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Roma, impiccarsi a 13 anni per bullismo: per uscirne dobbiamo ascoltare anche gli aggressori

L’episodio è accaduto a Torpignattara, Roma, ma eventi del genere non appartengono a un determinato luogo perché possono accadere in qualunque altre città

È domenica sera, una sera di inizio giugno. L’estate deve ancora iniziare, un po’ come la vita di un adolescente che è ancora tutta in divenire. Invece una ragazzina di 13 anni viene ritrovata dalla madre al ritorno dal lavoro, morta suicida nella sua cameretta. Si è impiccata con un cavo elettrico. 

A Torpignattara come altrove: dal bullismo al suicidio

L’episodio è accaduto a Torpignattara, zona est di Roma, ma in verità eventi del genere non appartengono ad determinato luogo perché possono accadere in qualunque altra città o luogo del mondo.

La storia di Laura (nome di fantasia) è una storia che ci colpisce molto, perché Laura è una ragazzina come tante che vediamo ogni giorno in strada, davanti la scuola o a far capannello con gli amici nei luoghi di ritrovo, stessi interessi, stesse passioni, stessi tormenti legati a quella straordinaria e particolare età che si chiama “adolescenza”.

Sembra di vederla quell’ età, con le camerette con  dentro il libro di storia aperto sulla scrivania, i poster e i foglietti del diario con le frasi in inglese rubate dalle canzoni, magari senza neanche conoscerne il significato e poi lo smartphone, i video visti e rivisti su Tick Tok e il tentativo di riprodurre i movimenti davanti lo specchio, il tablet e ancora  i peluche sul letto e le bambole in disuso ferme su qualche mensola e tutto intorno un grande urlo che grida: “Sto crescendo…..anche se sono ancora una bambina ed è tanto forte e  confuso tutto quello che mi sta intorno”.
Un grido che spesso non viene udito. Un grido che si mescola ad un rumore di fondo troppo assordante che lacera dentro e al quale da soli non si riesce a sopravvivere.

Le richieste di aiuto della 13enne

Le indagini stanno facendo il loro corso. Sono stati sequestrati tablet e smartphone per escludere la pista dei giochi di morte diffusi sui social come purtroppo è accaduto ad altri coetanei di laura, mentre un’indicazione sulle motivazioni del drammatico gesto arriva dalla voce strozzata della mamma. Laura era vittima di “bullismo”. A quanto riferito, già un anno fa la ragazza aveva chiesto di essere spostata in un’altra classe.

Lunedì mattina alcune compagne e compagni hanno affisso uno striscione sulla scuola. Le bandierine arcobaleno con la scritta LGBT e il nome neutro che Laura stessa si era data.

Un nome neutro, proprio come il territorio che appartiene al cambiamento fisico e psichico che quell’età impone. L’età in cui si salta dai giochi infantili ai primi sguardi, dai cartoons alla serie del momento.

L’adolescenza e la ricerca del Sé


Un luogo neutro e per questo irto di difficoltà, perché cambia il corpo e non è facile riconoscersi. Cambiano le spinte emozionali e le pulsioni e non è facile trovare certezze.
Una fase di cambiamento  che alcune ragazze vivono ostentando atteggiamenti seduttivi in cerca di conferma ed approvazione, altre invece chiudendosi in sé sopportando con imbarazzo e senso di inadeguatezza il loro presente cercando di nasconderlo con abiti più comodi. Forse proprio per questi suoi comportamenti e una presunta insicurezza rispetto l’identità di genere, Laura veniva schernita ed isolata dal gruppo.

Dal punto  di vista psicologico sappiamo quanto l’adolescenza e le sfide che lo sviluppo presenta in questa fase, sono essenziali per il completamento della propria identità.

È proprio in questo periodo che il ragazzo cerca una sua “individuazione “, allontanandosi dalla famiglia e dalle figure genitoriali per proiettarsi sempre più verso i pari. Il ragazzo lancia continue sfide al mondo adulto, in attesa che vengano accettate e mai assecondate, proprio per dare conferma al suo esistere (Winnicott).

Il gruppo come specchio di sé


Il gruppo dei pari diventa lo specchio di sé, ci si vede e ci si riconosce per come ci vedono e sentono gli altri. Non bastano più le rassicurazioni familiari e le parole dei genitori. Ora c’è bisogno della conferma esterna, è nel gruppo che si cerca il rinforzo alla propria autostima. Tutto è vissuto a livello corale, dagli amori ai sogni, alle prime esperienze sessuali e tutto è  sempre “condiviso”. Le amicizie vengono messe al primo posto, difese, ostentate e rivestite di un’importanza vitale. Ecco allora che l’esclusione dal gruppo,  l’offesa o ancor peggio la derisione possono essere per il giovane un fattore di stress incontenibile, perché si attua con essi la disconferma della propria percezione del sé. Nel fenomeno del bullismo la vittima soffre proprio questo genere di disconoscimento, con la conseguente frantumazione del proprio io.

