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Decreto Semplificazioni. Era il più urgente, perché arriva per ultimo?

Il vero problema è che coloro che dovrebbero scrivere le nuove regole sono spesso i primi a non volerle, i più acerrimi nemici del Decreto Semplificazioni

Decreto Semplificazioni, ufficio pubblico

Decreto Semplificazioni, ufficio pubblico

Decreto Semplificazioni: “Ultimo a comparir fu Gambacorta”. L’origine di questo detto è incerta, ma sul web ho trovato una divertente filastrocca per bambini, di Lina Schwarz, che calza a pennello con la nostra situazione. La filastrocca dice: “L’ultimo a comparir fu Gambacorta. E chi vien prima? Il cuoco con la torta. E prima ancora? Un asino a cavallo, e prima ancora? Un mandarino giallo”. Se ci pensate ci sono tutti i protagonisti del Covid-19 italiano: Gambacorta, il decreto semplificazione che arriva buon ultimo. Prima c’è stata la torta dei contributi, da distribuire in tante fette, anch’essi tardivi ma meglio di niente; prima ancora, un asino a cavallo, figura che rappresenta plasticamente qualcuno che sa poco ma si pavoneggia sul suo destriero. Potrebbero essere i tanti non-esperti che in televisione hanno sproloquiato in questi mesi, dicendo tutto ed il contrario di tutto, sbagliando ogni volta con tanta presunzione. E prima ancora? Manco a dirlo, un mandarino giallo. Qualcosa che viene dal paese dei Mandarini, forse da Wuhan.

I compagni di viaggio sbagliati

La filastrocca suggerisce tante metafore divertenti, ma qui parliamo di cose serie, come il Decreto Semplificazioni che, come Gambacorta, chissà perché, arriva per ultimo. Ho detto più volte che criticare è più facile che governare. Sicuramente più facile che Governare un’emergenza. Per questo ho dato fiducia e appoggio al Governo. Ma il Governo si è auto-commissariato quasi subito, offrendo il fianco prima ai dubbi e poi alle critiche. Si dice: “meglio soli che male accompagnati” e penso che Conte abbia probabilmente scelto male la compagnia, affidandosi, anzi legandosi, mani e piedi ai suoi compagni di viaggio che sono stati l’Istituto Superiore di Sanità e le affollate e numerose “task force”.

Scelte sanitarie sicure ma anche suicidio economico

Intendiamoci, non si può sostenere che l’I.S.S. abbia sbagliato. Bisognava combattere il virus e l’ha fatto con buoni risultati. Semmai, si può criticare che abbia scelto la soluzione più semplice, quella di chiudersi in casa, ma non possiamo dire che sia stato un errore. Certo, ha provocato un mezzo suicidio economico, ma la missione dell’I.S.S. non è la difesa dell’economia. Quello è compito del Governo e dei suoi Ministri, primi tra tutti quelli delle finanze e dello sviluppo economico.

La cintura di castità dell’Istituto Superiore di Sanità

L’I.S.S. ha fatto come i condottieri medievali che partivano per le Crociate. Per impedire alle loro pulzelle di cadere in tentazione, mettevano un bel lucchetto alla cintura di castità e via. Di provare piacere se ne parla eventualmente al ritorno dalla guerra. La colpa dell’I.S.S., l’ho scritto più volte, è stata quella di aver chiuso la porta ai contributi esterni e di aver quasi criminalizzato chi, come la Regione Veneto, avvalendosi di opinioni diverse da quella ufficiale, ha scelto, sotto la guida di esperti capaci, strade diverse ma vincenti. Strade che hanno dimostrato di rispondere meglio all’attacco del virus. Ma l’I.S.S. ha anche colpevolmente ignorato le terapie di coloro che ottenevano eccellenti risultati senza aspettare un miracolo o l’arrivo di un vaccino improbabile e non sicuro. Ma ormai è acqua passata. Acqua che tuttavia ha un bel po’ corroso i rapporti tra cittadini e istituzioni, lasciando per giunta, dietro di sé, una lunga scia di morti.

