Prima pagina » Cronaca » Sciopero FS il 23 maggio: treni fermi e tensioni irrisolte per la mobilità italiana

Sciopero FS il 23 maggio: treni fermi e tensioni irrisolte per la mobilità italiana

Le sigle sindacali Usb e Sgb hanno proclamato uno sciopero nazionale che coinvolge l’intero Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane

Stazione Termini, treni

Venerdì 23 maggio si preannuncia una giornata difficile per chi si muove in treno, ma anche per chi si affida al trasporto pubblico locale. Le sigle sindacali Usb e Sgb hanno proclamato uno sciopero nazionale che coinvolge l’intero Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, con un’astensione dal lavoro che durerà 23 ore, dalle 1.00 fino a mezzanotte.

Giornata a rischio per chi viaggia: il venerdì nero dei trasporti

La comunicazione è arrivata con qualche giorno di anticipo, come previsto dalla normativa, ma non basta a rassicurare chi ogni giorno dipende dalla puntualità di un convoglio o dalla certezza di una coincidenza.

A partecipare alla mobilitazione anche l’assemblea nazionale dei lavoratori Pdm/Pdb del Gruppo FS, che ha annunciato un’ulteriore azione di sciopero, stavolta concentrata nella fascia oraria compresa tra le 9.00 e le 17.00. Un segmento di otto ore che copre, nei fatti, quasi interamente l’orario di punta del trasporto pendolare, quello che collega le province alle grandi città.

Contratto scaduto e trattative ferme: le radici della protesta

Non è uno sciopero nato all’improvviso. Da mesi i lavoratori del comparto ferroviario vivono uno stallo che non sembra avere vie d’uscita rapide. Alla base c’è il nodo mai sciolto del rinnovo del contratto collettivo nazionale. Un contratto scaduto da tempo, per il quale non si intravedono ancora margini concreti di trattativa, almeno non con la piena partecipazione di tutte le componenti sindacali.

Le sigle Usb e Sgb, da tempo critiche nei confronti delle dinamiche di rappresentanza all’interno del Gruppo FS, rivendicano un maggiore coinvolgimento diretto dei lavoratori, non solo nelle assemblee ma anche nei tavoli negoziali. La richiesta è quella di superare un modello che, secondo loro, concentra il potere decisionale in una ristretta cerchia di interlocutori, lasciando fuori pezzi interi della forza lavoro che pure vive quotidianamente le criticità del servizio.

Il clima, già teso, si era momentaneamente disteso nei giorni scorsi, quando le stesse sigle avevano deciso di sospendere una precedente mobilitazione prevista in concomitanza con l’insediamento del nuovo Papa, accogliendo l’appello alla tregua formulato dal Garante per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali. Un gesto distensivo che, però, non ha prodotto alcun reale passo avanti nelle vertenze aperte.

Trasporto locale incluso: l’effetto domino sui pendolari

Lo sciopero del 23 maggio non riguarda solo le grandi direttrici ferroviarie. L’estensione al trasporto pubblico locale rischia di creare un effetto domino che colpirà soprattutto i pendolari e le fasce più deboli dell’utenza. Bus, tram e metropolitane potrebbero subire interruzioni o riduzioni significative del servizio in molte città italiane, a partire da Roma, Milano, Napoli e Torino, dove il trasporto urbano è un elemento centrale nella mobilità quotidiana.

Molti degli operatori coinvolti hanno già annunciato l’adesione allo sciopero, ma resta ancora da verificare il numero effettivo di lavoratori che incrocerà le braccia. Le aziende di trasporto sono obbligate a garantire le fasce di garanzia previste dalla legge, solitamente nelle prime ore del mattino e nel tardo pomeriggio, ma l’impatto sarà legato anche al grado di partecipazione reale alla protesta.

Per i viaggiatori, l’unica possibilità è quella di informarsi con attenzione nelle ore precedenti, monitorando gli aggiornamenti sui siti delle aziende e valutando opzioni alternative, quando possibile.

Un sistema in bilico tra tensioni sindacali e nodi strutturali

Lo sciopero del 23 maggio non è un evento isolato, ma il riflesso di una tensione più ampia che attraversa l’intero comparto ferroviario. Il trasporto su rotaia, che nelle intenzioni dovrebbe rappresentare l’ossatura sostenibile della mobilità italiana, sconta ritardi infrastrutturali, carenze organizzative e un cronico sottodimensionamento del personale operativo.

Gli scioperi, in questo contesto, diventano spesso l’unico strumento per portare all’attenzione pubblica problemi che altrimenti resterebbero sommersi. Ma il rischio è che a pagarne il prezzo più alto siano proprio i cittadini che più dipendono da quei servizi, senza avere reali alternative.

Il paradosso è evidente: in un momento storico in cui si spinge verso una mobilità più ecologica e integrata, il sistema ferroviario appare inceppato da conflitti interni e carenze strutturali che ne limitano la crescita.

La mobilitazione come sintomo, non come causa

Lo sciopero di venerdì sarà un banco di prova non solo per la tenuta del servizio, ma anche per la capacità del sistema di ascoltare e rispondere alle sue stesse contraddizioni. Chi viaggia dovrà armarsi di pazienza e organizzazione. Chi lavora, dentro quel sistema, chiede di non essere più spettatore silenzioso di decisioni che lo riguardano in modo diretto.

Al di là delle divisioni sindacali, delle firme sui contratti e delle note ufficiali, il punto resta sempre lo stesso: un servizio pubblico non può funzionare davvero se chi lo rende possibile ogni giorno si sente tagliato fuori dal processo decisionale. E quando i treni si fermano, non è mai solo una questione di orari o ritardi.