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Cattivi maestri contro il (pur) cattivo Bergoglio. Il primo studio canonico indipendente sulle eresie di Viganò

La forza di questi “maestri” è costituita dal fatto che in buona parte hanno affermato cose giuste e coraggiose, ma nel loro impianto si annidano alcune pericolose insidie

Giustizia amministrativa vaticana

E’ da diverso tempo che molti bravi cattolici vengono portati fuori strada da presunte guide spirituali, in larga parte religiosi, che hanno costruito la loro fortuna ponendosi in antagonismo contro Bergoglio. Di fronte alle eresie dell’antipapa gnostico e ai suoi incommentabili comportamenti, è stato facilissimo guadagnarsi le simpatie dei cattolici ortodossi riaffermando concetti di sana dottrina e divulgando realtà innominabili sui progetti mondialisti.

La forza di questi “maestri” è costituita dal fatto che in buona parte hanno affermato cose giuste e coraggiose, ma nel loro impianto si annidano alcune pericolose insidie che li portano in eresia e scisma. In tal modo, squalificano completamente l’opposizione alla chiesa antipapale bergogliana e diventano dannosi.

Alcuni di loro sono stati colpiti da implacabili sanzioni canoniche, ovviamente nulle e invalide perché comminate da un’autorità antipapale: se ciò ha contribuito a creare su di loro l’aura del martirio, questo non vuol dire che non siano oggettivamente andati fuori strada, sotto altri aspetti, pronunciandosi contro dogmi fondamentali della Chiesa Cattolica, spesso e volentieri quello dell’indefettibilità sancito dalla costituzione dogmatica Pastor Aeternus del 1870.

Fra questi personaggi, quello di maggior rango è Mons. Carlo Maria Viganò, il quale negli ultimi anni ha dissipato sconsideratamente un patrimonio di credibilità che si era valorosamente guadagnato sia mettendo a posto i conti del Governatorato, sia denunciando le sconcezze del cardinale abusatore McCarrick.

Per anni ha parlato malissimo di Bergoglio (a buona ragione) ma continuando a considerarlo legittimo papa. Poi, finalmente, nel luglio 2024, in un’intervista al vaticanista Taylor Marshall ha testualmente dichiarato che la rinuncia di Benedetto XVI “è certamente invalida”, ma questo perché Ratzinger era eretico e modernista.

Tuttavia, ribadendo il fatto che tale rinuncia rimane nulla al di là delle intenzioni del dichiarante, Viganò non ha mai voluto cogliere l’unica questione importante, cioè che se la rinuncia di un papa è invalida, l’elezione del papa successivo è altrettanto nulla e invalida “senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito”. Eppure, Viganò era stato informato ad abundantiam della questione della sede impedita e di questo fondamentale passaggio canonico situato negli art. 76 e 77 della costituzione Universi Dominici Gregis, che gli avrebbe consentito di “far saltare il banco” da anni.

Questa incomprensibile ostinazione, e il disprezzo riservato allo studio sulla sede impedita di Benedetto XVI ci hanno condotto a sospettare più di una volta circa un accordo tacito o esplicito di non belligeranza fra Viganò e Bergoglio. Per la serie: “puoi dire tutto il peggio di me, basta che non parli di sede impedita e di Universi Dominici Gregis”.

Inoltre, prima dell’ultimo conclave, Viganò ha anche definito i cardinali nominati da Bergoglio “invalidi ed eversori”. Ergo, il conclave 2025 che ufficialmente ha annoverato anche questi cardinali invalidi avrebbe dovuto eleggere automaticamente un antipapa, ma anche stavolta la critica di Viganò tormenta Leone XIV nel merito dottrinale senza sfiorare l’ovvia questione canonica circa la sua legittimità/illegittimità.

Il porporato continua così, da mesi, a lanciare pesantissimi strali non solo contro la Chiesa di Prevost, ma anche contro quella dei predecessori, appena definiti anch’essi eversori. Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI sarebbero stati dunque eversori, eppure all’interno di quella stessa chiesa eversiva Viganò ha compiuto una soddisfacente e ben remunerata carriera ecclesiastica.

