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La Juventus e il 9° Scudetto, un dominio appannato dalla retorica del bel gioco

Il primo trionfo dell’era Sarri, una striscia storica che continua ad essere leggendaria in Italia, ma con i tifosi scontenti e dubbi sul futuro

Juventus Scudetto

Con la vittoria per 2-0 sulla Sampdoria all’Allianz Stadium, è arrivato l’epilogo di questa Serie A estiva: tutta l’attesa per la sfida Juventus-Lazio con l’Inter come terzo incomodo si è risolta con lo stesso epilogo degli 8 anni precedenti. Juventus campione d’Italia per la 36° volta (ufficiale) della propria storia.

Ma, come l’anno scorso, non sono previsti grandi festeggiamenti e caroselli per il nono trionfo consecutivo. Evidentemente non stiamo parlando dell’adozione di misure anti-Covid, ma dell’analisi di un momento storico fatta da stampa e opinione pubblica che probabilmente ha cambiato il senso ad un risultato che rimane straordinario e mai raggiunto finora in Italia.

I numeri dicono che…

Stagione (allenatore)PuntiMedia p.ti
2011/2012 (Conte)842,21
2012/2013 (Conte)872,29
2013/2014 (Conte)1022,68
2014/2015 (Allegri)872,29
2015/2016 (Allegri)912,39
2016/2017 (Allegri)912,39
2017/2018 (Allegri)952,5
2018/2019 (Allegri)902,37
2019/2020* (Sarri)832,31
(*campionato in corso, con 36 partite)

Dicono che al suo primo anno, Maurizio Sarri ha avuto un rendimento molto simile all’anno di esordio dei suoi predecessori sulla panchina bianconera. Ma il ragionamento non può fermarsi qui. Infatti la Juventus di quest’anno è la prima a vincere lo Scudetto con un gol o più presi di media a partita (36 in 36 partite).

Ma bisogna andare oltre: quanto valore possono avere queste comparazioni con annate, rose e concorrenze così differenti? La Juventus, va detto, ha vinto con merito questo campionato, come tutti gli altri (forse un discorso a parte potrebbe averlo il primo Scudetto di Conte, con il testa a testa col Milan) e come sempre ha chiuso il discorso prima dell’ultima giornata. Ma quest’anno, a differenza delle altre annate, gli avversari hanno di che rammaricarsi. Nel post-Covid la Juventus è ripartita concentrata, con 4 vittorie consecutive e guadagnando un certo margine su Inter e Lazio che, per motivi diversi, hanno perso brillantezza e punti.

Poi la Vecchia Signora non ha chiuso partite che la vedevano in vantaggio, come Milano, Reggio Emilia e Udine, elemento nuovo della dinastia juventina degli Anni Dieci. Con avvisaglie di cali di concentrazione e evidenti fasi sotto-ritmo anche pre-Covid, come Verona, Lione, Lazio (2 volte) e Napoli. Insomma, una Juventus più vulnerabile, in difesa (quest’anno con un De Ligt in più ma con un Chiellini a mezzo servizio) come nella mentalità, quest’ultima additata da un centrocampo non all’altezza e dalle critiche verso l’allenatore.

L’eterno dibattito del “belgiochismo”

Ma l’ultimo elemento, cruccio di tutti i discorsi che da settimane ruotano intorno al mondo bianconero, è l’upgrade che è mancato e sta mancando con Sarri, il cosiddetto “Bel gioco”.

Arrivati qui, in fondo al problema, l’obiettivo di chi scrive è dare uno spunto al lettore. Dopo questo percorso nelle indagini delle crepe bianconere si può capire che forse, il bel gioco, non è IL problema. Non è il metro di paragone, non è l’elemento che manca alla Juventus per poter vincere, in Italia ma soprattutto in Europa. È quasi superfluo dire che i “tristi festeggiamenti” degli ultimi due anni sono dovuti ad un’asticella che per forze di cose si è alzata con l’arrivo di Cristiano Ronaldo. E molti dei tifosi bianconeri che poco più di un anno fa gridavano all’#Allegriout ora rimpiangono il tecnico livornese, spesso furioso con il concetto di “Bel gioco”.

Come spesso accade in politica, si crea il cortocircuito attorno ad un termine a volte frainteso, a volte abusato. Per questo, in attesa di fare il bilancio finale della stagione juventina (in Champions può uscire agli ottavi come vincere il titolo), non resta che fare i complimenti ad una squadra che, puntando in alto con squadra, organigramma societario, stadio e merchandising, ha cannibalizzato un decennio calcistico nel nostro Paese, mostrando una struttura ed un’organizzazione avanti probabilmente 10 anni rispetto alla concorrenza italiana. Per una volta, il dibattito sul “belgiochismo”, lo si può anche mettere in disparte.

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