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Roma. Ana morta dopo una liposuzione, parla il marito: “Discutevano su dove portarla”

L’ambulanza chiamata dopo un’ora, l’arrivo al nosocomio più lontano: lo straziante racconto di Jorge

Ambulanza

Un’operazione da 4.300 euro concordata con un medico connazionale tramite la comunità peruviana di Roma si è trasformata in tragedia: Ana, 46 anni, è morta dopo una liposuzione e l’accaduto ora assume contorni più netti dopo il racconto del marito Jorge.

Morte dopo liposuzione, l’ambulanza chiamata dopo un’ora

“Ana era distesa sul lettino, intubata, priva di sensi. Io ero accanto a lei, impotente. Ma l’anestesista e l’autista dell’ambulanza privata si sono messi a discutere su dove portarla. Uno voleva andare al Gemelli, molto più vicino. L’altro insisteva per l’Umberto I. E alla fine, siamo andati lì. Ma era lontano. Troppo”. Jorge, da giorni in stato di shock, parla con voce spezzata.

Ana Sergia Alcivar Chenche, 46 anni, ecuadoriana, viveva con Jorge a Busalla, in provincia di Genova. Avevano costruito una vita semplice, fatta di lavoro (lui gestisce una piccola azienda idraulica), sacrifici e famiglia. Lei, madre anche di altri due figli, si era affidata alle mani del dottor José Lizarraga Picciotti per un ritocco al mento e una liposuzione. L’accordo economico consisteva in mille euro con bonifico, il resto in contanti.

Ma lo studio in cui si è svolto l’intervento — un appartamento al civico 45 di via Francesco Roncati, in zona Torrevecchia — non era regolare. Lo confermano le prime risultanze della polizia. Nessuna autorizzazione sanitaria valida, nessun defibrillatore presente. E un passato che pesa come un macigno sulle spalle del chirurgo, già denunciato per lesioni in altri due casi simili, nel 2006 e nel 2018.“Avevo avuto un brutto presentimento appena entrato,” racconta Jorge. “Ma un’infermiera mi rassicurò: ‘Non si preoccupi, sono cose da nulla’”.

Alle 14, un’amica di Ana, Monica, entra per prima. L’intervento dura due ore e tutto sembra filare liscio. Poi, alle 17.15, è il turno di Ana. Dopo circa un’ora e mezza, il medico esce: “C’è un problema con l’anestesia,” dice, parlando genericamente di pressione alta. Passa quasi un’altra ora prima che si decida di chiamare un’ambulanza.

Proseguono le indagini: inchiesta per omicidio colposo

Mentre lo studio si rivolge a un servizio privato, Jorge chiama il 118. Ma una volta vista l’ambulanza privata arrivare, chiude la telefonata. È lì che — secondo il suo racconto — accade l’incredibile: “I due, anestesista e conducente, si sono messi a litigare su quale ospedale scegliere. Intanto Ana peggiorava. Non so quanto tempo sia passato, ma mi sembrava un’eternità”. La corsa al Policlinico Umberto I si conclude alle 20.32. Ana è già in arresto cardiaco: viene tentata una rianimazione prolungata, ma non c’è nulla da fare.

La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo in concorso. Gli indagati sono tre: il dottor Lizarraga Picciotti, un infermiere e l’anestesista Paolo Colcerasa, ex dipendente del Policlinico Umberto I, oggi in pensione. Proprio Colcerasa, secondo Jorge, avrebbe insistito per andare al nosocomio dove ha lavorato per anni. Perché? Pensava che i colleghi avrebbero potuto salvarla? Oppure che avrebbero potuto — eventualmente — proteggerlo?

È uno dei punti su cui si sta concentrando l’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco e dal pm Andrea D’Angeli, che oggi affideranno l’incarico per l’autopsia. I risultati dell’esame autoptico e, soprattutto, quelli tossicologici, potrebbero fornire risposte cruciali: l’arresto cardiaco è compatibile con un sovradosaggio o con un’anestesia mal somministrata? Le cause del decesso sono riconducibili a imperizia medica o a ritardi nei soccorsi? Nel frattempo, anche la società di ambulanze private è finita sotto inchiesta, assieme al suo personale.