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Storia di Raul Gardini, l’imprenditore corsaro e le origini di Mani Pulite

Gardini, che era stato capace di vincere la Louis Vuitton Cup di vela con il suo Moro di Venezia, non poteva vedere se stesso nella posizione del perdente

Raul Gardini, intervistato da Giovanni Minoli a Mixer

Raul Gardini, intervistato da Giovanni Minoli a Mixer

Parlare dei rapporti tra imprenditoria, finanza e politica non è cosa molto agevole, perché essi si intrecciano a diversi livelli e passaggi pubblici, svolti nel rispetto delle leggi. E anche perché, invece, molto spesso i soggetti si influenzano reciprocamente in modo anomalo e imprevedibile, quasi sempre con l’intervento delle mafie locali.

Mani Pulite, Tangentopoli e la lotta alla corruzione

A questo punto, gli accordi devono essere stretti privatamente e celati ai più, onde evitare indagini imbarazzanti, che sarebbero contro gli interessi di tutti. Da ciò consegue pure la necessità di difendersi dall’azione della giustizia, magari prevenendo l’intervento di essa, in modo legale o illegale.

Pertanto, i rapporti tra politica e imprenditoria da una parte e magistratura dall’altra, è stato sempre più o meno conflittuale nel nostro Paese, fin dall’inizio della nostra breve storia repubblicana.

Il momento in cui il conflitto esplose in modo aperto e grave è rappresentato dalle inchieste di inizio anni ‘90 del pool di magistrati milanese definito Mani Pulite.

Tanto vasto fu il malaffare scoperchiato, che il sistema fu denominato Tangentopoli.

A quel periodo si riferiva il docufilm realizzato dalla Rai sulla figura di Raul Gardini, trasmesso il 23 luglio scorso, nell’anniversario della tragica morte del personaggio. Giova perciò ricordare la sua vita e le sue attività per capire alcune cose.

Eccolo Raul Gardini

Raul Gardini nasce il 7 giugno 1933 in una famiglia alto borghese, che possedeva centinaia di ettari di terreno lungo il litorale romagnolo e in Veneto. Il padre Ivan è un ricco imprenditore agricolo, attivo nella bonifica dell’area paludosa intorno a Ravenna.

Conseguito il diploma di perito agrario a Bologna, inizia a lavorare per la grande azienda agroalimentare Ferruzzi, attiva nel commercio dei cereali in Italia ed in America, che possedeva silos per lo stoccaggio negli USA e in Argentina; era anche presente nella Borsa merci di Chicago.

Nel 1957 Raul sposò Idina, la figlia del patron Serafino Ferruzzi, il quale morì in un incidente col suo aereo privato nel 1979. Gli eredi affidarono le deleghe operative dell’azienda, in pratica la gestione di essa, a Gardini.

Il nostro trasformò la Ferruzzi in un grande gruppo industriale e nel 1986 portò a termine l’acquisizione dell’Eridania, iniziata dal predecessore.

Creò la joint venture Enimont, riunendo l’EniChem con la Montedison; a ognuna delle due società andava il 40 % delle azioni, il 20 % restava sul mercato azionario.

Il colosso della chimica italiana

Lo scopo di Gardini era quello di creare un unico colosso della Chimica italiana, presente a livello internazionale (come in passato aveva fatto con i carburanti Enrico Mattei, con la creazione dell’ENI). Dopo, alla fine degli anni ’80 acquistò la maggioranza della Montedison, anche con il benestare di Enrico Cuccia, il grande vecchio di Mediobanca.

Nel 1988 Gardini aveva ricevuto l’assicurazione da De Mita e Occhetto – cioè, dalle maggiori forze di maggioranza e opposizione – che sarebbe stato approvato un decreto-legge sugli sgravi fiscali, ma il Parlamento non lo varò mai.

Ciò lo indusse a ritirarsi dall’Enimont, vendendo all’Eni il suo 40 %.

Parte dell’incasso fu usata per distribuire tangenti ai politici che avrebbero dovuto appoggiare la defiscalizzazione dell’operazione Enimont.

Nel frattempo si era consumata anche la frattura tra la famiglia Ferruzzi e Gardini, che fu estromesso da tutti gli incarichi. La guida del gruppo fu affidata a Carlo Sama, marito di una figlia di Serafino Ferruzzi. Gardini fu anche accusato dell’enorme indebitamento del gruppo.

Intanto, all’inizio del 1992 era iniziato il fenomeno di Mani Pulite

A luglio fu arrestato Gabriele Garofano, ex presidente di Montedison, che nel suo primo interrogatorio rivelò ai magistrati i modi in cui si creavano i conti in nero da utilizzare per le tangenti, accusando anche Sama e Gardini.

