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Il Venerdì Santo e le “sette parole” di Cristo in Croce

È il giorno in cui si commemora la Passione e Morte di Nostro Signore Gesù: le cui ultime frasi, riportate dai Vangeli, sono un testamento d’amore per gli uomini di ogni tempo

Venerdì Santo

Venerdì Santo

Oggi, 7 aprile, è il Venerdì Santo 2023, data in cui si commemora la Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo. È il culmine della Settimana Santa aperta dalla Domenica delle Palme, un giorno dopo la Santa Messa in Coena Domini e due prima della Pasqua di Risurrezione. E proprio come la festività più importante del Cristianesimo, essendo strettamente dipendente da essa, varia in base al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera.

Venerdì Santo
Venerdì Santo

Il Venerdì Santo

Il Venerdì Santo è un giorno aliturgico, caratterizzato cioè dall’assenza di celebrazioni (come accade anche di Sabato Santo), mentre si tiene il rito della Via Crucis. In questa occasione, in segno di penitenza, il Codice di Diritto Canonico vaticano prescrive ai fedeli sopra i 14 anni l’astinenza dalla carne. E a quelli dai 18 ai 60 anni il digiuno ecclesiastico, che consiste nel consumare un solo pasto (pranzo o cena) nelle ventiquattr’ore.

Un’antica tradizione fissava il Venerdì Santo originario al 6 aprile, come tramandatoci da Francesco Petrarca. Il quale rievocò il primo incontro con l’amata Laura (avvenuto in quello stesso giorno del 1327) nel sonetto Era il giorno ch’al sol si scoloraro. Che fa riferimento all’episodio, narrato dai Vangeli sinottici, dell’oscuramento della nostra stella da mezzogiorno alle tre del pomeriggio (cfr. Lc 23, 44).

Francesco Petrarca
Francesco Petrarca (1304-1374)

A quel punto Gesù era già stato crocifisso sul Calvario, dopo il processo religioso davanti al Sinedrio e la condanna a morte emessa da Ponzio Pilato. Il prefetto della Giudea Lo aveva fatto flagellare, i soldati romani Lo avevano coronato di spine, Simon Pietro Lo aveva rinnegato tre volte. E proprio mentre veniva inchiodato alla Croce, sulla cima del Golgota, Gesù pronunciò la prima delle Sue ultime “sette parole”.

Il Venerdì Santo e le “sette parole” di Gesù in Croce

Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno (Lc 23, 34). Il Salvatore si riferiva ai Suoi aguzzini, perché anche per loro stava dando la Sua vita, così come per l’intero genere umano. E la Sua preghiera fece scattare qualcosa in un personaggio apparentemente insospettabile.

Michelangelo Buonarroti - Volta della Cappella Sistina, Isaia
Michelangelo Buonarroti – Volta della Cappella Sistina, Isaia (Città del Vaticano, Musei Vaticani, 1508-10)

Era il Buon Ladrone che, primo e unico nella Passione, attestò all’improvviso, come se un velo gli fosse caduto da davanti agli occhi, la divinità di Cristo. E lo fece anche se il Redentore, come aveva profetizzato Isaia, appariva all’occhio umano sconfitto, umiliato, sfigurato, praticamente irriconoscibile (Is 53, 2-5, 7). Per questo, è a lui che Gesù rivolse la Sua “seconda parola”: In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso (Lc 23, 43). Perché il Suo amore assoluto aveva operato il miracolo della conversione, del pentimento sincero di chi aveva sempre vissuto di crimini.

La “terza parola” venne poi indirizzata alla Vergine Maria e a San Giovanni. Vedendo Sua Madre e presso di lei il discepolo che Egli amava, disse a Sua Madre: “Donna, ecco tuo figlio!” Poi disse al discepolo: “Ecco tua Madre!” (Gv 19, 26-27).

Luca di Tommè - Crocifissione tra la Vergine Maria e San Giovanni Evangelista
Luca di Tommè – Crocifissione tra la Vergine Maria e San Giovanni Evangelista

In quel momento, l’Apostolo prediletto svolgeva la funzione di sacerdote, in rappresentanza di ogni essere umano. Quando dunque il Signore lo ha affidato alla Santa Vergine, attraverso lui le ha affidato anche ognuno di noi. Ha regalato a ognuno di noi la più dolce e ineffabile delle mamme.

Le ultime frasi di Gesù Crocifisso

Seguì quello che solitamente viene interpretato come il momento di maggior sconforto, e forse di maggior “umanità” del Redentore. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mc 15, 34). È l’incipit del Salmo 21, che Cristo potrebbe anche aver recitato per intero: soprattutto perché, significativamente, si conclude col totale e fiducioso abbandono ai disegni del Padre.

In modo simile si può leggere la successiva invocazione di Gesù: Ho sete (Gv 19, 28). Perché non c’era solo la spossatezza fisica del Figlio dell’Uomo, ma anche e soprattutto un’arsura spirituale. «Più della fatica del corpo», si è detto, «Lo consuma la sete di anime».

È compiuto, disse allora il Crocifisso (Gv 19, 30). Il sacrificio di salvezza dell’umanità era ormai pienamente realizzato. Gesù aveva subìto dolori indicibili per evitare che noi avessimo a soffrirne perfino di peggiori a causa del peccato. Come ha sottolineato Papa Benedetto XVI, «Lui stesso ha già sofferto per le mie mancanze, ed è quindi anche il mio avvocato, il mio “paraclito”».

Papa Benedetto XVI
Papa Benedetto XVI

Aveva bevuto il calice e ricevuto il battesimo per cui Dio Lo aveva inviato nel mondo (Mc 10, 38). E ora poteva quindi gridare la sua estrema attestazione di fede. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito (Lc 23, 46).

Le Sue ultime parole, l’ultima delle Sue “sette parole”. Che tutte insieme costituiscono un testamento d’amore valido ieri, oggi e sempre, per tutti gli uomini di ogni tempo.