Ciò che più indigna, è che lui stesso, pur essendo stato informato da anni, godendo di largo e potente seguito soprattutto negli Usa, avendo avuto in mano il “bottone rosso” per far arrestare Bergoglio, salvare Benedetto XVI dall’impedimento e dare seguito al suo cristico progetto di purificazione della Chiesa, ha ignominiosamente accantonato l’unico argomento che poteva risolvere la situazione. Quindi, con quale coerenza oggi si lamenta di una chiesa che lui stesso ha contribuito a mantenere in piedi?

Al di là dell’approccio generale, più nello specifico, se alcuni concetti espressi da Viganò sono certamente condivisibili, sotto altri aspetti il porporato deraglia paurosamente sconfinando nell’eresia e nello scisma.

Per questo motivo vi proponiamo uno studio prodotto da un canonista su alcune recenti affermazioni di Viganò contenute in un suo articolo intitolato Hæc Omnia Tibi Dabo.

Dall’analisi qui condotta emerge con chiarezza che l’impianto teologico proposto da Mons. Carlo Maria Viganò non è compatibile con la dottrina cattolica, ma ricalca antiche eresie come il donatismo, il conciliarismo e il sedevacantismo.

Analisi dottrinale e canonica delle tesi di Mons. Carlo Maria Viganò

Introduzione

Egregio dott. Cionci,

Con spirito di sincera ricerca della verità cattolica e nel rispetto della coscienza di tutti coloro che desiderano servire la Chiesa, propongo qui una analisi teologico–canonistica delle principali affermazioni contenute nel recente scritto di Mons. Carlo Maria Viganò.

Il fine di questo studio non è polemico, ma chiarificatore: distinguere ciò che appartiene al genuino insegnamento della Chiesa da ciò che, pur mosso da zelo, si discosta dal deposito della fede e dalle legittime strutture dell’Autorità ecclesiale. Come insegna San Paolo, “bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29), ma bisogna anche riconoscere che l’obbedienza a Dio non può mai contraddire l’obbedienza alla Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, assistito infallibilmente dallo Spirito Santo (Gv 16,13; Mt 16,18).

Le tesi di Mons. Viganò contengono elementi teologicamente erronei, ecclesiologicamente pericolosi e in alcuni casi canonicamente censurabili. Di seguito ne riporto una confutazione sistematica alla luce del Magistero, del Catechismo della Chiesa Cattolica e del Codice di Diritto Canonico (CIC 1983).

Analisi delle tesi

Segue la sezione dettagliata dell’analisi teologica e canonica, articolata nei punti principali:
1. La natura della crisi nella Chiesa e la sua interpretazione errata.
2. La falsa opposizione tra Autorità e Fede.
3. L’accusa di eresia e scisma nei confronti del Papa e dei vescovi.
4. La teoria della ‘chiesa conciliare’ e la negazione della indefettibilità.
5. La dottrina sull’obbedienza e la sua deformazione.
6. Gli abusi nell’uso del linguaggio demonologico e complottista.
7. Il rigetto implicito del Vaticano II e del Magistero successivo.
8. Le conseguenze canoniche e dottrinali delle affermazioni di Viganò.

Dividerò, quindi, il lavoro in otto sezioni tematiche, seguendo la struttura del suo scritto.

Ogni punto include:

  1. La tesi o frase problematica di Viganò,
  2. La confutazione con dottrina Cattolica (Scrittura, Concili, Catechismo, Magistero),
  3. La conseguenza teologico/canonica.

1. «La crisi nella Chiesa è di natura teologica, non canonica… l’Autorità è oggetto di un sovvertimento»

Analisi

Viganò sostiene che l’Autorità ecclesiastica (Papa e Vescovi) sia stata “sovvertita” e che abbia perso la sua legittimità.
Insinua che l’obbedienza ai Pastori possa essere sospesa se essi “rescindono il vincolo di obbedienza verso Dio”.