Arriva il Decreto Semplificazioni: “Si doveva semplificare prima”

Ma guardiamo avanti e cominciamo a pensare a cosa vorremmo che succedesse adesso, che dobbiamo ricostruire sulle macerie lasciate dal micidiale incontro di Covid e Lockdown che, come “nitro” e “glicerina” hanno fatto saltare in aria l’economia italiana. Ci si può rialzare in diversi modi: con le proprie forze, con il supporto di un macchinario o con l’aiuto di un amico. Ma prima ancora dobbiamo fare una domanda al Governo: perché “l’ultimo a comparir” sarà il decreto semplificazione? Non sarebbe stato meglio che arrivasse prima? Sarebbe stato un bel segnale se fossero arrivati in modo semplice e diretto gli aiuti ai cittadini e alle imprese in difficoltà. Sarebbe stato confortante vedere che la sospensione dei mutui e la dilazione delle tasse facevano parte di un percorso di semplificazione della vita dei cittadini.

Un’occasione persa per ottenere la fiducia dei cittadini

Oggi saremmo tutti più fiduciosi se il Governo avesse deciso, come avvenuto in altri Paesi, di fare arrivare direttamente i soldi sul conto corrente degli italiani, magari utilizzando l’Agenzia delle Entrate, che di noi sa già quasi tutto. Senza affidarsi alla mediazione delle Banche che, in attesa di direttive precise, stanno solo dicendo di no. Si poteva semplificare prima, facendo arrivare immediatamente i soldi della Cassa Integrazione alle Aziende, che in un momento così critico hanno dovuto provvedere ad anticipare i soldi ai loro dipendenti. Sarebbe stata una bella semplificazione l’immediato rinvio del pagamento delle tasse all’anno prossimo, magari anche rateizzandole. Ma si sarebbe potuto decidere anche il semplice slittamento dei mutui per alcuni mesi. E non solo per la prima casa, ma anche per chi ha investito, confidando nel futuro, in una seconda casa o in un negozio. Provvedimenti che avrebbero fatto capire agli italiani che il Governo aveva un quadro chiaro dei problemi e sapeva come affrontarli.

Per rialzarsi ci vorrebbe un amico

Veniamo ora a come rialzarci. Nel mio articolo del 12 maggio ho detto quali sono a mio avviso le 5 mosse da fare per ripartire immediatamente, quindi non ci tornerò. Voglio concentrarmi invece sulla semplificazione. Tra i modi per rialzarsi, che ho prima accennato, il migliore è quello di essere aiutati da un amico e spiego perché. Farcela da soli, ammesso che sia possibile, richiederebbe uno sforzo sovrumano, che non si può richiedere a chi sta già a pezzi. L’utilizzo di un macchinario – o un marchingegno, che in questo caso potrebbero essere gli aiuti esterni del tanto discusso MES – potrebbe comportare dei rischi, che si possono affrontare solo dopo aver visto le carte sul tavolo. Quindi opto per un aiuto amico, che seguendo la metafora sarebbe una sorta di fisioterapista, che conosce il problema e sa dove mettere le mani perché è il suo mestiere. Il fisioterapista al quale penso si chiama Pubblica Amministrazione.

Burocrazia e pubblica amministrazione

Sembra un paradosso, vero? Affidarsi alla pubblica amministrazione dopo aver detto per anni che il nostro problema è la burocrazia. Ma se il problema è la burocrazia, può salvarci solo una buona pubblica amministrazione. Anni e anni di burocrazia ottusa hanno riempito di acqua sporca la nostra bacinella, ma dentro la bacinella c’è anche un bambino, innocente, che sarebbe sciocco buttare via con l’acqua sporca. E quel bambino sono i tantissimi funzionari onesti, capaci, responsabili e volenterosi che da anni si battono contro la burocrazia che ha occupato i loro uffici.

Quando un servizio è veramente tale

Nel 2008 pubblicai un libro dal titolo emblematico: “La macchina inceppata – Cittadino e pubblica amministrazione tra controllo e responsabilizzazione”, nel quale illustravo le cause per le quali la macchina della P.A. era inceppata e suggerivo alcune soluzioni che, dopo più di dieci anni, sono ancora valide e attuali. La P.A. eroga servizi ai cittadini, ma un servizio è tale solo se chi lo riceve lo percepisce come tale. Quindi il servizio si sostanzia nella capacità di rispondere a una necessità, soddisfacendola con competenza, precisione, rapidità ed educazione. Recatevi a un qualunque sportello pubblico e ditemi se avete l’impressione di ricevere un servizio. Chiaramente no. Quindi serve una riforma che trasformi la P.A. in una macchina efficiente erogatrice di servizi dei quali i cittadini siano finalmente soddisfatti. Per farlo bisogna abbattere le due roccaforti, del potere individuale dei funzionari e della disorganizzazione, due facce della stessa medaglia.

