Prima pagina » Interviste » “Dottore ho la febbre, che faccio?”: risponde Bartoletti, vicepresidente Ordine Medici di Roma

“Dottore ho la febbre, che faccio?”: risponde Bartoletti, vicepresidente Ordine Medici di Roma

Pierluigi Bartoletti, vicepresidente dell’Ordine Medici di Roma ci spiega in modo davvero chiaro cosa fare se abbiamo la febbre

Pierluigi Bartoletti

Pierluigi Bartoletti

Pierluigi Bartoletti, vicepresidente dell’ordine dei Medici di Roma, ci spiega in modo chiaro e semplice cosa si deve fare e come si comporterà il medico di base (ed eventualmente la rete sanitaria Asl) in caso di febbre e di sospetto caso Covid.

“Dottore ho la febbre, cosa faccio?”, l’intervista al vicepresidente Bartoletti

“Mettiamo che una persona si svegli con 37.2. La prima cosa che vrebbe fatto lo scorso anno è aspettare di vedere se la febbre cala o si alza e prendere degli antipiretici. Oggi invece chiamiamo il medico di base. Il medico generale ci farà alcune domande. Innanzitutto per capire se, possiamo essere un soggetto fragile per il Covid. Ad esempio se chi ha chiamato è una donna, o è giovane sotto i 60 anni, e non è in sovrappeso o diabetico, il medico e il paziente, possono restare calmi. Se la persona è un uomo, sopra i 60 anni, diabetico, immunodepresso o in forte sovrappeso, il medico dee preoccuparsi di più. Il medico domanderà anche se la persona in questione vive con un anziano/a. A questo punto, il paziente deve fare il test per rilevare eventuale Sars-coV-2.

Ci sono tre opzioni per fare il tampone: se la persona è autonoma si reca al primo drive-in a farlo, se non lo è e/o vive con un anziano, il medico di base contatta la Asl di appartenenza del paziente e viene mandata l’Unità speciale Covid che fa il tampone, oppure va direttamente il medico di base a fare il tampone (ma se lo ha). Vorrei dire che il medico non viene perché non è utile e può essere rischioso.

Nel caso in cui la persona sia positiva si valuterà se deve rimanere a casa, come nella maggior parte dei casi, o venire ricoverata. La risposta al tampone deve avvenire entro un giorno o due. Mettiamo che la persona sia positiva, in salute e giovane. “.

Il saturimetro, lo strumento più utile nella diagnosi differenziale

Dottor Bartoletti, il saturimetro è uno strumento che possiamo avere in casa e usare tutti?

“Il saturimetro è un ottimo strumento da avere a casa in questo periodo di pandemia. Ma occorre usarlo con le giuste accortezze. Se il tampone è positivo ci aiuta a distinguere l’ansia dai sintomi di una polmonite. Senza questo strumento anche un medico all’inizio può fare poco. “Bussare al torace” del paziente non è utile a rilevare la polmonite, perché nei primi sei giorni i rantoli a piccole bolle sono difficili da sentire.

Il saturimetro misurando l’ossigeno nel sangue può invece venirci in aiuto. Questo piccolo strumento che si applica ad un dito come una pinza, va utilizzato dopo un piccolo sforzo. La persona deve fare un giretto di sei minuti per casa oppure si siede su una sedia e si alza e abbassa per un minuto. A quel punto si misura l’ossigeno. Attenzione a non misurarlo dopo essere stati al freddo (anche in balcone). Non bisogna usarlo con le mani fredde e non con lo smalto. Va bene anche un apparecchio sui 30 euro.

Va letto vedendo anche i battiti cardiaci: se sono alti si tratta di ansia. Avremo quindi due valori: saturazione e battiti. Se ad esempio abbiamo 107 battiti e 95 di ossigeno è agitazione. Bisogna far abbassare a circa 80 battiti -72 e lo si misura di nuovo. Sempre con mani calde, in un ambiente riscaldato consono all’inverno.

La sirena dell’ambulanza si accende se da 98 all’improvviso si scende a 94 come valore di ossigeno. Ricordo che chi ha un coinvolgimento polmonare non boccheggia, non c’è sofferenza respiratoria che modifica l’eloquio”.

Lascia un commento