Confutazione

• La dottrina cattolica insegna che l’autorità della Chiesa deriva da Cristo stesso e rimane valida anche se i ministri sono indegni.
• Catechismo §1550: “Questa presenza di Cristo nel ministro non deve essere intesa come se costui fosse premunito contro ogni debolezza umana, lo spirito di dominio, gli errori, persino il peccato. La forza dello Spirito Santo non garantisce nello stesso modo tutti gli atti dei ministri. Mentre nell’amministrazione dei sacramenti viene data questa garanzia, così che neppure il peccato del ministro può impedire il frutto della grazia, esistono molti altri atti in cui l’impronta umana del ministro lascia tracce che non sono sempre segno della fedeltà al Vangelo e che di conseguenza possono nuocere alla fecondità apostolica della Chiesa.”
• La giurisdizione del Romano Pontefice non cessa per motivi morali personali fermo restando che “Papa a nemine iudicatur”.
• Il peccato del Pastore non annulla la legittimità del suo ufficio. La distinzione tra peccato personale e perdita dell’ufficio è fondamentale. Solo un atto giudiziale della Chiesa (non il giudizio privato dei fedeli) può constatare la perdita di legittimità di un superiore (esclusa la disciplina contenuta nella costituzione apostolica Universi Dominici Gregis).

Conseguenza

La tesi di Viganò è ecclesiologicamente errata e sfiora il conciliarismo o il donatismo (eresie condannate), poiché lega la validità dell’autorità alla santità personale del titolare.

2️.«I fautori della rivoluzione conciliare nel 1965 si sono appropriati illegittimamente dell’Autorità»

Analisi

Si accusa il Concilio Vaticano II e i suoi fautori di un “colpo di stato teologico”, assimilando il Concilio ad un evento rivoluzionario che ha sovvertito la Chiesa.
Confutazione

• Il Concilio Vaticano II è un Concilio ecumenico legittimo, convocato e ratificato da Papa Giovanni XXIII e da Papa Paolo VI.
La sua autorità è quella dei Concili ecumenici riconosciuti dalla Chiesa.
• Il Papa Benedetto XVI ha ribadito nel 2005 (Discorso alla Curia, 22 dicembre 2005) che il Vaticano II va interpretato con una “ermeneutica della continuità”, non della rottura.
• Contestare la legittimità del Concilio o definirlo “frode” equivale a rigettare il Magistero autentico.
Conseguenza

Sostenere che il Concilio Vaticano II non appartenga al Magistero autentico della Chiesa è dottrinalmente erroneo e può configurare eresia materiale (rifiuto pertinace di un Concilio ecumenico riconosciuto) o scisma se conduce al rifiuto pratico dell’autorità che lo ha convocato.

3️ «I papi e i vescovi conciliari agiscono con dolo e premeditazione per distruggere la Chiesa»

Confutazione

• Il Magistero della Chiesa insegna che, pur potendo i Pastori peccare o sbagliare disciplinarmente, la promessa di Cristo assicura che la Chiesa non può essere guidata verso l’errore nella fede.
• Matteo 16,18: “Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.”
• Catechismo §869: “La Chiesa è apostolica: è costruita su basamenti duraturi: i dodici Apostoli dell’Agnello;388 è indistruttibile;389 è infallibilmente conservata nella verità; Cristo la governa per mezzo di Pietro e degli altri Apostoli, presenti nei loro successori, nel Sommo Pontefice e nel Collegio dei Vescovi.”
• Lumen Gentium §25: “Quantunque i vescovi, presi a uno a uno, non godano della prerogativa dell’infallibilità, quando tuttavia, anche dispersi per il mondo, ma conservando il vincolo della comunione tra di loro e col successore di Pietro, si accordano per insegnare autenticamente che una dottrina concernente la fede e i costumi si impone in maniera assoluta, allora esprimono infallibilmente la dottrina di Cristo [76]. La cosa è ancora più manifesta quando, radunati in Concilio ecumenico, sono per tutta la Chiesa dottori e giudici della fede e della morale; allora bisogna aderire alle loro definizioni con l’ossequio della fede”.
• Accusare l’intera gerarchia di intenzione malvagia è un peccato contro la carità ecclesiale e un attacco alla comunione. Nessuna dottrina cattolica ammette che la maggioranza dei vescovi possa deliberatamente distruggere la Chiesa: sarebbe negare l’indefettibilità promessa da Cristo.
Conseguenza

Si tratta di un errore ecclesiologico grave e di un’offesa alla comunione ecclesiale (can. 1373 CIC).

