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Vaccino contro il cancro, Prof. Federico: “Piano con gli entusiasmi, la strada è lunga”

Il Dirigente di Ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità: “Una ricerca importante, ma credo serva ancora del tempo”

Un collage con una siringa contenente un vaccino e il Prof. Maurizio Federico

Curare cancro e tumori con un vaccino? A quanto, secondo alcuni un’impresa possibile. A dirlo il direttore Sanitario di Moderna, Paul Burtondel. L’annuncio è stato fatto sulle colonne del Guardian, pronosticando quella che potrebbe essere una vera e propria svolta storica, in grado, assicurano, di salvare un numero cospicuo di pazienti nel prossimo immediato futuro.

I dati

Si parla di risultati molto positivi, con dati incoraggianti soprattutto per quanto riguarda il virus sinciziale. Un’efficacia che secondo gli esperti dovrebbe essere vicina all’84% e in grado di prevenire almeno i sintomi di tosse e febbre, nella popolazione anziana.

matteo bassetti e le varianti covid
L’infettivologo Matteo Bassetti

Il parere di Matteo Bassetti

Una novità che promette di introdurre elementi di assoluta efficacia per la prevenzione del cancro, delle malattie cardiovascolari e delle malattie autoimmuni. Secondo i pareri esperti, il vaccino diventerà una realtà entro i prossimi dieci anni.

“Grazie a questa tecnologia” – ha detto il Prof. Matteo Bassetti – “magari non questo autunno, ma l’anno prossimo, avremo un vaccino unico contro covid, influenza e virus respiratorio sinciziale. Progressi straordinari che ci sta portando la tecnologia a mRna. Ora mi domando: che cosa faranno quelli che fino a oggi la hanno osteggiata? Peggio per loro”.

Abbiamo sentito il Prof. Maurizio Federico, Dirigente di Ricerca presso l’Istituto Superiore di Sanità per un suo parere sulla vicenda.

“Le mie sono opinioni strettamente personali che non rappresentano la posizione di ISS” – ci dice il Prof. Federico – “Questo filone di ricerche che può essere sfociato in questa proposta di vaccino nasce da ricerche pubblicate nel 2018 su Science. Il gruppo di ricerche era lo stesso dello sviluppo del vaccino Pfizer. In quel laboratorio si è tentato, con una metodica complicata, di unire in molecole di RNA tutti i possibili antigeni tumorali che possono venir fuori da un melanoma del singolo paziente. E’ una tecnologia applicabile persona per persona”.

Dunque è una strada di veloce e reale concretizzazione secondo lei?

“Questa tecnologia implica dei passaggi complicatissimi per essere completata. Al momento totalmente al di fuori della portata di qualsiasi struttura sanitaria anche del primo mondo”.

Perché?

“Essendo stata pensata per stimolare un certo tipo di immunità che si definisce immunità citotossica CD8, si è scoperto in verità che di immunità citotossica ne stimolava poca. Stimolava invece l’immunità CD4, un altro tipo di immunità. Per capirci, non quella voluta. Dal punto di vista scientifico della rilevanza del lavoro però, nulla da dire”.

Lei dunque è scettico nei confronti di questa opportunità?

“Scettico no, direi piuttosto cauto. Avrebbero aperto una strada nuova verso una nuova frontiera della tecnologia. Ma di qui a definirla una nuova speranza per il trattamento dei melanomi, non saprei. E’ una strategia sicuramente importante dal punto di vista della ricerca di base. Ma per la traslazionabilità, per l’applicabilità nelle corsie di ospedali, credo serva ancora del tempo. E’ uno degli approcci possibili per i prossimi anni, ma sono ancora in fase di verifica. Per fare questo tipo di approccio ci vogliono una quantità di passaggi e strumentazione molto importante. La strada secondo me è ancora lunga”.