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Covid è tornato, ma i numeri non lo dicono: cosa sappiamo della “variante Stratus”

“Appena tornato a studio a settembre, soltanto nel primo giorno di ambulatorio, ho intercettato quattro persone positive al Covid”

Via del Corso, con mascherina a passeggio con cane

Nelle strade di Roma, in questi giorni, si vedono di nuovo mascherine – un’immagine che molti credevano ormai archiviata. Eppure non è un ritorno al passato: è la spia che il Covid circola ancora, con vigore. Le testimonianze, i dati ufficiali e le nuove strategie vaccinali raccontano un quadro “a metà”, con segnali reali che convivono con statistiche sottostimate. Ecco cosa sappiamo finora.

Sintomi del nuovo Covid e discrepanze nei dati

“Appena tornato a studio a settembre, soltanto nel primo giorno di ambulatorio, ho intercettato quattro persone positive”. Parola di Pier Luigi Bartoletti, vicesegretario nazionale della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale). Le lamentele che emergono dalle settimane appena trascorse sono ricorrenti: compagni di classe assenti per qualche giorno, amici che saltano appuntamenti sociali, pazienti che rinunciano a consulti in presenza perché «ho il Covid». I sintomi riferiti convergono: tosse persistente, forte mal di gola, febbre, sensazione d’affaticamento.

Eppure i dati ufficiali sembrano raccontare un’altra storia. Nella regione – nel testo iniziale – si parla di 118 nuovi contagi, nella settimana precedente 108, con un tasso di positività stabile intorno al 2 %. Ma in un contesto dove il tampone in farmacia o l’auto-isolamento senza segnalazione sono ormai prassi diffusa, quel “2 %” rischia di rappresentare solo la punta di un iceberg. «Ora i dati tengono conto soltanto di chi viene trovato positivo in ospedale – continua Bartoletti – Non c’è più obbligo di comunicazione né da parte delle farmacie né degli ambulatori privati».

La conseguenza è che il quadro “ufficiale” è sfocato, e la diffusione reale del virus appare più intensa di quanto diano a vedere le statistiche pubbliche. Secondo stime “di prassi” dei medici, si può parlare — a livello nazionale — di circa 3.500 casi al giorno, con almeno un caso al giorno tra gli assistiti pratici per molti medici di famiglia. È la realtà che si percepisce nel quotidiano, più che nei bollettini.

La variante Stratus: origini, caratteristiche e diffusione

A complicare il contesto vi è la nuova variante nota come Stratus (sigla XFG), individuata come sottovariante di Omicron in ricombinazione (derivazione da lignaggi LF.7 e LP.8.1.2) e catalogata dall’OMS come “variant under monitoring”, ossia una variante sotto osservazione.

Secondo studi recenti e comunicazioni divulgative, Stratus possiede mutazioni nella proteina Spike (ad esempio nelle posizioni T478K e N487D) che potrebbero favorire una parziale evasione immunitaria, pur senza segnali precisi di maggiore gravità. I modelli comparativi indicano che XFG mostra un vantaggio di crescita rispetto ad alcuni lignaggi co-circolanti.

Quanto alla diffusione, il quadro che emerge dai report nazionali è un modesto ma continuo aumento. Nell’ultima settimana di agosto (28 agosto – 3 settembre), in Italia sono stati segnalati 2.052 casi, contro i 1.391 della settimana precedente (incremento rilevato dal ministero della Salute). Le regioni con il maggior numero di casi sono Lombardia (532), Campania (319) ed Emilia-Romagna (254) secondo l’ultimo report.

Gli esperti, tuttavia, invitano alla cautela: non si osservano finora impatti consistenti in termini di ricoveri o mortalità, né evidenze certe che la malattia da Stratus sia più grave rispetto alle varianti precedenti. In particolare, anche di fronte all’aumento dei contagi, gli ospedali non mostrano al momento un’elevata pressione legata al Covid — almeno non su larga scala.

I sintomi descritti da testate specialistiche e fonti divulgative riflettono una “combinazione classica” con qualche elemento distintivo. Tra i più segnalati: mal di gola intenso o raucedine, tosse, congestione, febbre leggera o moderata, affaticamento e dolori muscolari. In alcuni racconti clinici è emergente anche la voce roca/raucedine come segno peculiare, anche se non esclusivo. È importante sottolineare che tali manifestazioni non appaiono sostanzialmente più gravi di quelle riconosciute nelle ondate precedenti.

Cosa non dicono i numeri — e cosa può fare chi è “fragile”

Il punto di rottura tra percezione diffusa e rapporti ufficiali si gioca sul terreno della sottostima. Nel modello attuale, i casi accertati sono in gran parte quelli con tampone ufficiale. Ma molte persone usano test rapidi domestici — che non vengono comunicati alle autorità sanitarie — o evitano ogni segnalazione. E talvolta, pur avendo sintomi, rinunciano al test e restano a casa.

Questa discrepanza ha un effetto pratico: le decisioni di salute pubblica rischiano di basarsi su dati già filtrati, incompleti. Inoltre, dal 1° ottobre 2022 è cessato l’obbligo di comunicazione dei casi da parte di farmacie e ambulatori privati, una misura che ha ridotto ancor più la visibilità del fenomeno. Il “monitoraggio” epidemico è ora affidato a un sistema flessibile che cerca segnali precoci, più che a soglie fisse.

Per le persone più vulnerabili — anziani, immunodepressi, con patologie croniche — il rischio non è affatto accantonato. Anche se la gravità media appare contenuta, il virus può comunque causare complicanze rilevanti. Ed è proprio per proteggere queste categorie che si rinnova l’attenzione alla campagna vaccinale autunno-inverno.

La battaglia preventiva contro il Covid: le strategie

Come ogni autunno da diversi anni, la campagna vaccinale anti-Covid ripartirà nei prossimi mesi. Nel 2024, la vaccinazione è già partita in contemporanea con quella antinfluenzale. Per la stagione 2024-2025, le vaccinazioni impiegano formulazioni adattate — in particolare i vaccini monovalenti modificati per la variante JN.1 — e sono indirizzate anche ai più piccoli (a partire dai 6 mesi).

Le indicazioni ufficiali più aggiornate confermano che, nonostante le modifiche del virus, i vaccini rimangono efficaci nel prevenire forme gravi e ospedalizzazioni. Nonostante ciò, la copertura vaccinale per i richiami è spesso insufficiente tra gli over 60 e le fasce più vulnerabili — un gap che rischia di lasciare scoperti.