Conclave, -1: quale giuramento dovranno osservare i partecipanti e perchè
Non solo i cardinali, ma chiunque ne sia all’interno: scomunica a chi infrange il veto. Nessun contatto con l’esterno consentito

Cappella_sistina_michelangelo
C’è un silenzio che non è semplice assenza di parole. È un voto, una scelta, un confine netto tracciato tra ciò che è sacro e ciò che deve restare segreto. Questo è il contesto in cui, tra le mura discrete della Cappella Paolina, prende forma il giuramento di chi sarà ammesso, in ruoli differenti ma complementari, all’interno del Conclave. Un momento solenne, lontano da telecamere e cronisti, dove medici, addetti alla mensa, ascensoristi, cerimonieri e ufficiali della Guardia Svizzera giurano di non parlare. Mai. Neanche tra molti anni. Non è un atto cerimoniale, ma un vincolo reale, che comporta la pena più severa prevista dal diritto canonico: la scomunica latae sententiae, automatica, senza necessità di giudizio.
Conclave, la formula del giuramento
Il giuramento coinvolge decine di persone che, pur non facendo parte del Collegio dei Cardinali, entreranno a vario titolo nel perimetro operativo del Conclave: il segretario del Collegio, il maestro delle Celebrazioni Liturgiche, i cerimonieri, i religiosi delle confessioni, ma anche gli infermieri, il personale di pulizia, gli autisti che accompagneranno i cardinali dalla Domus Sanctae Marthae alla Cappella Sistina. Tutti sono tenuti allo stesso silenzio, sottoposti allo stesso obbligo, responsabilizzati nella stessa misura.
La formula è precisa, intransigente. Oltre al segreto su quanto visto o ascoltato, il giuramento include l’obbligo di non utilizzare dispositivi di registrazione o comunicazione di alcun tipo, nemmeno passivamente. Non esistono attenuanti. L’infrazione, se commessa, equivale a una rottura insanabile con la Chiesa.
Nel mondo iperconnesso in cui viviamo, dove anche i luoghi più remoti sono raggiunti da segnali, Wi-Fi e dirette streaming, l’atto di disconnessione radicale richiesto a chi partecipa al Conclave appare quasi anacronistico. Ma è esattamente questo a rendere quel momento così potente. È un ritorno all’essenziale, alla sobrietà rituale. Non c’è nulla di spettacolare nel giuramento. Nessun palco, nessun annuncio. Solo una formula recitata a voce ferma, davanti al camerlengo Kevin Joseph Farrell e due testimoni silenziosi. Una frase finale che lega parola e fede: “Così Dio mi aiuti e questi Santi Evangeli, che tocco con la mia mano”.
Conclave, perchè il giuramento è necessario
La necessità di proteggere la riservatezza del Conclave non è solo una questione liturgica. È un problema molto concreto di equilibrio e legittimità. La Chiesa sa che la credibilità del processo elettivo del nuovo Papa passa anche dalla percezione della sua integrità. Qualsiasi fuga di notizie, anche involontaria, anche parziale, rischierebbe di compromettere la fiducia nel risultato.
Per questo il Vaticano ha costruito negli anni una macchina logistica raffinata, che combina antiche tradizioni e protocolli moderni. Nessun contatto con l’esterno. Niente telefoni, niente accessi non controllati. Anche il personale tecnico — dalla Floreria Vaticana ai servizi di trasporto — viene selezionato con cura e formato sul significato del giuramento.
E proprio in quella formazione, prima della sottoscrizione della formula, si insinua l’aspetto più umano di questo processo: chi giura lo fa con piena consapevolezza. Non è un atto cieco, ma un impegno assunto dopo aver compreso a fondo il proprio ruolo all’interno di un evento che va ben oltre la routine lavorativa.