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Trump rilancia i dazi: stangata su farmaci, camion e mobili | L’Europa prepara la contromossa

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Dal 1° ottobre entrano in vigore le nuove tariffe americane, con impatti pesanti su export e prezzi europei

L’America torna a chiudersi dietro le barriere commerciali. Dal 1° ottobre 2025, gli Stati Uniti introdurranno nuovi dazi che colpiranno duramente settori chiave dell’economia internazionale: farmaci, mezzi pesanti e mobili. L’annuncio, arrivato direttamente da Donald Trump, ha scatenato immediate reazioni in Europa e nei mercati globali.

Durante un comizio in Ohio, il presidente ha dichiarato che “l’America non può più essere sfruttata” e ha annunciato una tassa del 100% sui farmaci di marca o brevettati prodotti fuori dal Paese. Una mossa che, nelle intenzioni della Casa Bianca, mira a riportare la produzione sul territorio statunitense e ridurre la dipendenza dalle importazioni, ma che rischia di generare tensioni commerciali senza precedenti.

La misura, tuttavia, non si ferma al settore farmaceutico. I nuovi dazi includono anche camion pesanti, mobili da cucina e arredamento imbottito, con tariffe rispettivamente del 25%, 50% e 30%. Una strategia protezionistica che richiama quella del primo mandato di Trump, quando lo slogan “America First” diventò una vera e propria dottrina economica.

Dall’Europa arriva intanto una risposta cauta ma ferma. La Commissione UE ha ricordato che l’accordo siglato a luglio con Washington prevede un tetto massimo del 15% sui farmaci europei, avvertendo che eventuali violazioni aprirebbero la strada a un nuovo contenzioso commerciale.

Farmaci nel mirino: il rischio di un effetto domino globale

Il settore farmaceutico è quello che rischia di pagare il prezzo più alto. Gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato mondiale per i medicinali prodotti in Europa, e un dazio del 100% potrebbe ridurre drasticamente le esportazioni. Secondo gli analisti, la misura avrebbe un impatto diretto sui costi al dettaglio e potrebbe anche rallentare la distribuzione di farmaci salvavita.

Trump, dal canto suo, difende la scelta come una “necessità strategica per la sicurezza sanitaria nazionale”, sostenendo che le multinazionali dovrebbero aprire fabbriche negli Stati Uniti invece di produrre in Europa o in Asia. Ma gli economisti avvertono: il rischio è quello di un aumento generalizzato dei prezzi, con effetti inflazionistici anche per i consumatori americani.

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L’Europa si prepara a reagire con nuove misure

A Bruxelles la tensione è alta. La presidente della Commissione ha assicurato che l’UE “valuterà attentamente la compatibilità delle nuove tariffe con gli accordi commerciali in vigore”. Dietro le quinte, si lavora già a possibili contromisure sui prodotti americani, come automobili, componenti tecnologici e beni agricoli.

Il nodo più delicato riguarda i camion e i mobili, due comparti che vantano un’importante quota di esportazioni verso gli Stati Uniti. Le nuove tariffe del 25% e del 50% potrebbero mettere in difficoltà aziende tedesche, italiane e scandinave, già provate dall’aumento dei costi energetici e dalla concorrenza asiatica.

La nuova offensiva economica di Trump segna un ritorno al protezionismo puro, con effetti che rischiano di ridefinire gli equilibri commerciali tra Stati Uniti ed Europa. Se da un lato la Casa Bianca punta a rilanciare la produzione interna, dall’altro la mossa potrebbe scatenare una guerra dei dazi su scala globale. Un déjà-vu che riporta il mondo indietro di dieci anni, ma con conseguenze oggi ancora più imprevedibili.