Il bullismo e il rapporto asimmetrico tra vittima e bullo

L’aumento costante di episodi di cronaca come quello di Laura ci obbliga ad  una seria riflessione sul fenomeno  e sul mondo degli adolescenti.
In primis attraverso una vera e propria campagna di prevenzione la quale deve includere non soltanto i giovani ma anche gli adulti e i vari soggetti istituzionali. Devono infatti saperlo riconoscere nelle dinamica e nei diversi attori.
Il bullismo è inquadrabile come sottocategoria dell’aggressività. Si tratta di una forma di aggressione proattiva, cioè un’aggressione strumentale reiterata effettuata con uno scopo. Ha delle caratteristiche distintive rispetto alle altre forme di violenza,  ovvero è un comportamento aggressivo sistematico e ripetuto nel tempo con la precisa intenzione di procurare dolore alla vittima scelta.

Tra bullo e vittima ci deve essere un rapporto di asimmetria. Ossia la vittima non è in grado di difendersi mentre il bullo ha bisogno di forte riconoscimento. La natura  dei comportamenti esplicitati del bullo/a o gruppo di bulli, possono essere sia verbali che fisici.


Per comportamenti aggressivi si intendono quelle  azioni di prepotenza dirette ed esplicite, come aggressioni fisiche, minacce, offese, prese in giro e denigrazioni di ordine sessuale, religioso o riferete all’aspetto fisico.
Nella forme più organizzate rientrano i comportamenti di prepotenza indiretta, ovvero, diffamazione tramite la diffusione di storie non vere volte a ledere l’immagine morale della vittima e l’esclusione e l’isolamento dal gruppo e dalle attività comuni.

Le nuove forme del bullismo: il cyberbullismo


Forma più subdola e sempre più diffusa è il cyberbullismo, in questo caso le molestie sono attuate attraverso i mezzi tecnologici, come le chat di WhatsApp, sms, dove addirittura la condivisione di video della vittima bullizzata vengono diffusi tramite smartphone e resi pubblici o più semplicemente con molestie e offese ripetute sui vari profili social della vittima.

Quando si parla di bullismo ci si deve sempre riferire a un contesto all’interno del quale sono diverse le figure in gioco.
Gli attori principali sono sicuramente il bullo o il leader del gruppo da una parte e la vittima dall’altra. Entrambe le figure soffrono un disagio interiore malgrado le strategie comportamentali si trovino agli estremi.
Al bullo si uniscono i cosiddetti “gregari”, soggetti non del tutto capaci di imporsi nel contesto dei pari e che nell’alleanza con il leader trovano facile riconoscimento, divenendo in molti casi complici nelle azioni di violenza.

La dinamica è spesso seguita da un pubblico fatto di coetanei che osservano e restano silenti. Si tratta in questi casi di individui che percepiscono vicino il ruolo della vittima, tanto da immaginarsi in quella condizione e così scelgono il silenzio come forma di difesa. Nei casi più fortunati vi è la presenza dell’ultimo, ma più importante degli attori,  cioè di colui o colei che interviene e protegge la vittima sia con vicinanza emotiva sia affrontando il bullo.

Parliamo di un giovane o una giovane che a differenza degli altri ha saputo costruire una individualità ben strutturata e un forte senso dell’altro.

Il profilo della vittima di bullismo


Il profilo della vittima a sua volta è caratterizzato da una personalità piuttosto introversa e poco aderente al gruppo. Un profilo che in alcuni casi presenta già enormi fragilità interiori. Proprio in funzione di questo le conseguenze del bullismo possono avere epiloghi drammatici o comunque portare a conseguenze gravi a seconda dei casi.
In linea generale si tratta di conseguenze a breve e lungo termine. Tra queste l’ abbassamento dell’autostima e la scarsa fiducia in sé stessi che sfociano in depressione e disturbi di ansia. L’ansia viene poi rafforzata, perché la vittima di bullismo spesso mettere in atto comportamenti di evitamento, tipo non frequentare luoghi o situazioni che le ricordano  gli episodi spiacevoli subiti, innescando tentativi di soluzione che paradossalmente finiscano per aumentare il disagio.

Maltrattamento infantile e bullismo, le analogie emerse dagli studi

Vari studi scientifici, come Lereya e colleghi (2015), hanno confrontato le conseguenze a lungo termine sui bambini vittime di maltrattamento da parte di adulti e vittime di bullismo da parte dei pari  evidenziando come il maltrattamento da parte dei pari (bullismo) ha effetti a lungo termine simili al maltrattamento infantile, e causa disturbi come  depressione, ansia, comportamenti autolesionistici e suicidari.
Se ne deduce che il bullismo è un fenomeno sociale complesso al quale si ha l’obbligo di rispondere con interventi seri e a più livelli.
Una mamma da sola non può salvare la propria figlia difronte a certe dinamiche. C’è bisogno che il supporto arrivi dalle varie istituzioni, scuola, servizi sociali, comunità e se necessario forze dell’ordine. La peggiore sensazione per la vittima di bullismo è sentirsi sola, senza nessuno intorno a proteggerla,  perché essere isolati  conferma la tesi che si è in qualche modo “SBAGLIATI”.

In collaborazione con la Dott.ssa Nilde Fiorentino

Immagine di Archivio non legata ai fatti descritti

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