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Uomini universali. Il caso di Lorenzo il Magnifico

L’Umanesimo e il Rinascimento italiani guarderanno all’antichità classica come a un faro

Girolamo Macchietti - Ritratto di Lorenzo de' Medici

Girolamo Macchietti - Ritratto di Lorenzo de' Medici

“Bello, senza riserve, è l’amore della verità”. Così suona la frase iniziale del primo libro di Giorgio Colli, “La natura ama nascondersi” (Adelphi) del 1948. Se ciò fu vero per i Presocratici e il giovane Platone, lo fu in pari misura, per la Firenze del Rinascimento. Per uomini come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, per politici di prima grandezza come Cosimo il vecchio e Lorenzo de’ Medici.

Il magistrale libro di Giulio Busi (Bologna, 1960) – “Lorenzo de’ Medici. Una vita da Magnifico” (Mondadori 2016) – su cui ci siamo già soffermati in queste pagine, dà conto della grande e complessa vita di Lorenzo il Magnifico (1449-1492), in tutte le sue sfumature. Busi scrive sulla prestigiosa pagina culturale del Sole 24 ore e, come profondo conoscitore dei temi legati a Rinascimento ed Ebraismo, insegna alla Freie Universität di Berlino.

Basta scorrere la lista dei suoi libri e delle sue pubblicazioni, per avere un’idea della solidità e della robustezza del suo cammino di studioso. Dunque, dal racconto e dall’enorme lavoro di scavo bibliografico di Busi, emerge un dato fondamentale: Lorenzo non è un uomo debole e fragile, votato al compromesso. È un vincente puro, assolutocome Alessandro Magno – una personalità dominante, in grado di sfruttare le leve nascoste della volontà di potenza, a favore suo e della città di cui è di fatto Signore, ossia Firenze.

Momenti fatali

Quasi ci fosse un dio greco a garantire la sincronicità di certi eventi capitali, Colombo scopre l’America nello stesso anno in cui, a Firenze, muore Lorenzo il Magnifico. L’anno 1492 è il testimone che suggella il passaggio da un’epoca ad un’altra.

Il Rinascimento si avvia a vivere il suo ultimo grande secolo, con gli incredibili e stellari bagliori del Cinquecento. Rinascimento il cui inizio può essere fatto risalire a Petrarca, che Carducci definì “il padre del Rinascimento” e la cui fine può essere fatta coincidere con la morte di Giordano Bruno, arso vivo, in Campo de’ Fiori, a Roma, il 17 febbraio 1600.

Ci atteniamo all’importante categorizzazione cronologica, che Eugenio Garin ha fornito nel suo fondamentale lavoro dal titolo “L’umanesimo italiano. Filosofia e vita civile nel Rinascimento” (1947, ed. it. Laterza). Incombe, dunque, rapinosa e implacabile, l’epoca moderna.Con il Rinascimento muore il vecchio mondo, costituito dalla triade (dialettica?): mondo classico (greco-romano), medioevo cristiano, rinascimento neo-pagano.

Dal V secolo a. C. all’epoca del Sacco di Roma (1527) e alla morte di Bruno, ossia per duemila anni, il mondo continua ad assomigliare a sé stesso. Nello slancio ideale e nelle poche conquiste tecniche. È solo con la nascita del mondo moderno che le cose cambiano, profondamente. Solo nel dopo-Colombo, si assiste a quel prodigioso sviluppo scientifico-tecnico che ci condurrà all’epoca attuale.

Non a caso, l’Umanesimo e il Rinascimento italiani guarderanno all’antichità classica come a un faro. Le affinità sono profonde, anche sotto il profilo delle condizioni materiali. Così, se il primo a comporre questa musica grandiosa sarà Dante, nella prima metà del Trecento, bisognerà aspettare un secolo il pien Quattrocento, perché Cosimo il Vecchio (1389-1464), nonno di Lorenzo il Magnifico, dia consistenza politica e culturale all’epoca nuova.

Ben lungi dall’essere un Berlusconi ante-litteram, Cosimo ha un’intuizione geniale, al pari di tutti i grandi statisti della storia europea. Ossia, che la scelta vincente è investire la ricchezza, il capitale, in cultura e in bellezza.

Mecenati d’eccezione

Il Quattrocento italiano e fiorentino brulica di genio. Non c’è che da scegliere. Così Cosimo affida a Marsilio Ficino (1433-1499) – tra i massimi filosofi del Rinascimento italiano – la traduzione di Platone e di Plotino. Gli dà vitto e alloggio – una piccola villa presso la medicea tenuta di Careggi – così che il pensatore possa raccogliersi nel suo grande lavoro. Le conseguenze di questa scelta cambiano i termini della cultura europea.

Dopo secoli di aristotelismo medievale – attraverso Cosimo e Ficino – Platone torna al vertice della cultura europea. È il ritorno di un gigante di assoluta grandezza, che cambia non solo i termini del dibattito culturale, ma che impone un nuovo modo di sentire le cose. Senza questa sconvolgente novità, la stessa arte di Leonardo, Michelangelo e Raffaello sarebbe impensabile.

Il Magnifico Lorenzo vive, respira, alimenta questo clima. Anche grazie a Poliziano, Pico della Mirandola – altra figura filosofica decisiva di quegli anni, insieme a Ficino – e Girolamo Savonarola. Tutti e tre saranno al capezzale di Lorenzo, quando il Magnifico lascerà questo mondo a soli 43 anni. “Con passi leggeri viene la fine, non la si sente quasi arrivare” (p. 261), scrive Busi alla fine del suo libro.

La misura dell’uomo

Quando, nella vita umana, le cose funzionano, sembra di essere presi in una girandola danzante, che dà il capogiro. Soprattutto se si è dei predestinati – e poche vite del nostro passato sono paragonabili a quella di Lorenzo, sotto questo profilo.

Nipote di Cosimo, il gran mercante – figura fortissima –, e figlio di Piero, il Gottoso – figura debole -, egli è il Predestinato per eccellenza, almeno in quegli anni e in quel contesto storico e politico. Il Magnifico lo sa, lo comprende e se la gioca alla grande.

Poeta e uomo di sentimenti teneri e appassionati, si dimostra terribile e spietato quando, nella Congiura dei Pazzi del 1478, il fratello Giuliano muore sotto i colpi dei congiurati. Esiste un disegno di Leonardo che ritrae l’impiccagione di Bernardo Bandini, uno dei congiurati, a una delle finestre del Bargello.È il momento, per Lorenzo, di familiarizzarsi con la volontà di potenza.

Nel momento decisivo, tutti gli stati italiani vogliono la sua testa. La contrapposizione con Sisto IV è stata una leggerezza imperdonabile, in un’epoca in cui un Pontefice può dettare legge non solo in Italia, ma anche in Europa. Così Lorenzo vive e sperimenta, gioca al tavolo della Fortuna puntando alto, trova riscontro al suo valore quasi sempre, qualche volta perde e ciò gli serve per rilanciare meglio la volta successiva.

Nelle vite dei grandi, ciascuno può rispecchiare la propria vita, smarrita nei labirinti della globalizzazione digitale. Uno dei versi più celebri di Lorenzo, d’altronde, dice: “chi vuol esser lieto, sia, / di doman non c’è certezza.