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Roma Film Fest: Un terrorista in ambulanza, una lotta per la sopravvivenza e il ricordo di un uomo buono

L’ottava giornata del Roma Film Fest raccontata dal nostro inviato Mario Conti. Tre film: The Shift, Peninsula ed El olvido que seremos

Roma Film Fest, the-shift

Roma Film Fest, The Shift

Al di là (o al di qua) delle intenzioni espresse dal regista, The shift si presenta come uno dei pochi esempi italiani di thriller di stile internazionale (forse per influenza della co-produzione belga).

The Shift al Roma Film Fest, un thriller italiano

Un’ambulanza corre a sirene spiegate per le vie di Bruxelles, portando al pronto soccorso un ragazzo rimasto ferito in una strage di matrice terroristica. La strage è stata prodotta da un fondamentalista islamico che, entrato in una scuola superiore, spara ripetutamente sugli studenti e poi si fa saltare in aria.

All’interno dell’ambulanza l’infermiera Isabel presta il primo soccorso al ragazzo. Nell’aprirgli la camicia gli vede il busto fasciato di esplosivo, e lì comprende che non è una vittima che ha di fronte. Davanti ha uno degli attentatori, che non ha avuto il tempo di completare l’opera del compagno. Il ragazzo ha ancora in mano il pulsante che attiva il detonatore. Tutta la prospettiva cambia. Tanto più che il ragazzo si risveglia e prende il controllo della situazione. E’ un buon film, capace di coniugare i parametri del thriller con il pathos delle vite e delle ragioni dei personaggi in gioco.

Dov’è che il racconto diventa carente? Per esplicita affermazione del regista/sceneggiatore, Alessandro Tonda, il film si propone di investigare “lo scontro in seno all’Europa stessa tra Islam radicale e civiltà occidentale. Partendo dall’emergenza del terrorismo jihadista per arrivare all’esigenza di governare un processo di integrazione che sappia evitare il condizionamento di ogni tipo di estremismo”.

E ancora “compiendo un ulteriore passaggio di approfondimento drammaturgico e quindi tematico, attraverso cui il terrore non viene più solo combattuto ma anche guardato negli occhi”.

Ed è qui che le promesse non ci sembrano mantenute. Il personaggio di Eden, il giovane terrorista ferito, è analizzato assai superficialmente. Gli si fa dire “i miei genitori non mi hanno mai capito, mi trattano come un bambino”, e si crede che questo basti.

L’integrazione, parola oggi molto usata ma con accezioni e punti di vista diversi e talvolta contraddittori, non è per niente affrontata. Prendiamo solo atto che i genitori del fondamentalista sono attoniti e probabilmente brave persone. Nulla ci viene detto dei mandanti e del loro retroterra; la società belga in cui l’azione è immersa fa da comparsa, polizia e mezzi di soccorso fanno il loro dovere (anzi, i due nostri paramedici a bordo molto di più) e non discriminano. Insomma, quella rabbia resta inesplicata, l’opposto della dichiarazione di intenti iniziale.   

Per fortuna The Shift nonprende le distanze dagli stilemi dei thriller di consumo” (per usare ancora le parole del regista), se non rifiutando allo spettatore soddisfazioni di pancia. Anzi, estrema tensione, tempi, imprevisti, rapidi passaggi di scena fra i vari teatri in cui si compie il dramma, ci garantiscono uno spettacolo coinvolgente. I padrini chiamati in causa da Tonda – Alejandro González Iñárritu (21 Grammi) e Kathryn Bigelow (The Hurt Locker) – non sono evocati a sproposito.

Peninsula, il film sudcoreano che diverte

Vi piacciono gli esotici luna park fracassoni del cinema d’azione asiatico? Vi attizza il genere apocalittico? Se sì, o almeno se siete disposti ad assumere momentaneamente la sintassi narrativa e gli stereotipi tipici di quella cinematografia, esteticamente molto lontani dai nostri, il sudcoreano Peninsula vi divertirà.

E’ del concitato regista-culto dei giovani Yeon Sang-Ho, lo stesso che firmò l’apocalisse zombie in chiave ferroviaria Train to Busan, anch’esso passato anni fa per la Festa di Roma.

In questo, che non è un sequel pur condividendo l’universo narrativo del primo, gli eroi di turno – un ex militare, un suo amico fraterno, una giovane madre con le sue figlie (piccole ma assai intraprendenti), e un loro anziano protettore – si ritrovano nel centro di una Seoul devastata dall’epidemia e abbandonata a orde di zombie infoiati di sangue, con la missione di recuperare entro un limite di tempo un camion pieno di soldi e riportarlo a Hong Kong, fuori dalla penisola coreana ormai off-limits.

Nella città si vedrà che vivono comunità di sopravvissuti, organizzati in bande delinquenziali semi-barbariche; i nostri dovranno vedersela anche con loro; che non sono il pericolo minore.

Non siate precipitosi nello storcere il naso, il film era stato selezionato dal Festival di Cannes 2020 (come d’altro canto molti dei titoli in cartellone in questa edizione delle Festa romana), che come sapete non si è tenuto più, perché sarebbe caduto nel bel mezzo del lockdown di primavera.

Il ritmo è frenetico, gli effetti divertenti, le panoramiche e gli scorci apocalittici sono fantasiosi. Tutto diventa una specie di balletto, punteggiato – con una contaminazione di gusto prettamente asiatico – da trovate “umoristiche”; tanto che la violenza finisce per essere sublimata in un’astrazione estetica.

Prendere o lasciare.

El olvido que seremos e il culto della libertà

El olvido que seremos (che vuol dire “l’oblio che saremo”) di Fernando Trueba, che nel ’92 vinse l’Oscar con Belle Époque, racconta dell’attivista colombiano per i diritti umani Héctor Abad Gómez, nell’arco degli anni dai primi ’70 alla fine degli ’80, a Medellìn: il suo culto della libertà, gli affetti familiari e l’armonia domestica, l’educazione impartita ai figli, i successi professionali (di medico e di insegnante universitario) ma anche le crescenti difficoltà incontrate da parte dell’establishment colombiano di quegli anni per la sua poca manovrabilità politica.

Il film – tratto da un libro di successo scritto dal suo unico figlio maschio – convince soprattutto nella prima parte, quando mette in scena la vita di un uomo buono. I quadretti familiari e pubblici sono avvolgenti, grazie anche a uno stupendo talento nel comporre le immagini corali, nel muovere armoniosamente le figure in quadri d’insieme.

Quando, inconsolabile per la morte di una figlia, la sua vita si vota all’impegno e all’attivismo politico, il messaggio si fa già visto, prevedibile, atto d’accusa verso un sistema di potere e una classe politica, quelli colombiani, che abbiamo avuto modo per decenni di conoscere e condannare, quando non disprezzare, nella sostanza e nei metodi. E si fa convenzionale anche il ritratto dell’uomo, che vira all’agiografico, diventa addobbo di un altarino. Peccato, ma il film resta un documento edificante e formalmente elegante. 

Selezione Ufficiale

THE SHIFT

film, Italia Belgio 2020, durata 83’. Regia: Alessandro Tonda.

Sezione “Tutti ne parlano”

PENINSULA

film, Corea del Sud 2020, durata 116’. Regia: Yeon Sang-Ho.

Selezione Ufficiale

EL OLVIDO QUE SEREMOS

film, Colombia 2020, durata 137’. Regia: Fernando Trueba.

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