Prima pagina » Politica » MES. Secondo il presidente dell’Eurogruppo “l’accordo politico è cosa fatta”

MES. Secondo il presidente dell’Eurogruppo “l’accordo politico è cosa fatta”

Conte si aggrappa alla mancanza di una controfirma ufficiale, ma l’aspettativa dei vertici UE era un avallo senza altre discussioni

Una dichiarazione di routine?

Sì e no. Sì, nel senso che rientra in una prassi consolidata e pressoché inderogabile. In sintesi: l’Europa decide, l’Italia si adegua. E su cosa si debba intendere per “Europa” ci torniamo tra poco.

No, invece, nel senso che non la si deve considerare di poco conto. Viceversa, essa è gravissima. Sia nel merito, visto che parliamo di una trappola come il MES, sia nel metodo, come emerge appunto dalla dichiarazione di cui parliamo: «Stiamo affrontando questioni tecniche, l’accordo politico è stato raggiunto»

Ad affermarlo è il portoghese Mario Centeno, il presidente dell’Eurogruppo. Entità che sul sito ufficiale viene descritta come “un organo informale in cui i ministri degli Stati membri della zona euro discutono di questioni relative alle responsabilità condivise riguardo all’euro”. Ma che in effetti è la classica stanza dei bottoni in cui le decisioni vengono prese in ambito ristretto per poi trasferirle – attenzione: trasferirle, non sottoporle – alle assemblee europee o nazionali che dovranno ratificarle.

Certo: Centeno non manca di aggiungere un prudenziale, o ipocrita, «Pensiamo che sia importante che il dibattito politico avvenga in tutti gli Stati membri. I ministri lo sottolineeranno oggi» seguito però da un lapidario «Ma non vedo margine».

Come avviene spessissimo, il punto è che di regola i media si limitano a riportare questo genere di frasi senza sottolinearne la natura intimamente contraddittoria. Se davvero si pensasse che è importante che “il dibattito politico avvenga in tutti gli Stati membri”, allora si dovrebbe mettere in conto che da quel dibattito – anzi: da quei dibattiti, al plurale – possano emergere posizioni diverse.

La verità è diametralmente opposta: l’assunto è che quelle pseudo discussioni si ridurranno all’ennesima pantomima. Finendo con il convergere, o prima o dopo, sugli obiettivi già predeterminati.

Sovranità del popolo?

No, controfirma delle élite.

Talis Europa, talis Italia

Questo stesso meccanismo, d’altronde, si cerca in tutti i modi di replicarlo nelle elezioni dei singoli Stati.

Il voto dei cittadini viene convogliato all’interno di canali, o di stampi, che sono predisposti dai partiti (e quindi dal sistema politico nel suo complesso) e che tendono a privilegiare le coalizioni. Sia quelle esplicite, sia quelle striscianti.

Vedi il tentativo, replicato più volte, di arrivare anche qui in Italia a un assetto bipartitico o quantomeno bipolare: una volta vince il Cartello A, un’altra volta vince il Cartello B. Ma lo status quo non perde mai. Cambiato ciò che va cambiato, è una replica dell’immutabile schema statunitense. Dove l’illusorio conflitto tra Democratici e Repubblicani non si sogna nemmeno lontanamente di mettere in discussione il modello economico dominante: i super milionari se la spassano a vita, gli altri se la sudano fino alla morte. Wall Street per i ricchi, Walmart per i poveri.

La sedicente democrazia, perciò, si trasforma in un imbuto. Che si presenta molto ampio all’imboccatura, così da permettere di insistere con la retorica della partecipazione universale alle scelte collettive, ma che in effetti andrà a riversarsi nella strettoia finale del suo cannello. E nei suoi successivi alambicchi.

Il dissenso evapora. Il consenso si solidifica.

Il dissenso si perde nel nulla, come un investimento avventato che ha fatto svanire il capitale dei singoli scriteriati. Il consenso si accumula nei forzieri dell’establishment come un lucro ulteriore a maggior gloria del Sistema. Come un interesse usurario nella sostanza, e tuttavia estorto “a norma di legge”.

I Centeno di turno dicono e non dicono.

I media mainstream disquisiscono altrove.

I cittadini si arrabbiano per alcune delle conseguenze, e tutt’al più confidano nei Grandi Vendicatori tipo il Beppe Grillo dei Vaffa Day o il Matteo Salvini di oggi: ma al cuore del problema, almeno per ora, continuano ad arrivarci in troppo pochi.

Lascia un commento