Scoppia la bomba della maxitangente Enimont, 150 miliardi di lire, distribuiti a politici e burocrati per facilitare lo scioglimento di Enimont.

Il 20 luglio ’93 si suicida in carcere, a San Vittore, Gabriele Cagliari, presidente dell’Eni e rivale di Gardini, che ne resta molto provato. Questi, imputato nel processo Enimont, confida ai suoi avvocati la volontà di collaborare con i giudici, dicendosi pronto a raccontare tutto quello che sa, la sera del 22 luglio.

La mattina del 23 viene trovato morto nel palazzo settecentesco di Belgioioso, ucciso da un colpo di pistola calibro 7.65 di sua proprietà. Le indagini conclusero per il suicidio, anche se c’erano elementi discordanti; per esempio, Gardini giaceva sul letto, mentre la pistola stava su un tavolo vicino. Uno dei suoi due avvocati dichiarò che si erano accordati con la magistratura: la mattina del 23, l’imputato si sarebbe recato in Procura per essere interrogato da Di Pietro.

Perché il suicidio di Gardini

Quindi espose la sua visione del suicidio: Gardini lo avrebbe fatto per tutelare l’onore della sua famiglia.

In effetti, possiamo pensare a ragione che l’imprenditore audace, definito anche il corsaro per i suoi modi energici e sbrigativi; l’uomo dai tanti interessi, che nel 1992 era stato capace di vincere la Louis Vuitton Cup di vela con il suo Moro di Venezia, non potesse vedere se stesso nella posizione del perdente.

In precedenza, aveva detto: “Personalmente, penso che la vita debba essere vissuta fino in fondo e non per finta, anche se a volte c’è da farsi venire il mal di stomaco”.

Perciò, come aveva sfidato la vita, scelse la morte come via di uscita.

L’origine di Mani Pulite e la sua influenza sulla politica del Paese. L’arresto di Mario Chiesa e le reazioni, Il favore dell’opinione pubblica e il contrasto della Politica

A questo punto, però, dovremmo spiegare come ebbe origine Mani Pulite. Già agli inizi della nostra storia repubblicana c’era stato uno scambio di favori con denaro tra imprenditori e politici, in maniera però non proprio continua e determinante.

Il fenomeno divenne rilevante con la crescita dell’influenza politica delle sinistre e l’inizio dei governi di pentapartito, dalla metà degli anni ’80 in poi.

Il primo fatto importante fu l’arresto di Mario Chiesa, effettuato dalla procura di Milano, episodio che divenne il simbolo di mani Pulite.

Laureato al Politecnico di Milano nel 1969, Chiesa entrò presto nel PSI per fare carriera politica; passò per diverse correnti, legandosi infine a Bettino Craxi. Alla fine degli anni ’80 assunse la presidenza del Pio Albergo Trivulzio, un palazzo nobiliare destinato due secoli prima all’assistenza degli anziani.

Fu arrestato nel suo ufficio la mattina del 17 febbraio 1992, colto in flagrante mentre prendeva una tangente di 7 milioni di lire da un imprenditore.

Questi, che gestiva una piccola società di pulizie, per assicurarsi l’appalto per l’ospizio doveva versare in anticipo il 10 % del valore di esso.

Poiché l’esborso era divenuto sempre più pesante, l’imprenditore si accordò con il giudice Antonio Di Pietro per incastrare Chiesa, che fu espulso dal PSI non appena si diffuse la notizia.

Craxi dichiarò che si trattava di un mariuolo isolato e che il partito, da lui ormai dominato, era integro.

Dopo l’arresto, Di Pietro ebbe l’opportunità di ascoltare l’ex- moglie di Chiesa, scoprendo così che il politico aveva alcuni conti in Svizzera intestati alla segretaria.

Un mese dopo Mario Chiesa si decise a parlare, dinanzi a Di Pietro e al Gip Italo Ghitti.

L’interrogatorio durò una settimana

Chiesa rivelò il coinvolgimento di altri politici nella sua gestione dell’ospizio e dichiarò pure che si trattava di un sistema generalizzato ad altri ospedali e opere pubbliche. Fece i nomi del precedente sindaco di Milano Pillitteri, dell’assessore alla Sanità Sergio Moroni e di esponenti della DC e del Pci-PdS.

La procura fece nuovi arresti e molti imprenditori si precipitarono a testimoniare.

Iniziò così un vero processo a valanga, che su un articolo di giornale fu chiamato Tangentopoli.

Il gruppo dirigente del PSI milanese fu azzerato e il partito commissariato da Giuliano Amato. Avendo contribuito alle indagini, Chiesa ottenne gli arresti domiciliari.

Qualche anno dopo, scontata la pena, si avvicinò alla Compagnia delle Opere, associazione di imprenditori legati a Comunione e Liberazione, offrendo la sua collaborazione.

