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L’ultima follia dell’Oms, che usa (ancora) il Covid per farneticare sul clima

La bizzarra tesi del Direttore generale Ghebreyesus su un pericolo inesistente come il climate change. A questo punto è lecito sospettare che non sia “soltanto” inadeguato

tedros adhanom ghebreyesus

Il Direttore Generale dell'Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus

L’ultima follia dell’Oms dimostra che la “tregua pandemica” sugli sproloqui è definitivamente saltata. Questo almeno raccontano le parole del Direttore Generale della World Health Organization, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus. Secondo il quale «la pandemia ha dato un nuovo impulso alla necessità di accelerare gli sforzi per rispondere ai cambiamenti climatici».

Non è nemmeno la prima volta che il leader dell’Organizzazione Mondiale della Sanità esce fuori dal seminato con qualche eco-balla al sapor di Covid-19. I prodromi risalgono allo scorso maggio, quando la WHO pubblicò il “Manifesto per una ripresa sana e verde” – qualunque cosa significhi l’espressione “ripresa verde”.

Lo ha ricordato, forse scambiandolo per qualcosa di cui vantarsi, lo stesso Ghebreyesus, che nell’occasione tenne il discorso di apertura della 73sima Assemblea mondiale sulla Salute. Casualmente, lo stesso giorno in cui 350 organizzazioni di 90 Paesi diffusero un appello ai leader del G20 affinché investissero, appunto, in una Healthy Recovery. Tanto per smentire i legami tra eco-catastrofismo e business.

Legame peraltro confermato, appena un mese fa, dall’attivista americano Michael Shellenberger, fondatore dell’organizzazione Environmental Progress, inserito dal Time tra gli Eroi dell’Ambiente nel 2008. Il quale, a nome degli ambientalisti, ha chiesto «formalmente perdono per il panico che abbiamo creato negli ultimi 30 anni sul clima».

Aggiungendo di essere rimasto in silenzio, fino a quel momento, perché era imbarazzato, ma anche perché temeva «di perdere amici e finanziamenti. Le poche volte che ho trovato il coraggio di difendere la climatologia da coloro che la distorcono, ho subito dure conseguenze. Quindi per lo più sono rimasto inerte e non ho fatto quasi nulla mentre i colleghi ambientalisti terrorizzavano il pubblico».

L’ultima follia dell’Oms

Va da sé che Ghebreyesus ha bellamente ignorato il mea culpa di uno dei principali protagonisti dell’ultimo trentennio di eco-terrorismo. A conferma che, come sosteneva il grande fisico e matematico Freeman Dyson, «l’ambientalismo ha sostituito il socialismo come la principale religione laica».

A monte, comunque, ci si potrebbe chiedere cosa c’entri l’Organizzazione Mondiale della Sanità con i cambiamenti climatici – reali o presunti che siano. O anche come possa un ente sanitario non essere diretto da un medico – Ghebreyesus è un biologo, benché specializzato in Immunologia delle Malattie Infettive.

Ma questi sono peccati veniali. Ben più grave è il fatto che il numero uno di un’agenzia delle Nazioni Unite anteponga alla scienza uno pseudo-dogmatismo stile Lady Melisandre scandinava. Tanto da affermare che il coronavirus «ci dà un’opportunità» quasi unica «per modellare il mondo che i nostri figli erediteranno».

Una frase che può essere letta in vari modi, alcuni dei quali piuttosto inquietanti. Come se l’obiettivo non fosse la salute pubblica, bensì un riordino della società – in senso anti-umanista, ça va sans dire.

Non è un caso che, a inizio mese, Bill Gates lamentasse che l’epidemia porterà “solo” a un calo dell’8% delle emissioni di CO2. E neppure che la World Health Organization finanzi programmi di controllo delle nascite attraverso un eccidio di massa quale l’aborto, come da agenda di George Soros.

Eppure, «ci sono prove schiaccianti che la nostra civiltà ad alta energia è meglio per le persone e la natura della civiltà a bassa energia a cui gli allarmisti vorrebbero farci tornare». Parole, ancora, di Shellenberger, basate sui «migliori studi scientifici disponibili». Che spiegano perfettamente perché la bizzarra (per usare un eufemismo) tesi di Ghebreyesus è davvero l’ultima follia dell’Oms.

Colpa o dolo?

Peraltro, non è che nel proprio settore di competenza – quello clinico – la WHO abbia «brillato per tempestività ed esattezza». Come aveva evidenziato il virologo Andrea Crisanti, lo scienziato che ha salvato il Veneto facendo tamponi a tutti fin dallo scoppio del focolaio di Vo’. Vale a dire quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ancora raccomandava di somministrare tamponi «solo ai casi sospetti», salvo poi cambiare idea a metà marzo. Con l’Italia in pieno lockdown, così per dire.

D’altronde, l’ente dell’Onu ci ha messo un po’ anche a capire l’importanza delle mascherine, che ancora a inizio aprile Ghebreyesus considerava, come minimo, superflue. Tempo due giorni, e sarebbero divenute di colpo utili. Al contrario, i guanti, che nel periodo dell’isolamento erano imprescindibili, a giugno si sono scoperti essere addirittura pericolosi.

Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere, per questa gestione sconcertante e dilettantesca dell’emergenza coronavirus. Per la quale si è evocata più volte l’inadeguatezza dell’Oms e dei suoi vertici.

Eppure, i recenti sviluppi, con l’insistenza su un pericolo inesistente come il climate change, fanno venire il dubbio che vi sia più dolo che colpa. Perché, come già ammonivano gli antichi, errare humanum est, perseverare autem diabolicum. E il clima qui continua a non essere dei migliori. In tutti i sensi.

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