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Esplosione via dei Gordiani: 50 feriti e due gravi, si indaga sulla sicurezza del deposito GPL

Il bilancio provvisorio è di 50 feriti, due gravi, entrambi ricoverati al Sant’Eugenio. Le loro condizioni, pur gravi, sono in miglioramento

Esplosione Roma, via dei Gordiani

Due esplosioni in rapida successione

Venerdì mattina scorso, 4 luglio 2025, poco dopo le 8, via dei Gordiani a Roma si è trasformata in uno scenario di emergenza. Un’autocisterna della Ecogas, condotta da Mauro Bagaglini, era appena arrivata per rifornire l’impianto di GPL dell’Eni Station. In quel momento Claudio Ercoli, dipendente del distributore, stava coordinando le operazioni. Durante le prime fasi di travaso, una fuoriuscita di gas ha provocato la prima esplosione, seguita da un incendio e, poco dopo, da una seconda deflagrazione ancora più violenta.

Il bilancio provvisorio è di circa 50 feriti, tra cui due gravi: lo stesso Bagaglini ed Ercoli, entrambi ricoverati al Sant’Eugenio. Le loro condizioni, pur gravi, sembrano in leggero miglioramento.

Le telecamere di sorveglianza e le possibili prove chiave

A riprendere le concitate sequenze sarebbe stata una telecamera di vigilanza del vicino deposito di materiali ferrosi Mcr, che si trova accanto al distributore e che, insieme all’impianto GPL, è stato posto sotto sequestro preventivo. Il video, che copre l’arco temporale tra le 8:00 e le 8:18, potrebbe rivelarsi determinante per ricostruire la catena di errori che ha innescato le due esplosioni.

Secondo fonti investigative, l’attenzione si concentra su un possibile ritardo di circa sei minuti tra la prima perdita di gas e la chiamata al numero di emergenza 112. I vigili del fuoco della squadra Tuscolano II sono arrivati sul posto alle 8:12, ma a quell’ora le fiamme avevano già avvolto gran parte dell’area.

Sicurezza del sito: indagini sui sistemi antincendio e normative

Le prime verifiche non hanno evidenziato anomalie macroscopiche nei sistemi di sicurezza, ma restano interrogativi cruciali. La normativa impone per impianti sotto e sopra i 13 metri cubi la presenza di allarmi sonori, estintori e reti di idranti. Sarà fondamentale accertare se questi dispositivi fossero presenti, funzionanti e – soprattutto – utilizzati.

Molti si chiedono perché all’arrivo dei vigili del fuoco “già bruciava tutto”. Per fare chiarezza, oggi è previsto un vertice in Procura con il procuratore aggiunto Giovanni Conzo e gli investigatori della Squadra Mobile guidati da Roberto Pititto. L’esito dell’incontro potrebbe imprimere una svolta alle indagini.

Possibili indagati e reati contestati

Gli inquirenti non escludono di iscrivere i primi nomi nel registro degli indagati già nei prossimi giorni, ipotizzando reati di disastro colposo, lesioni e violazioni ambientali. Tra questi potrebbero figurare sia i due feriti – Bagaglini ed Ercoli – che i loro superiori e i responsabili della manutenzione dell’impianto.

Per ora si tratta di atti dovuti, precisano fonti giudiziarie, in attesa di stabilire responsabilità precise.

Un’area ad alta densità: scuole, centri sportivi e depositi

Il distributore sorge in un contesto urbano particolarmente sensibile. Attorno all’impianto sono stati costruiti negli anni una scuola materna, una primaria, e la Polisportiva Villa De Sanctis, frequentata quotidianamente da centinaia di bambini e residenti. A poche decine di metri, il centro di raccolta metalli Mcr custodiva, secondo quanto riferito dai gestori ai pompieri, bombole di gas pericolose. Un fattore che potrebbe aver aggravato il rischio in caso di incidenti.

Il mistero del travaso solitario

Restano da chiarire anche i ruoli di Bagaglini ed Ercoli nelle fasi immediatamente precedenti la tragedia. Il primo, sentito dalla polizia nonostante le condizioni critiche, ha riferito di trovarsi nel gabbiotto di sorveglianza al momento dell’esplosione. Il secondo, meno grave e ormai non più intubato, sarebbe stato già sceso dall’autocisterna e impegnato da solo nel travaso del GPL. Un’operazione che solitamente richiede la presenza di più operatori per garantire sicurezza e tempestività d’intervento.

Gli inquirenti si chiedono se la procedura fosse corretta e se sia realistico – o normativamente consentito – che un autista effettui in autonomia un’operazione di tale portata.