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Caos sui taxi a Roma: lo sciopero del 22 settembre e i clienti costretti a spostarsi a piedi

La questione è come costruire un sistema che regga i colpi delle emergenze. In una metropoli come Roma, lo sciopero del 22 settembre non può rimanere un fatto isolato

Taxi a Roma in Piazza Esedra

Lunedì 22 settembre 2025 entrerà nella memoria di molti romani e pendolari con una sola parola: disastro. Lo sciopero dei trasporti e la manifestazione in zona Termini hanno generato una crisi completa nella mobilità, respingendo clienti e conducenti in una corsa al rialzo di tariffe, lunghe attese e tensioni. A raccontarlo è, tra gli altri, Raffaele Salina, segretario nazionale Fast Confsal Taxi, che denuncia condizioni “infernali” per chi doveva spostarsi. Dietro questa emergenza quotidiana si nascono nodi mai risolti nel sistema urbano e nel rapporto fra domanda e offerta dei servizi di trasporto.

Di seguito una ricostruzione precisa dei fatti, dei numeri ufficiali e delle conseguenze, con occhi puntati su chi è rimasto prigioniero della città.

Lo sciopero che paralizza Roma: orari, modalità, effetti

La giornata del 22 settembre è stata segnata da uno sciopero nazionale di 24 ore, promosso da sindacati autonomi e realtà di base in solidarietà con Gaza. Il settore del trasporto pubblico è stato uno dei più colpiti: treni, autobus, tram e metropolitane sono stati coinvolti, con fasce di garanzia limitate e ampie fasce di blocco.

A Roma, il servizio Atac (bus, tram, metropolitane, ferrovie urbane) e gli operatori privati sono rimasti non garantiti tra le 8:30 e le 17:00, e poi di nuovo dalle 20:00 in poi, salvo fasce residue garantite tra le 17:00 e le 20:00. Le linee notturne sono state anch’esse soggette a sospensioni o riduzioni, e in molte stazioni metro e ferroviarie non è stato garantito il funzionamento di scale mobili, ascensori e montascale.

Sul fronte ferroviario, l’adesione all’agitazione ha colpito anche Trenitalia, Italo e altri operatori, con cancellazioni o modifiche sulla rete nazionale e regionale. Le motivazioni, dichiarate dagli organizzatori, includono la condanna dell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e la denuncia del coinvolgimento politico e militare italiano nei legami con Israele.

In città, il traffico su strade e tangenziali ha subito rallentamenti, mentre manifestanti hanno parzialmente bloccato tratti della tangenziale est e occupato parti della viabilità urbana, aggravando ulteriormente la situazione della mobilità.

Termini sotto assedio: manifestazione, folla, ordine pubblico

Una delle situazioni più critiche si è concentrata nella zona della stazione Termini. La manifestazione convocata da Usb e sigle pro-Pal ha registrato raduni già dalle 11:00, con cortei e presidi nell’area di Piazza dei Cinquecento e limitrofe. Le forze dell’ordine hanno disposto la chiusura di alcune aree e controlli nei pressi della stazione per evitare assembramenti incontrollati.

Per i taxi, la situazione è diventata insostenibile: non poter raggiungere clienti in attesa sui marciapiedi della stazione è stato il problema principale denunciato da associazioni e rappresentanti del settore. Le modalità dell’evento, la densità di persone e i provvedimenti di blocco hanno creato “buchi” nel servizio: clienti costretti a spostarsi a piedi, scalini, zone distanti per trovare un veicolo. In certi casi, si parla di decine o centinaia di metri percorsi a piedi, con bagagli, nel caldo e nell’incertezza.

Intervista a Salina: “Una doppia odissea per clienti e tassisti”

Nel mezzo del caos, Raffaele Salina (Fast Confsal Taxi), riferisce con tono misurato ma risoluto l’esperienza sul campo:

«Un’odissea per noi prendere i clienti, un’odissea per i clienti trovare un taxi. Siamo stati danneggiati quanto loro in questo infernale lunedì 22 settembre. C’è chi ha approfittato di questa situazione per far lievitare i prezzi di una corsa oltre il lecito, e parlo di multinazionale Uber.»

Dietro queste parole c’è una denuncia concreta: che in assenza di offerta regolare, chi controlla una parte del mercato (piattaforme digitali) può far leva su una domanda disperata. Non è la prima volta che si sollevano queste accuse in contesti di emergenza trasportistica. Uber, a Roma, è presente con servizi “Black” o varianti premium: già in condizioni normali i costi sono più elevati rispetto a un taxi tradizionale. Ma in una giornata come quella del 22 settembre, la disparità di potere contrattuale e il dato reale dell’assenza di alternative hanno ampliato il margine di “abuso” percepito.

Salina non giustifica, ma invita a distinguere fra pratiche fraudolente e domanda condizionata dallo scenario: «In condizioni normali un taxi costa X, in emergenza non può costare 3X, 4X, 5X». Le forme di controllo sul sistema tariffario e sulla regolamentazione delle piattaforme digitali diventano cruciali, secondo lui, per evitare che simili episodi si ripetano.