Decreto Semplificazioni: una battaglia che si può vincere

Qualcuno sta già pensando che sia una battaglia persa in partenza, ma non è affatto vero. Nella P.A. ci sono tantissimi funzionari che vogliono essere “al servizio” dei cittadini, che desiderano essere ben organizzati in procedure chiare e semplici che consentano loro di essere il “fisioterapista” che può farci rialzare. Specialmente oggi che sono entrati nella P.A. centinaia di giovani, con le loro capacità e i loro sogni, pronti a costruire il futuro. Ma le procedure con le quali hanno a che fare e le leggi che le regolano favoriscono la fuga dalle responsabilità che non espone a rischi, alla ricerca del cavillo ostativo che impedisce la soluzione, ad affidarsi ad interpretazioni che costruiscono nodi anziché scioglierli. Un pantano dal quale può salvarci solo la benevolenza del funzionario o del dirigente di turno, elargita come favore, nel caso del mero esercizio del potere o come contropartita di un vantaggio economico, quando il funzionario è corrotto.

Il coraggio di rompere i fortini del potere

E’ questo il nemico con il quale dovrà confrontarsi il Decreto snellimento. Ma il vero problema è che coloro che dovrebbero scrivere le nuove regole sono spesso i primi a non volerle, i più acerrimi nemici dello snellimento e della semplificazione. Per battere questi nemici bisogna inseguirli in tutti le roccaforti del loro potere, smantellandole senza nessun riguardo. Cominciando dal potere di veto di chi, anziché essere al servizio delle tutele è al servizio di sé stesso, finendo con l’ingabbiare in un’armatura pesante e soffocante chiunque abbia voglia di fare impresa. Quindi la battaglia si prospetta epocale e servono alleati dentro e fuori della P.A. Servono soprattutto dirigenti che credano in questa rivoluzione e politici che li assecondino. Il Premier Conte e la sua squadra avranno la forza di farlo? “Qui si parrà di tua nobilitate”, direbbe il sommo poeta.

Decreto Semplificazioni: “E l’amministrazione Raggi che fa?”

Nella mia lunga carriera di dirigente pubblico ho incontrato pochissimi politici che credevano in questa rivoluzione. Ma quando li ho trovati, come successe con la Giunta capitolina guidata da Francesco Rutelli, si è aperta la possibilità di fare, insieme ad altri colleghi, qualcosa di straordinario. Qualcosa che consentì di gestire grandi interventi di trasformazione della Città con tempi che sarebbero stati impensabili prima e senza rischi di corruzione. Un’eccezione nella storia recente di Roma. Voglio concludere questo ragionamento proprio parlando della situazione di Roma, sulla quale molti mi hanno spesso sollecitato. Non vorrei sparare sulla Croce Rossa, ma qualche giorno fa ho letto questa dichiarazione della sindaca Raggi: “Semplificare tutto, come sul ponte a Genova o qui si rischia la rivolta”.

Virginia se ci sei batti un colpo

Preoccupazione legittima, ma tardiva cara Sindaca. Perché una buona organizzazione degli uffici e delle procedure è già di per sé un grande strumento di semplificazione e molti cambiamenti si possono fare senza aspettare leggi speciali e senza nominare commissari. Invece i professionisti, gli imprenditori e i cittadini romani sono costretti quotidianamente a fare inutili e spesso disperate file davanti alle stanze di funzionari incerti o mal guidati. Ma l’Amministrazione capitolina, finora, non ha nemmeno voluto ascoltare i consigli di chi con la semplificazione si è già misurato, ottenendo risultati preziosi, azzerati poi dagli ultimi 15 anni di abbandono. L’Amministrazione capitolina avrebbe già potuto fare molto e molto potrebbe ancora fare, senza attendere l’intervento miracoloso del Governo. Cosa altro possiamo dire? Virginia, se ci sei, batti un colpo.

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