4️«Abbiamo una Gerarchia composta da vescovi e papi traditori… che cooperano con Satana»

Confutazione

• Questa affermazione contraddice apertamente Lumen Gentium §22-23, che definisce i vescovi come successori degli Apostoli, “vicari e legati di Cristo”, non di Satana.
• Cristo stesso ha istituito la gerarchia (Mt 28,19-20) e l’assiste con lo Spirito Santo (Gv 14,26).
• Accusare il Papa e la maggior parte dei vescovi di essere “traditori” o “servi del demonio” è blasfemo e scandaloso.

Conseguenza

È un linguaggio scismatico e calunnioso: induce a rifiutare la comunione con la Sede Apostolica (can. 1373) e diffonde scandalo.

5️ «La chiesa conciliare-sinodale non è più la stessa Chiesa»

Confutazione
• Errore dottrinale grave.
• Catechismo §§811–870: “La Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica.” La sua identità è fondata in Cristo, non nelle riforme disciplinari.
• La Chiesa non può mutare la sua essenza, né esistere una “Chiesa parallela”.
• Dire che la Chiesa postconciliare non è la stessa di prima implica negare l’indefettibilità e l’unità della Chiesa, verità di fede definite.
• Concilio Vaticano I, Pastor Aeternus: il Romano Pontefice è principio visibile dell’unità. Negare la continuità della Chiesa equivale a negare il munus petrinum.
Conseguenza

Questa è la proposizione più vicina all’eresia formale nel testo, perché contraddice un dogma ecclesiologico.
È anche materialmente scismatica, perché legittima la separazione dal Papa e dalla Chiesa visibile.

6️«La Messa di Paolo VI è protestantizzata… i fedeli devono resistere»

Confutazione

• Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium: la riforma liturgica è atto del Magistero; i riti approvati dalla Chiesa sono per definizione validi e cattolici.
• Catechismo §1125: “Per questo motivo nessun rito sacramentale può essere modificato o manipolato dal ministro o dalla comunità a loro piacimento”.
Ma la legittima autorità della Chiesa può riformare i riti unicamente nell’obbedienza della fede e nel religioso rispetto del mistero della Liturgia.
• Definire il Novus Ordo “protestantizzato” equivale a dire che la Chiesa abbia promulgato un rito non cattolico, il che è impossibile secondo il dogma dell’infallibilità in materia di fede e costumi (Pastor Aeternus).

Conseguenza

È un errore liturgico e teologico grave, condannato già dal Concilio Vaticano I e dal magistero precendete.

7️«I fedeli che restano fuori dalle chiese moderne sono la vera Chiesa»

Confutazione

• Questa tesi replica quella dei donatisti del IV secolo: essi sostenevano che la “vera Chiesa” fosse solo quella dei puri, e che la Chiesa visibile fosse decaduta.
Tale dottrina è stata condannata da Sant’Agostino e dai Concili di Cartagine.
• Catechismo §771: “Cristo, unico mediatore, ha costituito sulla terra la sua Chiesa santa, comunità di fede, di speranza e di carità, come un organismo visibile; incessantemente la sostenta e per essa diffonde su tutti la verità e la grazia ». La Chiesa è ad un tempo:
« la società costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di Cristo »;
« l’assemblea visibile e la comunità spirituale »;
« la Chiesa della terra e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti ».
Queste dimensioni « formano una sola complessa realtà risultante di un elemento umano e di un elemento divino ».
La Chiesa « ha la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, fervente nell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e, tuttavia, pellegrina; tutto questo in modo che quanto in lei è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all’invisibile, l’azione alla contemplazione, la realtà presente alla città futura verso la quale siamo incamminati ».
« O umiltà! O sublimità! Tabernacolo di Cedar, santuario di Dio; abitazione terrena, celeste reggia; dimora di fango, sala regale; corpo di morte, tempio di luce; infine, rifiuto per i superbi, ma sposa di Cristo! Bruna sei, ma bella, o figlia di Gerusalemme: se anche la fatica e il dolore del lungo esilio ti sfigurano, ti adorna tuttavia la bellezza celeste”.

