L’urbanistica milanese, esempio o scempio?
Milano diversamente da Roma, che langue accontentandosi del turismo di massa mordi e fuggi, ha saputo ripensarsi, intercettando quel sogno

Inchiesta urbanistica Milano, sindaco Sala
L’urbanistica milanese è sotto accusa. Le critiche feroci hanno preso il posto dell’ammirazione per i suoi progetti di rigenerazione urbana. Persino Stefano Boeri, l’ideatore del “bosco verticale”, si è rapidamente trasformato da principe degli architetti in disgustoso ranocchio. Qualcuno, ricordando le vicende giudiziarie della “Milano da bere” parla ora di una “Milano da mangiare”, divorata dagli investitori che spadroneggiano nel mercato immobiliare.
“Sic transit gloria mundi”
Evito i giudizi, lasciando ad altri la responsabilità di emettere sentenze affrettate, perché il polverone di questi giorni ricorda troppo l’invenzione mediatica della “Mafia Capitale”, che tanti danni ha fatto a Roma.
I P.M. fanno un mestiere complicato, ma spesso si fanno guidare dal pregiudizio che grava sugli amministratori e i dirigenti pubblici, dando per scontato che non possano essere onesti. Tuttavia, il sistema giudiziario italiano, che assegna alla Magistratura inquirente compiti diversi da quella giudicante, offre sufficienti garanzie di giustizia. Se l’una indaga, seguendo a volte teorie fantasiose, l’altra giudica, basandosi esclusivamente sui fatti, come dimostrano le numerose sentenze di assoluzione perché “il fatto non sussiste”
Capire prima di giudicare
Nessun giudizio affrettato quindi, anche se, conoscendo un po’ la materia, confesso che il sistema milanese mi è sempre sembrato generoso con gli investitori. Ma questo non è un reato.
Viviamo un’epoca di tumultuosi cambiamenti: i posti di lavoro sono falcidiati dalle delocalizzazioni e dall’avvento dell’I.A.; gli investimenti pubblici scarseggiano o sono male utilizzati (240 milioni spesi per l’inutile Vela di Calatrava e 80 milioni spesi di recente per il suo finto recupero); l’edilizia sociale scarseggia e quella del passato è un problema; le periferie sono squallide e mal servite; le case, sempre più piccole e costose, sono divenute ibride a causa delle nuove tecnologie che favoriscono il lavoro “agile”.
Rigenerazione: sogni e grandi investimenti
Le nostre città devono quindi essere ripensate e la rigenerazione urbana può essere lo strumento adatto. La rigenerazione urbana è utile per sostituire i singoli edifici obsoleti (qualitativamente, strutturalmente o energeticamente) ma soprattutto per trasformare le parti degradate delle città, favorendo contemporaneamente obiettivi di interesse generale. Ma per farlo servono le risorse dei privati, disponibili ad assumere il rischio imprenditoriale a fronte di vantaggi quantomeno pari al rischio.
Rigenerare è tuttavia complicato.
La frammentazione della proprietà immobiliare e la nostra cultura orientata alla conservazione più che alla trasformazione, ci hanno consegnato un patrimonio edilizio costoso da recuperare e spesso soggetto ai vincoli di tutela di un territorio bellissimo e dalla storia millenaria. Se a questo si aggiunge la lentezza della giustizia civile e amministrativa, si può capire perché gli investitori tendano a guardare altrove. Ma, nonostante tutto, l’Italia è ancora attraente, un sogno che affascina persino gli investitori più accorti.
La rinascita di Milano
Milano diversamente da Roma, che langue accontentandosi del turismo di massa mordi e fuggi, ha saputo ripensarsi, intercettando quel sogno. Dopo la rovinosa caduta di Tangentopoli, grazie al suo vivace tessuto economico, guidato da buoni amministratori, Milano, ha saputo risorgere, riuscendo ad aggiudicarsi prima l’Expo del 2015 e poi, insieme a Cortina, le Olimpiadi invernali del 2026. Due volani che, insieme al nuovo PGT, strumento urbanistico più dinamico e innovativo del vecchio PRG, l’hanno rimessa al centro dell’interesse internazionale. E gli investitori, attratti anche dall’idea di recuperare gli immensi spazi produttivi abbandonati e gli annessi scali ferroviari, non si sono fatti attendere.
Stimolare gli investimenti non è reato
Non possiamo escludere che la spinta dei grandi investitori abbia orientato alcune scelte, ma quali vantaggi avrebbe ottenuto la collettività opponendosi a quelle spinte e quali alternative aveva l’Amministrazione? Da qui a parlare di corruzione ce ne corre, anche se i P.M., privati dal Governo Meloni del reato di abuso d’ufficio, per reazione, ormai ipotizzano la corruzione “ a prescindere”.
La conformazione del territorio, con la definizione delle regole di dove e come intervenire e per quali obiettivi, spetta ai Consigli comunali, eletti dal popolo, mentre alle Giunte spetta l’applicazione di quelle regole, indirizzando gli investimenti e definendo le contropartite pubbliche.
Capitalismo e buon governo
Il Sindaco Sala sostiene di avere fatto esattamente questo e difende le sue scelte dalle critiche, tardive, della “intellighenzia” urbanistica. A Milano, come ovunque, i ricchi sono sempre più ricchi, mentre i poveri aumentano a dismisura. Una buona amministrazione ha il dovere di attenuare il divario, indirizzando una parte di quella ricchezza verso servizi più efficienti e nella realizzazione diffusa di case a basso costo, contenendo l’espulsione dal centro dei ceti popolari. In questo obiettivo, la rigenerazione urbana, nonostante l’obbligo di remunerare il capitale investito, può essere un alleato.
Il sistema capitalistico funziona così, ma la trasparenza unita a una forte direzione pubblica, può fare ottenere buoni risultati, come avviene in molte città europee.
Prudenza nel giudicare
Una parte della cultura urbanistica criticava anche il “pianificar facendo” del compianto Assessore della giunta Rutelli, Domenico Cecchini (uno che non era certo in vendita) accusato di fare l’urbanistica “contrattata” con gli investitori. Ma quel metodo innovativo, che metteva al centro l’interesse collettivo, con regole talmente chiare e trasparenti da impedire qualunque sospetto, fece di Roma un modello da imitare, senza farle subire inchieste giudiziarie. Avevano la Magistratura dalla loro parte o seppero semplicemente fare bene il loro lavoro? A voi la risposta.
Se questo non è avvenuto a Milano lo giudicheranno gli elettori, non i sommari tribunali mediatici, né i teorici dell’urbanistica novecentesca, inadatta ad affrontare il cambiamento epocale in atto. Se invece si dovesse dimostrare che il malaffare si sia impadronito di Milano, la parola passerà esclusivamente ai Giudici e tutti dovremo accettare le sentenze. Ma fino ad allora è consigliabile un po’ di prudenza.