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Il prezzo della fama: storie di bullismo e molestie a Hollywood

La commissione Hollywood, guidata dall’avvocato Anna Hill, ha effettuato il terzo round di ricerche in merito al fenomeno del bullismo

Bullismo, Hollywood

Hollywood, selfie star Oscar

Le donne del mondo del cinema, specie a Hollywood, sono più soggette a molestie e bullismo da parte di un’industria spesso maschilista. La commissione Hollywood, guidata dall’avvocato Anna Hill, ha effettuato il terzo round di ricerche in merito a questo fenomeno. La Hill è diventata nota nel 1991 per via delle accuse di molestie sessuali a Clarence Thomas, l’allora candidato alla Corte Suprema degli USA. 

Nel rapporto della Hollywood Commission for Eliminating Harassment and Advancing Equality in the Workplace, guidato dalla Hill, si legge: “Hollywood ha un problema radicato ed endemico con il bullismo il quale è esacerbato da squilibri a livello di potere nell’industria”.

Bullismo: definizione della Hollywood Commission

Secondo la Hill, “Bullizzare poteva essere una norma accettata nel passato. Ma nel 2020 si capisce il male che causa un ambiente pieno di insulti umilianti e sarcasmo, il lancio di oggetti per rabbia e le parolacce”. Il bullismo in questo caso consiste in atteggiamenti e comportamenti aggressivi e intimidatori messi in atto dall’industria cinematografica nei confronti dei propri dipendenti (spesso e volentieri donne). I bulli sono supervisori che si occupano degli orari di lavoro dei dipendenti, delle loro paghe, delle mansioni e delle decisioni di licenziarli. Secondo Anna Hill, il bullismo altro non è che il prezzo da pagare per diventare famosi e fare carriera. In un ambiente tanto “splendente” quanto difficile come quello di Hollywood.

Fame di fama

Fenomeno (o disagio?) diffuso soprattutto tra i giovani (ma anche tra gli adulti) e caratterizzato da una serie di sintomi. Il più comune il desiderio di apparire e mostrarsi a ogni costo, pur di diventare dei volti noti e famosi.

A tale scopo vengono in aiuto i social networks, diventati vere e proprie “palestre” che permettono a questi volti nuovi di mettersi in gioco e prepararsi a una fama più grande. È possibile notare come negli ultimi anni sia nata una figura che ha ottenuto molti consensi da parte del popolo della rete: l’influencer: “per soggetto influente si intende un individuo che è in grado di influenzare in modo rilevante le opinioni e gli atteggiamenti degli altri in ragione della sua reputazione e autorevolezza rispetto a determinate tematiche o aree di interesse”.

Con il Web 2.0, l’influencer diventa fondamentale per lanciare dei messaggi alla sua ampia popolazione di “seguaci”.

È più importante essere o apparire?

Essere famosi soddisfa l’esigenza dell’uomo di “essere visto”, bisogno fondamentale fin da bambini, come ci insegna la letteratura psicanalitica. Se questo bisogno viene frustrato, ecco che nascono quelle che gli psicanalisti definiscono comunemente “ferite narcisistiche” e che, oggi giorno, le persone cercano di “curare” attraverso l’esposizione e la condivisione delle proprie vite e dei propri fatti privati sul web.

Dunque è più importante essere o apparire? Sembrerebbe una domanda dalla facile risposta. Eppure ci troviamo in un’epoca in cui l’apparire coincide con l’essere. Infatti “non siamo” se non appariamo.

Appareo ergo sum: appaio dunque sono

Cartesio recitava la famosa frase “Cogito ergo sum” (“penso dunque sono”). Ma oggi questo verbo può benissimo essere sostituito dal verbo “apparire”. Si sta infatti diffondendo l’idea che non siamo nessuno se gli altri non ci seguono sui social.

Non esiste più il concetto di privacy: ecco dunque l’importanza del “mettersi a nudo” sui social, della condivisione di ogni singolo attimo delle nostre vite con il popolo della rete.

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