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Roma Metro B, una linea fragile: guasti ripetuti e infrastruttura da rifare

Le interruzioni dei giorni scorsi riaccendono i riflettori sui limiti strutturali della seconda metropolitana di Roma, ferma agli standard degli anni ’80

Guasto Metro B

Mercoledì e giovedì scorsi, i romani hanno fatto di nuovo i conti con la precarietà della Metro B. Un guasto tecnico ha imposto la chiusura parziale della linea e l’attivazione di bus sostitutivi, con le solite attese alle fermate e le carrozze affollate oltre ogni limite. Nulla di nuovo, verrebbe da dire: è l’ennesimo episodio di un copione che si ripete da mesi. Ma dietro questi disservizi c’è molto più di una semplice “sfortuna tecnica”: c’è una linea che vive di equilibri fragili, costruita su un’infrastruttura che da troppo tempo attende un vero rinnovamento.

La Metro B è la più antica dopo la linea A e ogni giorno trasporta circa 300.000 passeggeri, collegando nord e sud della città lungo un asse strategico per la mobilità romana. In sessant’anni di servizio ha subito un solo intervento profondo, quello del prolungamento verso Rebibbia a metà anni ’80. Da allora, nonostante l’arrivo di nuovi convogli e revisioni periodiche, il cuore dell’impianto è rimasto lo stesso. E oggi i limiti si vedono tutti.

Metro B di Roma, un’infrastruttura rimasta indietro

L’ultimo ammodernamento importante della Metro B risale al 1985. Da allora, la linea è andata avanti con manutenzioni ordinarie ma senza un vero rinnovamento tecnico. È come se i treni di oggi — più moderni e più pesanti — viaggiassero ancora su binari progettati per un’altra epoca.

Sulla carta, la linea B è affidabile; nella realtà, lavora costantemente al limite. Ogni giorno trasporta centinaia di migliaia di persone su un’infrastruttura che non è mai stata ripensata per reggere questi carichi. Il paragone con la linea A è inevitabile: lì, gli interventi di rinnovo hanno consentito di sostituire binari e sistemi elettrici, mentre sulla B si continua a intervenire “a tratti”, senza una strategia complessiva.

Binari e sottostrutture: una base che scricchiola

Il vero tallone d’Achille della Metro B è nei binari e nelle strutture che li sostengono. In diversi punti — come tra Castro Pretorio e Policlinico o lungo la curva dell’EUR Magliana — le piastre in cemento e il ballast in pietrisco sono ormai arrivati a fine vita.
Ne derivano vibrazioni, rallentamenti e un logorio continuo che impone interventi sempre più frequenti.

Finora non si sono verificati casi gravi come rotture di rotaie, ma il rischio è quello di un degrado lento e costante, che rende la linea vulnerabile. Ogni piccolo guasto, ogni allarme, può trasformarsi in un blocco prolungato del servizio. E quando succede, come nei giorni scorsi, il disagio si propaga in tutta la rete.

Impianti elettrici: un sistema da un’altra epoca

Anche l’alimentazione elettrica mostra i segni del tempo. Le sottostazioni che trasformano la corrente ad alta tensione nei 1.500 volt che alimentano i treni risalgono in buona parte agli anni Settanta.
Il problema non è tanto il cavo di contatto, quanto la rete che lo sostiene: impianti complessi, con componenti ormai difficili da reperire. È un po’ come mantenere in vita un’auto d’epoca che però deve correre ogni giorno in autostrada.

Situazioni analoghe si sono già viste sulla linea tram 8, dove guasti a sottostazioni obsolete hanno tenuto i mezzi fermi per settimane. La linea B, per ora, regge, ma il margine è sempre più sottile.

Una linea difficile da gestire in caso di guasto

C’è poi un altro aspetto tecnico, meno noto ma decisivo: la difficoltà di “sezionare” la linea, cioè di limitare il servizio solo a tratti in caso di problemi.
Oggi i punti in cui i treni possono invertire la marcia sono pochi — EUR Fermi, EUR Magliana, Garbatella, Castro Pretorio, Monti Tiburtini e Conca d’Oro — e questo rende la gestione delle emergenze molto rigida.
Un guasto in un punto nevralgico come Colosseo, ad esempio, può costringere a fermare l’intera tratta Garbatella–Castro Pretorio. Negli anni ’80, invece, esistevano scambi anche a Piramide e Santa Maria del Soccorso: ripristinarli renderebbe la linea più flessibile e ridurrebbe l’impatto dei disservizi.

Verso una ristrutturazione necessaria

Il quadro complessivo è chiaro: non bastano nuovi treni o riparazioni d’emergenza. Serve un intervento strutturale, un piano di rifacimento completo dell’infrastruttura, simile a quello in corso sulla Metro A.
Secondo quanto dichiarato dall’assessore alla Mobilità Eugenio Patané, il Campidoglio sta valutando un programma di lavori che prevede chiusure serali e cantieri concentrati, per accelerare gli interventi e limitare i disagi.

Nel frattempo, sono in arrivo 36 nuovi treni Hitachi, destinati a sostituire gradualmente il parco rotabile più datato. I primi due convogli sono già stati consegnati, ma non ancora entrati in servizio perché sotto verifica da parte dell’ANSFISA, l’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria e delle infrastrutture.
Un terzo treno è atteso a breve e, secondo il programma, ne arriverà uno al mese fino al completamento della fornitura. I nuovi convogli, dotati di sistemi di bordo più avanzati e migliori standard di comfort, dovrebbero migliorare l’affidabilità complessiva, ma senza un’infrastruttura adeguata rischiano di restare una soluzione parziale.

Parallelamente, il Comune ha annunciato l’introduzione di un nuovo sistema di segnalamento in grado di gestire il traffico dei treni in modo più efficiente e di ridurre le attese nelle ore di punta. Tuttavia, la priorità resta quella di intervenire sui binari, sulle sottostrutture e sugli impianti elettrici, per garantire una metropolitana all’altezza delle esigenze di una capitale europea.

Oggi la Metro B resta un asse fondamentale della mobilità romana, ma vive su un equilibrio sempre più precario. È una linea che “funziona”, ma non in modo stabile: basta poco per mandarla in crisi.
Il vero passo avanti sarà quello di riportarla agli standard delle grandi città europee, dove manutenzione e tecnologia camminano insieme. Per Roma significherebbe non solo un servizio più regolare, ma anche un segnale concreto di fiducia nei confronti del trasporto pubblico.

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Andrea Castano – Odissea Quotidiana