La Chiesa è al tempo stesso visibile e spirituale. Non può esserci una vera Chiesa invisibile che esista separata da quella gerarchica.

Conseguenza

È dottrina eretica di tipo donatista/sedevacantista e materialmente scismatica, perché nega l’unità della Chiesa visibile e la comunione col Papa.

8️«Come può un’autorità ribelle a Cristo pretendere di esercitare l’autorità di Cristo?»

Confutazione

• Qui si tocca la dottrina della primazia petrina. Il Papa non è “ribelle a Cristo” anche se può peccare o errare in materia non definita.
• Pastor Aeternus: il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, è infallibile per assistenza divina.
• Anche fuori da tali casi, il Papa gode di un Magistero autentico che richiede “religioso ossequio dell’intelletto e della volontà” (Lumen Gentium).
• Dichiarare che il Papa è “ribelle a Cristo” e quindi non più papa equivale al sedevacantismo.

Conseguenza

Questa proposizione è materialmente scismatica (rifiuto del Romano Pontefice come capo visibile della Chiesa) e potenzialmente eretica per negazione implicita del dogma dell’infallibilità e dell’assistenza divina.

Sintesi dottrinale finale

Il testo di Mons. Viganò:
• nega o mette in dubbio la legittimità del Concilio Vaticano II e della riforma liturgica;
• accusa il Papa e i Vescovi di eresia formale e collaborazione satanica;
• distingue una “Chiesa conciliare” (falsa) da una “Chiesa vera” (dei fedeli tradizionali);
• invita alla resistenza contro la Gerarchia.
Tutto ciò costituisce materiale scismatico e errori dottrinali contrari alla fede cattolica, in violazione del Can. 751 CIC, e offese alla comunione ecclesiale punibili secondo Can. 1364 e 1373.

Conclusione

Egregio dott. Cionci,
Dall’analisi qui condotta emerge con chiarezza che l’impianto teologico proposto da Mons. Carlo Maria Viganò non è compatibile con la dottrina cattolica sull’autorità della Chiesa, sull’indefettibilità e sull’obbedienza dovuta al Romano Pontefice. Le sue tesi, che distinguono tra una ‘Chiesa conciliare’ corrotta e una ‘Chiesa vera’ dei ‘fedeli resistenti’, ricalcano antiche eresie condannate (donatismo, conciliarismo, sedevacantismo) e minano l’unità ecclesiale, principio costitutivo della cattolicità stessa.

Il Magistero insegna che la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica governata dal Successore di Pietro (cf. Lumen Gentium §8). Nessun atto o omissione umana, nemmeno dei Pastori, può distruggere l’essenza della Chiesa, perché essa è opera divina. Come ricorda san Cipriano: “Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per Madre.”

Pertanto, chi invita a separarsi dal Papa o a disconoscere la legittimità dei Concili ecumenici, pur conservando il nome di ‘cattolico’, si pone oggettivamente in una posizione di scisma o di eresia materiale, secondo quanto previsto dal Can. 751 e dalle pene del Can. 1364 §1 del Codice di Diritto Canonico.

Nel nostro tempo di confusione, il vero atto di fedeltà non è accusare la Sposa di Cristo, ma rimanere in essa, con fiducia nella promessa del Signore: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.” (Mt 28,20)

La via della Chiesa non è quella della ribellione, ma della riforma nella comunione; non della condanna dei Pastori, ma della preghiera per la loro santificazione. In questo spirito, le presenti osservazioni desiderano offrire un contributo per orientare le anime verso la fede integra, la speranza viva e la carità operosa che sola può edificare la Chiesa nella verità di Cristo.

Con deferente stima,
il Suo Canonista