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Stadio della Roma, (forse) si cambia: e la Raggi perderebbe un’altra occasione

Voci su un accordo Friedkin-Caltagirone per realizzare l’impianto a Tor Vergata: ennesimo smacco per il sindaco, che pensa solo a twittare contro Salvini

Qualche giorno fa, l’economista in aspettativa nonché deputato di Italia Viva Luigi Marattin cinguettava allegramente sull’abilità dei Cinesi che, avendo «ritenuto necessario costruire un nuovo ospedale per l’emergenza virus», ne avevano annunciato il completamento in una settimana. Un prodigio che si potrebbe forse spiegare con la presenza di Canton anziché di Cantone, e magari con un Tar del Lazio più efficiente del nostro…

E, se è proverbialmente vero che Roma non è stata costruita in un giorno, probabilmente sarebbe ancora in fase di edificazione se fosse stata sempre amministrata dall’attuale sindaco Virginia Raggi: con cui il soprannome di Città Eterna avrebbe assunto un senso completamente diverso.

Basti guardare l’iter di un’opera fondamentale per lo sviluppo della città – e non solo – quale lo Stadio della Roma, la cui cronistoria parte dal lontano 2012. La burocrazia ci ha indubbiamente messo del suo, ma i danni peggiori li ha causati dopo aver iniziato a rimare con ideologia: nella fattispecie, quella grillina, capace di rimangiarsi il progetto già approvato dalla precedente giunta Marino – roba che nelle assemblee condominiali si rischia l’estrazione delle lame per molto meno.

Ed ecco allora il (possibile) colpo di scena, legato a due nomi ben precisi: Dan Friedkin e Francesco Gaetano Caltagirone. Va subito precisato che si tratta solamente di indiscrezioni, peraltro già smentite da uno dei diretti interessati – il re del cemento nostrano. In molti, però, hanno trovato quantomeno curiosa la sua (ri)apparizione all’Olimpico in occasione dell’ultimo Derby della Capitale, e del resto il suo ufficio stampa ha smentito l’esistenza di un accordo in essere – non un’eventuale trattativa con il magnate texano.

Cuore di questa alleanza sarebbe lo spostamento del nuovo impianto da Tor di Valle a Tor Vergata, sui terreni dell’ateneo di cui ha la concessione lo stesso Caltagirone: una mossa che, pare, eviterebbe al proponente americano l’obbligo di sottostare alla Legge sugli Stadi, la dichiarazione di pubblica utilità del Comune di Roma, la Conferenza dei Servizi e la variante al Piano Regolatore – oltre al fatto che i collegamenti stradali sarebbero già pronti, e il trasporto pubblico sarebbe garantito dalla Metro C e dal possibile prolungamento della Metro A dalla stazione di Anagnina.

In realtà, non tutti sono convinti che le cose sarebbero così semplici: di certo però sarebbe l’ennesimo smacco per il primo cittadino che, se fosse appena un po’ più furba, si sarebbe già intestata da tempo un’operazione che significherebbe migliaia di posti di lavoro e la simpatia della stragrande maggioranza dei cittadini dell’Urbe (che, giova ricordarlo, sono giallorossi). «La nuova proprietà della Roma è più intelligente di quella vecchia» ha commentato, non a caso, l’ex assessore Paolo Berdini, precorrendo un po’ i tempi.

Il passaggio di proprietà tutto a stelle e strisce dalle mani dell’attuale presidente James Pallotta è infatti previsto per metà febbraio, forse il 16: data che per i Romani potrebbe diventare una di quelle da segnare sul calendario col circoletto rosso, visto che ci sarà anche la mobilitazione annunciata dal leader leghista Matteo Salvini contro l’inquilina del Campidoglio e il Governatore del Lazio Nicola Zingaretti.

Con l’usuale aplomb che la contraddistingue, e senza nemmeno troppa fantasia, Virgy ha invitato i cittadini a «staccare la corrente ai campanelli» per evitare la possibile citofonata del Capitano. Stia pure serena, perché prima di arrivarci il segretario del Carroccio dovrebbe scalare le montagne di rifiuti che (grazie a lei e a Zinga) punteggiano la Capitale d’Italia: e non è detto che ci riesca nei tempi in cui sarà ultimato il nosocomio di Wuhan.

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