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“1000 ore in carcere”, il libro di Anna Maria Corradini. Come chiuderli in un frigorifero

“Quando ci mettete in carcere è come se ci chiudeste in un frigorifero”. La foto è di Jean Turco che ha cercato un frigo nelle discariche

Copertina del libro "1000 ore in carcere"

Copertina del libro "1000 ore in carcere" di Anna Maria Corradini

Perché e per chi è questo libro?

Copertina del libro "1000 ore in carcere"
Copertina del libro “1000 ore in carcere” di Anna Maria Corradini

Inizialmente avevo deciso di scrivere di questa esperienza, stimolata dalla richiesta di alcune persone ristrette. Ricordo con un certo piacere o soddisfazione, come mi è stata fatta questa domanda urgente: “Ma noi come faremo senza di lei? Scriva, per non dimenticare e per non farci dimenticare”. Non farci dimenticare. Da qui la mia volontà, far conoscere quel mondo nascosto che nasconde

Chiudili dentro e butta la chiave. Ecco, questa è stata la sfida: distruggere o addolcire questo pre-giudizio o giudizio giustizialista. Il libro è per tutti loro. e per me.

Per me perché questo lungo viaggio, che ancora continua, nelle storie di persone ristrette, uomini e donne, è stato un viaggio dentro di me, spesso doloroso. Così ho iniziato, devo dire sinceramente, con molta difficoltà. Il libricino 1000 ore in carcere racconta….

In copertina un frigorifero! Perché?

“Quando ci mettete in carcere è come se ci chiudeste in un frigorifero”. La foto è stata creata da Jean Turco, grande amico oltre che grande fotografo. E la storia di questa foto offre spunti di riflessione. Jean ha cercato un frigo nelle discariche, ha dovuto cercare la maniglia caduta, poi l’ha legata con una catena. Una storia come una vita. O tante vite sentite, raccontate, piante, in carcere.

E di queste vite ho raccontato, vite di uomini dimenticati, abbandonati, offesi e che avevano offeso. Sottovoce e con umile delicatezza ho raccontato il colore delle loro celle, il respiro del tempo passato in spazi non spazi, grigi. Ho raccontato delle scarpe appese alle sbarre, degli stendini nei corridoi, della fatica, della convivenza forzata con persone sconosciute e di cui non si fidavano, del loro rapporto con i poliziotti chiusi anche loro in un mondo di rumori di chiavi e di porte sbattute, di sguardi che attraversano i blindi.

Mi è capitato, durante una presentazione del libro, di guardare fuori da una finestra aperta su un giardino. Non riuscivo più a parlare, un nodo alla gola pensando a loro chiusi, senza profumi dei fiori.

Perché la Consulenza filosofica in carcere?

Credo, che in un mondo in cui vince il ‘giudizio che castiga’ la consulenza filosofica sia una meravigliosa alternativa, è un momento in cui la pena diventa altro. Non solo Giustizia retributiva che risponde al male con il male ma possibilità di una Giustizia Rigenerativa.

Quando il detenuto incontra la filosofia, o meglio il pensare filosofico, la ricerca, il dubbio, il confronto, la scoperta di altre prospettive, può raggiungere traguardi provvisori da cui ripartire.

Una ricerca continua dell’autenticità in un dialogo libero senza pregiudizi e giudizi con la sola volontà di arrivare a comprendere. Un dialogo nel rispetto della persona senza approvazione né biasimo. Si pensa insieme il pensiero, e si sottopongono a riflessione i presupposti inconsapevoli del pensare che condizionano i comportamenti spesso ripetitivi o imitativi. È il pensiero che determina l’azione.

Risultati?

Gratitudine, strette di mano indimenticabili, lacrime che si trasformavano in sorrisi: “Grazie, non è capitata per caso nella mia vita, la porterò sempre con me È da tanto che aspettavo una persona come lei, che mi aiuta a capire senza giudicarmi. Ma prof, com’è una vita normale?”. Grazie a tutti gli amici che mi hanno scritto lettere che ho legato per sempre al libro perché anche questo è stato molto importante per me.

Anna Maria Corradini è Consulente filosofica presso gli Istituti penitenziari del Triveneto.

1000 ore in carcere di Anna Maria Corradini