Chi ha pagato il prezzo maggiore: pendolari, viaggiatori e fragili

I danni non sono equamente distribuiti. Chi già viveva una marginalità nella mobilità quotidiana (anziani, disabili, pendolari senza auto) è stato messo in ginocchio. In molti casi, chi doveva raggiungere ospedali, visite mediche, impegni lavorativi non ha potuto farlo, o lo ha fatto con difficoltà tali da diventare una sfida. In assenza di trasporto pubblico, il taxi – unica alternativa ambulante – è diventato luogo di negoziazione estrema, con corse fissate nell’attimo e a prezzi spesso arbitrari.

Turisti e passeggeri in arrivo nelle stazioni ferroviarie si sono trovati in situazioni analoghe: code di ore, impossibilità di accedere a mezzi comuni, indecisioni su percorso e costo. Le testimonianze raccolte in zone limitrofe alla stazione Termini parlano di clienti che hanno abbandonato la zona sperando di beccare un taxi altrove, o si sono avventurati su mezzi privati non autorizzati rischiosi.

A peggiorare il quadro, in qualche caso le forze dell’ordine hanno interdetto l’accesso ai marciapiedi nella stazione per motivi di ordine pubblico, impedendo la sosta dei taxi in prossimità della banchina. Tutto ciò ha drenato il servizio verso vie secondarie, più lontane e spesso non visibili ai clienti.

Uber nel mirino: opportunismo o libertà di mercato?

L’accusa lanciata da Salina nei confronti di Uber – azienda globale con struttura digitale – non è nuova. In molte grandi città, le piattaforme digitali vivono di flessibilità, algoritmi dinamici e capacità di modulare i prezzi in tempo reale (surge pricing). In condizioni eccezionali la discrepanza rispetto ai taxi tende a dilatarsi. Ciò che in un giorno ordinario può essere una differenza accettabile, in un giorno di blocco totale diventa una disuguaglianza palese.

A Roma, per Uber è previsto principalmente il servizio “Black”: vetture premium a tariffa più alta e con meno disponibilità. Ciò significa che in una crisi dei servizi ordinari, quella che doveva essere un’opzione residuale diventa per molti la sola via possibile — e di fatto meno “residuale” in termini di domanda.

Tuttavia, la piattaforma può rispondere che il suo prezzo è il risultato di algoritmi, domanda e offerta, e che in giornate di straordinaria richiesta – come quella – l’equilibrio collassa. La questione, allora, diventa politica: fino a che punto lo spazio digitale può essere lasciato privo di vincoli in condizioni così squilibrate?

Verso un’audizione o un regolamento? Le risposte possibili

Il 22 settembre non è un caso isolato, ma uno specchio esasperato delle fragilità del sistema urbano: quando il trasporto pubblico vacilla, chi paga è chi non ha alternative. Ci sono due direttrici sulle quali le istituzioni locali e nazionali dovranno intervenire.

  1. Controllo sulla regolamentazione tariffaria delle piattaforme digitali
    Occorre ridefinire strumenti di garanzia e trasparenza nei servizi ride-hailing, per evitare che, in condizioni critiche, emergano “zone d’abuso”. Un sistema di monitoraggio, magari gestito da autorità locali o da un organismo indipendente, potrebbe impedire salassi sproporzionati.
  2. Preparazione preventiva nei giorni di sciopero e mobilitazioni
    Se lo sciopero è noto in anticipo — come in questo caso — le amministrazioni comunali e gli enti di trasporto potrebbero predisporre misure straordinarie: corsie preferenziali per taxi, punti di incontro stabiliti a distanza ragionevole, coordinamento con le forze dell’ordine per garantire l’accesso ai veicoli, comunicazione preventiva chiara ai cittadini.

Una mozione già annunciata da alcune realtà locali punta a convocare un’audizione fra l’Assessorato alla Mobilità di Roma, le associazioni dei tassisti e le piattaforme digitali, con l’obiettivo di fissare paletti condivisi.

Il 22 settembre come allarme

Quella del 22 settembre è stata una giornata che illumina con forza i limiti strutturali della mobilità urbana in condizioni critiche. Il blocco del trasporto pubblico ha spinto la città in un collo di bottiglia, esaltando un problema noto ma spesso rimandato: la fragilità delle alternative al servizio pubblico.

Da un lato, i tassisti si sono trovati a competere non solo con la domanda, ma con una concorrenza che gioca su leve diverse — algoritmi, visibilità, flessibilità. Dall’altro, l’utenza — già penalizzata nelle fasce meno servite — ha sperimentato la misura, spesso drammatica, del vuoto di mobilità.

In questo contesto, la questione è come costruire un sistema che regga i colpi delle emergenze. In una metropoli come Roma, lo sciopero del 22 settembre non può rimanere un fatto isolato, ma occasione per ripensare modelli, regole, tutele. Perché nella prossima giornata nera, non si ripeta — per alcuni — l’ennesima odissea.