Nel 2009 fu di nuovo arrestato per traffico illecito di rifiuti nella regione Lombardia. Certe inclinazioni non muoiono mai, come la dipendenza da droghe.

Mentre le indagini della procura si estendevano, si avvicinavano le elezioni politiche dell’aprile 1992 alle quali crebbe l’astensione, per il clima di sfiducia che si era creato.

Tutti i partiti storici, soprattutto DC e PCI, diminuirono fortemente i consensi

Crebbero enormemente la Lega Nord di Bossi, che ottenne 80 parlamentari (ne aveva appena 2, prima) e la Rete di Leoluca Orlando, che ne ebbe 15.

Quando poi il Parlamento si riunì a maggio in seduta congiunta per eleggere il Presidente della Repubblica, la situazione era molto difficile. Dopo tanti scrutini andati a vuoto, fu eletto il democristiano Oscar Luigi Scalfaro, già scelto come presidente della Camera il mese prima.

Questi decise di non concedere incarichi a nessun politico vicino agli inquisiti; perciò, capo del governo fu eletto Giuliano Amato, troncando le aspirazioni di Craxi. Il quale cominciò una serie di attacchi denigratori verso Di Pietro, specialmente dopo il suicidio in carcere del socialista Moroni.

Il processo Enimont e le sue conseguenze devastanti sulla politica. L’estinzione dei partiti tradizionali

Tornando al processo più importante, quello per la tangente Enimont, esso era iniziato nel 1993, come già detto. Fu fondamentale per le divisioni nell’opinione pubblica, anche perché le udienze venivano trasmesse dalla Rai in diretta; così gli italiani ascoltarono le deposizioni dei tanti big della Politica, interrogati come imputati o persone a conoscenza dei fatti.

E’ interessante ricordare che tutto partì dalle dichiarazioni di Sergio Cusani, imputato che aveva chiesto il rito abbreviato; fu un personaggio chiave del processo.

Figlio di un industriale, aveva frequentato agli inizi dei ’70 la Bocconi di Milano, dove aveva militato nel Movimento Studentesco di Capanna, la cui roccaforte era l’università Statale.

Poi si era spostato nel MLS, Movimento Lavoratori per il Socialismo, che aveva tra i suoi fondatori uomini che avevano fatto la Resistenza; l’MLS cercava di coniugare la politica dei fronti popolari con una dose movimentista maoista, evitando però la violenza.

Dopo l’università iniziò a lavorare come revisore dei bilanci di aziende, evidenziando spesso gli svantaggi dei piccoli azionisti. Divenuto esperto, fu assunto come consulente da Serafino Ferruzzi.

In seguito, fu sollecitato da Gardini per risolvere il problema Enimont e quindi raccolse grossi finanziamenti, per 2/3 in titoli di stato (circa 90 miliardi), conti speciali off shore presso lo IOR (Istituto Opere Religiose) che poi li convertì in contanti.

Il governo Amato

Quando fu arrestato, dopo il suicidio di Gardini, volle essere interrogato rispondendo sui fatti che gli venivano contestati, senza accusare altri. Suo difensore fu l’avvocato Giuliano Spazzali, ex membro del Soccorso Rosso e difensore di Valpreda. In televisione si videro scontri epici tra Spazzali e Di Pietro.

Cusani scontò quattro anni di carcere; tornato libero con l’affidamento ai servizi sociali, iniziò una collaborazione con un’associazione per la riabilitazione dei detenuti, senza commettere altri reati, a differenza di Chiesa.

A marzo ’93 il governo Amato approvò un decreto-legge del ministro della giustizia Conso che depenalizzava il finanziamento illecito ai partiti; le opposizioni protestarono duramente, tanto che alla Camera un leghista sventolò una corda con cappio.

Per la prima volta nella storia repubblicana, il Presidente Scalfaro rifiutò di firmare il decreto, ritenendolo incostituzionale.

Nel mese successivo, votando il referendum promosso da Mario Segni gli italiani scelsero il sistema elettorale maggioritario.

La Camera negò l’autorizzazione a procedere nei confronti di Craxi, usando il principio dell’immunità parlamentare, scatenando violente reazioni in tutto il Paese. Alcune università furono occupate; a Roma si tennero dei cortei e la sede del PSI fu oggetto di una sassaiola.

Le monetine davanti all’hotel Raphael

Una folla si radunò presso l’Hotel Raphael, dove risiedeva Craxi. Appena uscì, i manifestanti inveirono contro di lui sventolando banconote e lanciandogli delle monetine.

Intanto, le chiamate di correità per politici e imprenditori, provenute da altri dirigenti della Montedison, portarono ad una serie di interrogatori di personaggi di primo piano, trasmessi in Tv.

