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Terremoti, Ingv: nuovo metodo per valutare faglie dell’Appennino

Terremoti: nuovo studio permette di quantificare la velocità del movimento delle faglie attive dell’Appennino centrale e valutarne sismicità

Terremoti nuovo studio, Appennino centrale

Terremoti nuovo studio, Appennino centrale

Terremoti, primo metodo di studio della velocità di movimento delle faglie. Attraverso una innovativa analisi multidisciplinare, risultato delle osservazioni geodetiche di circa 20 anni, è possibile quantificare la velocità del movimento delle faglie attive dell’Appennino centrale.

Questo approccio potrebbe essere decisivo per determinare meglio la velocità del movimento delle faglie. Integrando così un modo completamente innovativo e complementare alle classiche e affidabili tecniche geologiche.

La ricerca: tra Italia e California

È quanto è stato fatto nello studio “Partitioning the Ongoing Extension of the Central Apennines (Italy): Fault Slip Rates and Bulk Deformation Rates from Geodetic and Stress Data”. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Journal of Geophysical Research – Solid Earth”. La ricerca, che ha coinvolto l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), è stata condotta in collaborazione con il Department of Earth, Planetary, and Space Sciences dell’University of California di Los Angeles (UCLA).


Come è noto, i terremoti sono generati da faglie. Le faglie sono grandi piani in corrispondenza dei quali porzioni della crosta terrestre si muovono in tempi geologici l’una rispetto all’altra parallelamente al piano della faglia stessa.

La velocità media su tempi geologici con cui questo processo avviene, chiamata slip rate nella letteratura scientifica. Lo slip rate è un parametro cruciale perché quantifica il potenziale di ciascuna faglia per valutare la pericolosità sismica.

“Questo lavoro”, spiega Michele Carafa, autore della ricerca, “nasce durante la mia permanenza all’UCLA e si è sviluppato nell’ambito del ‘FIRB Abruzzo. Esso viene denominato ‘Indagini ad alta risoluzione per la stima della pericolosità e del rischio sismico nelle aree colpite dal terremoto del 6 aprile 2009‘.

Primo studio europeo sulle faglie attive

A mia memoria”, continua Carafa, “questa è la prima ricerca a livello europeo che mira esplicitamente a determinare lo slip rate di tutte le faglie attive presenti in un’importante area sismica.

La ricerca usa congiuntamente informazioni di diversa natura attualmente disponibili nel campo delle geoscienze, come i dati GPS.

Esistono diverse tecniche per determinare lo slip rate di lungo termine: quella più semplice da spiegare si basa sul riconoscimento degli strati di roccia vecchi anche centinaia di migliaia di anni, posti ad altitudini differenti spesso anche centinaia di metri.

Secondo una visione geologica classica, questi strati si trovavano inizialmente alla stessa quota, ed è ipotizzabile che l’attuale differenza topografica sia principalmente il risultato dei terremoti avvenuti”.

Ed è stato “esattamente questo l’obiettivo del nostro gruppo di ricerca” prosegue Michele Carafa. “Avere dei primi dati per capire se, nell’arco degli ultimi 15-20 anni per i quali esistono misure geodetiche accurate, il comportamento del volume di roccia adiacente alla faglia sia compatibile con le stime disponibili di slip rate di lungo termine, ovvero quelle basate su metodi geologici. La risposta è stata sostanzialmente positiva: le stime di breve e lungo termine sono risultate congruenti fra loro.

Questo risultato ci permetterà di capire e stimare meglio le forze responsabili dell’evoluzione tettonica degli Appennini e, quindi, valutare con maggior accuratezza la sismicità della regione.

Il primo step dello studio, era frutto esclusivamente delle competenze dell’INGV, ben indirizzate dall’esperienza del collega Peter Bird della UCLA. Ma gli sviluppi di questa ricerca, vedranno collaborazioni con l’Università degli Studi dell’Aquila e con il Gran Sasso Science Institute (GSSI).

Terremoti, nuovo metodo multidisciplinare

“Il metodo utilizzato per questa ricerca è del tutto innovativo e richiede interazione con ulteriori competenze quali, ad esempio, quelle matematiche ed informatiche”.

“Ci lusinga che la stessa Regione Abruzzo si sia mostrata da subito estremamente interessata a questa ricerca. E che abbia aggiunto alla rete geodetica regionale, nuove stazioni GNSS collocate in siti strategici, proprio per poter migliorare il nostro modello”.

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