero poco di cosa sia successo: la dinamica, l’età e il sesso del cane, il tipo di condizioni in cui il cane viveva, tutti elementi che dovremmo conoscere per ricostruire come possano davvero essere andate le cose. Da ciò che sappiamo sembra che il cane non vivesse in casa, ma in uno spazio esterno diverso da dove la famiglia abita, e che i padroni stessero recandosi da lui per dargli un pasto. Questo indica già che il cane potesse non essere abituato a una forte relazione continuativa e fisica anche, con i padroni.

Purtroppo questi casi sono più numerosi di quelli che arrivano alla stampa e ai Tg. Ciò che sappiamo è che i neonati attirano sempre l’attenzione dei cani, ogni bimbo messo su un prato, come nella vicenda riportata da Ansa, verrà annusato dal cane. I neonati emettono dei suoni che noi non sentiamo, ma che il cane con il suo udito capta e dai quali viene infastidito. Questo può essere una delle motivazioni. Sicuramente il cane non intende uccidere e non lo fa per cibarsi. Non sappiamo neppure se quello fosse il suo primo impatto con un neonato, figura con la quale non ha mai socializzato e che il cane non sa diciamo, codificare”.

Per quanto riguarda il fattore razza e genetica, può essere un elemento di cui tenere conto?

“La genetica detta la reattività, ma poi è l’ambiente e l’individuo a fare la differenza. Ho visto cani corso come quello del caso in questione, essere docilissimi. Il problema è anche la stazza e il morso; se a mordere è un cane di piccola taglia nessuno si accorge del comportamento preoccupante che si è innescato, se lo fa un grosso pastore, sì. Ci sono delle razze che sono più geneticamente modificate per reagire, anche il pastore tedesco, maremmano o doberman”.

Però potremo lavorare almeno sulla prevenzione attraverso l’educazione delle persone che decidono di adottare un cane.

“Sì, è davvero urgente, invece di demonizzare alcune razze con delle liste, istituire una sorta di patentino per i proprietari, che dimostri effettivamente che la persona è in grado di relazionarsi con esso e conosce i fondamenti teorici di base per accudirlo. La Svizzera ad esempio, pretende una dimostrazione di idoneità per avere un cane, di qualsiasi razza o mole sia. Ne va della tutela del cane, della collettività e del padrone stesso. Le persone adottano cani senza sapere che razza hanno scelto al di la dell’estetica, o che il cane ha bisogno di uscire per socializzare, che ha una sua visione del branco e degli umani. Lo Stato dovrebbe intervenire in tal senso, ma qui siamo già sommersi di burocrazia, inoltre l’educatore cinofilo è una professione non regolamentata se non dal business. Ci si improvvisa educatore senza reali certificazioni. Anche questo è un aspetto della mancanza di cultura cinofila in Italia che purtroppo può favorire questi eventi terribili”.

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