Tra i più importanti : il segretario della DC Forlani, che dinanzi a Di Pietro appariva imbambolato, riuscendo soltanto a ripetere “non ricordo” a proposito dei fatti contestati.

A dicembre fu la volta di Bettino Craxi, che in diretta rivendicò la giustezza della sua posizione perché, disse, il finanziamento pubblico non era sufficiente per tenere in piedi i partiti.

Inoltre, tutti erano a conoscenza del fenomeno, anche chi avrebbe dovuto vigilare; ma tutti avevano finto di non sapere e fingevano di scoprirlo solo allora.

Ancora, furono inquisiti R. Altissimo del PLI, Bossi per la Lega, G. La Malfa del PRI, De Michelis e C. Martelli del PSI. Quest’ultimo, detto il delfino di Craxi (allora era vicepresidente del governo Andreotti) aveva introdotto il carcere duro per i mafiosi dopo la strage di Capaci.

Poi si dimise, accusato di connivenza dalla stessa mafia e inquisito nel processo Enimont; qui, le sue dichiarazioni fecero conoscere i conti personali off shore di Craxi, per i quali questi fu condannato e riparò in Tunisia, dove poi morì ad Hammamet nel 2000, considerato un esule.

Il declino di Mani Pulite nell’opinione pubblica e l’entrata in politica di Berlusconi. Il lascito del caro estinto al Paese

Dopo la caduta di Craxi inizia il declino di Mani Pulite.

Fino al 1994 i giudici avevano avuto l’appoggio popolare, perché tutte le colpe si scaricavano sui politici e sui grandi imprenditori. Successivamente, quando si cominciarono a toccare i piccoli favori che ogni cittadino poteva ricevere dal sistema, si creò il distacco e perfino la diffidenza nei confronti della magistratura. Comportamento che deriva dal secolare carattere di noi italiani, abituati ad incensare i potenti in auge per riceverne anche piccoli vantaggi, poi a denigrarli quando il loro potere tramonta.

Del resto, un solo organo come la Magistratura non poteva cambiare la storia senza l’appoggio di qualche ceto sociale, come era accaduto nella Francia di Luigi XVI e Robespierre.

Avvicinandosi allora nuove elezioni politiche, scese in campo il cavaliere Silvio Berlusconi, imprenditore che aveva costruito Milano 2 e possedeva un piccolo impero di Tv private.

Tutto ciò aveva realizzato con le sue capacità, ma soprattutto con l’aiuto avuto proprio dal PSI e in particolare da Craxi. Il Cavaliere dichiarò che voleva lavorare per il bene degli Italiani, attuando una Rivoluzione Liberale; come si ricorda, in tv arrivò a siglare un patto con i cittadini.

Il resto appartiene alla storia recente.

Rafforzò il suo potere televisivo con Mediaset e continuò i suoi affari con Fininvest, varando leggi che lo favorivano, perciò dette ad personam.

Il falso in bilancio

Non solo. Riuscì pure ad abolire il reato di falso in bilancio, sfuggendo così alle conseguenze dei processi in cui era stato condannato.

La sua condotta fraudolenta degli affari e i suoi comportamenti privati resi pubblici hanno influenzato negativamente gran parte dei cittadini, suscitando in essi ammirazione e invidia.

I programmi leggeri trasmessi dalle sue Tv ne hanno grandemente appiattito il livello culturale, alimentando i gusti più osceni e volgari; anche la Rai ha contribuito, per l’esigenza dell’audience.

La parte sana del paese, minoritaria, non ha saputo far altro che esprimere condanna morale; le opposizioni hanno fatto lo stesso, sottolineando anche il conflitto di interessi di Berlusconi, senza però eliminarlo. Anzi, c’è chi, come l’ex presidente della Camera Violante, si è vantato di aver difeso le televisioni del cavaliere, che portavano lavoro ai cittadini.

Come Paese, siamo stati lo zimbello degli altri stati dell’UE, etichettati come governo del bunga-bunga.

Nel corso del suo governo Berlusconi rafforzò la campagna denigratoria verso i giudici e pose le basi per la riforma che prevedesse la separazione delle carriere ( ruolo giudicante e ruolo inquirente) e la nomina governativa del Pubblico Ministero.

Questo è il suo lascito più esiziale per la vita politica del Paese, poi seguito da tutti gli altri partiti, di governo o di (finta) opposizione.

La riforma Cartabia

Infatti, il governo Draghi ci ha dato la riforma Cartabia, di cui abbiamo già parlato, in un precedente articolo. L’attuale governo della Meloni, che ricalca in tutto quello precedente, si appresta adesso a varare la riforma Nordio, che sarà peggiorativa; allora i politici saranno del tutto autoreferenziali ed impuniti a vita.

Democrazia sarà soltanto un nome vuoto sulla loro bocca, dal sapore beffardo.