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In Francia i pompieri-Joker. In Italia le sardine-Topolino. Stiamo meglio noi?

La favoletta di Santori & C. è che la priorità è abbassare i toni. La storia autentica è che a volte bisogna arrivare allo scontro

Andateveli a leggere altrove, i dettagli sui perché e i percome della lotta intrapresa dai vigili del fuoco francesi. Alcuni dei quali sono scesi in piazza con i volti mascherati da Joker: a ricordare che una società a empatia zero può diventare il bacino di coltura di mutanti a violenza mille. O centomila. Disumano il potere che ti intrappola, disumana la reazione di chi si ritrova con le spalle al muro.

Ancora prima di cercare informazioni online, però, domandatevi perché qui da noi se ne sia parlato così poco. Trattando gli scontri di martedì scorso come un mero fatto di cronaca: uh, a Parigi c’era un corteo di protesta con un percorso prefissato; oh, una parte dei manifestanti ha cambiato direzione e la polizia ha cercato di dissuaderli con gli idranti e i lacrimogeni; ah, il governo transalpino ha preannunciato che alcune delle richieste verranno certamente accolte e che su altre si valuterà in seguito.

Fine delle cronache. E quindi fine delle notizie. O addirittura delle foto-notizie, vedi Repubblica di ieri. Che si è limitata a un trafiletto piazzato a pagina 21, proprio in coda alla sezione “Mondo” e con un taglio da noterella d’agenzia, benché firmato dalla corrispondente Anais Ginori. Titolo, altrettanto scarno-neutro-superficiale, “Francia. Anche i pompieri in guerra per le pensioni”.

Tutto qui.

Della serie: vertenza sindacale con animi un tantino esagitati. I lavoratori scendono in piazza e diventano minacciosi (una parte dei pompieri indossava le divise da intervento con relativi caschi) e fanno qualcosa di illegale come deviare dal tragitto stabilito. Le forze dell’ordine – ma sarebbe sempre utile riflettere sulla effettiva natura di quell’ordine, ossia sugli interessi e i potentati che privilegia a danno del resto della popolazione – reprimono i facinorosi e i tafferugli finiscono lì. Restituendo la discussione ai tavoli delle trattative.

Nulla di speciale, messa in questi termini.

Légalité? No: fraternité

Moltissimo di speciale, invece, se ci si ragiona davvero. Inscrivendo la singola vicenda nell’orizzonte che le compete. E che, così come in molti altri casi, è di gran lunga più ampio. Perché è l’orizzonte della crisi esplosa nel 2008 e mai più superata, visto che non era affatto il classico crollo “ciclico” dei mercati finanziari ma lo snodo di una trasformazione profonda e definitiva. Che merita eccome di essere definita strutturale. E che infatti ha dato il via a una lunga serie di peggioramenti per la stragrande maggioranza dei cittadini, dai ceti medi in giù.

Quella crisi che è stata presa al volo per accelerare le strategie del cosiddetto riformismo, a cominciare dallo sgretolamento delle tutele del lavoro dipendente e delle normative sulle pensioni. Un attacco dispiegato soprattutto, e addirittura rivendicato come uno splendido esempio di maturità o persino di sagacia, dai partiti di centrosinistra, più o meno riverniciati di nuovo. Il PD e Matteo Renzi qui in Italia. Emmanuel Macron in Francia.

Il riformismo che noi italianuzzi ci stiamo sorbendo senza ribellarci. A bocca storta sì, perché stare peggio di prima non piace a nessuno. Ma a testa alta no, perché ci hanno talmente addomesticati, un po’ per volta, da farci dimenticare che almeno a volte bisogna essere pronti a battersi, per le proprie ragioni.

Rimanere nella legalità è l’ideale, ma presuppone che chi detiene il potere sia in perfetta buona fede e che metta davvero al primo posto il bene comune. Quando non sia così, si deve avere il coraggio di non lasciarsi ingabbiare in una contrapposizione formalistica tra ciò che è consentito e ciò che non lo è: sui metodi si può lungamente discutere, ma la totale obbedienza finisce con lo sprofondare in una totale acquiescenza. Mentre c’è un abisso tra dei cittadini onesti che si oppongono a delle sopraffazioni attuate “a norma di legge” e i teppisti in stile Black Bloc, ammesso e non concesso che questi ultimi non siano pesantemente infiltrati da agenti provocatori.

Torniamo a ciò che è accaduto in Francia, allora.

Dei vigili del fuoco – il cui lavoro irto di pericoli e all’insegna dell’altruismo li connota come una componente sociale particolarmente degna di stima, a differenza, per esempio, degli speculatori di Borsa – hanno capito che le autorità stavano facendo orecchie da mercante e che perciò bisognava forzare la mano. Anche correndo dei rischi, certo. Disobbedendo a questa o a quella imposizione secondaria, come il divieto d’accesso a una determinata zona.

Sia chiaro: nulla di estremo. E men che meno di terroristico. O comunque adatto a essere presentato, deformato e strumentalizzato come tale, stante che l’establishment non chiede di meglio che poter criminalizzare chi non sottostà alle sue direttive.

Giusto quanto basta a costringere i governi a mostrare la loro faccia più dura.

Più repressiva.

Più autentica.

In modo che altri cittadini, non direttamente coinvolti nella diatriba di turno, possano aprire gli occhi a loro volta e uscire dal torpore dell’impotenza.

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