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Roma, l’assessore del Municipio III Raimo fa affermazioni “stupefacenti”

Il rappresentante della sinistra preoccupato dei contraccolpi della pandemia su spacciatori e tossici. Peggio della Raggi impensierita da chi perde il lavoro nero

In un periodo del tutto fuori dell’ordinario come quello che stiamo vivendo da qualche settimana, il pensiero generale è rivolto alle vittime del coronavirus, agli operatori sanitari che mettono a rischio le proprie vite per salvare i propri pazienti, a chi sta attraversando delle difficoltà dal punto di vista lavorativo. Poi però c’è anche chi, forse nell’ansia di guadagnarsi il proverbiale quarto d’ora di celebrità, fra queste “quisquilie e pinzillacchere” ci ricorda le cose davvero importanti.

È il caso di Christian Raimo, assessore alla Cultura in quota sinistra del Municipio III della Capitale, che via Facebook ha esternato a proposito di un paio di categorie che evidentemente trova vilipese: «In questi giorni non si trova roba. Gli spacciatori sono chiaramente scomparsi. I rifornimenti sono chiaramente bloccati. Zero fumo, erba, coca, eroina. I tossicodipendenti ma anche chi ne fa un uso non abituale, anche solo ludico, stanno subendo contraccolpi fisici e psichici notevoli».

Magari positivi, nel senso che l’astinenza forzata da auto-isolamento potrebbe anche indurre qualcuno a uscire dal tunnel della droga (che, per inciso, non è mai ludica ed è sempre deleteria), ma questa semplice prospettiva al Nostro pare proprio non sovvenire. In ogni caso, l’aspetto ancora più surreale è che la succitata argomentazione (si fa per dire) è la parte intelligente del suo post.

«Tra le tante cose che questa pandemia ci fa capire è il valore dell’antiproibizionismo, e che il proibizionismo ha anche degli effetti sociali devastanti» ha infatti concluso Raimo. Mostrando serie lacune sia nella sostanza, visto che il proibizionismo in questo contesto c’entra come i cavoli a merenda; sia nella forma – ma questo, dal momento che l’assessore per caso si pregia anche di essere uno scrittore, sarà al massimo un problema dei suoi correttori di bozze.

È invece un problema collettivo – e ben più serio – il fatto che un esponente delle istituzioni non riesca a capire che non può avallare comportamenti che, come minimo, sconfinano nell’illegalità. Oltretutto, a Roma non è neppure un caso isolato, se si pensa che qualche giorno fa il sindaco dell’Urbe Virginia Raggi si era detta «vicina anche a chi – sembra brutto dirlo – stava facendo un lavoro in nero e ora lo ha perso».

Virgy, però, si era almeno resa conto in fretta della propria gaffe (eufemismo), a cui aveva cercato goffamente di porre rimedio precisando che non era sua intenzione legittimare l’evasione. Raimo, invece, ha pensato male di rincarare la dose (è il caso di dirlo): «Ma riesco a capire» ha ragliato nel suo incerto italiano da letterato, «che non trattare in modo laico (sic!) la questione delle sostanze non è solo un po’ da scemi, ma in alcuni casi ha un effetto sociale dannoso per tutti».

Il popolo social – che difficilmente perdona le affermazioni intelligenti, figuriamoci le farneticazioni – lo ha fulminato chiedendogli tra l’altro perché non pensi anche ai topi d’appartamento, i cui profitti rischiano di essere azzerati dalla quarantena. Ma in fondo Raimo è lo stesso che, in occasione dell’arresto del pluriomicida Cesare Battisti, dichiarò candidamente di auspicare «l’abolizione di tutte le galere».

Solo per dire che il Nostro ha uno stile e una forma mentis, per così dire, molto peculiari. E, senza ombra di dubbio, stupefacenti.

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