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Rezza su Covid-19: “Futuro incerto, attenzione ai contagi di importazione”

L’intervista al professor Giovanni Rezza, direttore della prevenzione del Ministero della Salute, sul futuro del virus che ha sconvolto il mondo

Giovanni Rezza, contagi di importazione

Giovanni Rezza, contagi di importazione

Contagi di importazione, questo il pericolo su cui ci invita a riflettere anche “Epidemie”, in uscita in libreria. È un libro che racconta non soltanto l’esperienza del virus Sars-coV-2 ma anche lo sconvolgimento sociale, politico, economico, di livello mondiale che questa crisi sanitaria ha causato. L’autore, il professor Giovanni Rezza già direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, attualmente direttore della prevenzione del Ministero della Salute. Come sta l’Italia e come stiamo noi italiani, alla metà di luglio?

“In questo momento la situazione è relativamente buona, decisamente migliorata rispetto a due o tre mesi fa quando l’epidemia in alcune regioni del Nord e in particolare in Lombardia faceva temere il collasso sanitario, temevamo scendesse anche al centro-sud. Di fatto ora abbiamo una situazione di bassa circolazione virale, caratterizzata però dalla presenza di focolai. Questi focolai sono talvolta innescati da infezioni importate nel nostro paese”

La mascherina all’aperto si deve usare o meno?

“All’aperto non è necessario usare la mascherina, soprattutto se si mantiene la distanza di almeno un metro. In locali chiusi, soprattutto sovraffollati, l’uso della mascherina è necessario e doveroso perché non possiamo mantenere la distanza. Le mascherine comuni proteggono se ciascuno le usa perché ostacolano le proprie goccioline di saliva nel raggiungere gli altri. Se tutti la portiamo siamo tutti più al sicuro”.

Eppure ci sono perfino esperti, scienziati e virologi, che sostengono che non serva un granché.

“Ci sono studi che mostrano ciò che dicevo, ovvero che dimostrano che indossandola tutti il rishio di contagio si abbassa fino all’80%. L’effetto di contenimento delle malattie respiratorie è notevole”.

Contagi di importazione

L’Oms mette in guardia sul possibile ritorno anche in Europa, cosa ne pensa?

“È possibile, il virus circola velocemente nel mondo, in questo momento è aggressivo nelle americhe, nel sub continente indiano, in Iran, Usa, Russia. L asituazione a livello globale non è niente affatto rosea. Il rischio di reimportazione in Europa e Italia è alto”.

L’ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma si è dimostrato un’eccellenza, ottenendo risultati importanti sia nella cura che nella ricerca. Anche rispetto al nord. Si tratta di un’eccellenza regionale o è frutto anche di circostanze che hanno reso il Lazio meno pericoloso?

“La regione Lazio sta lavorando molto bene, però bisogna dire che il carico di malattia in Lombardia non è nemmeno lontanamente paragonabile alle altre regioni, Veneto compreso. La Lombardia è stata colpita precocemente, quando nessuno se lo aspettava. Diagnosticato il primo caso ce ne erano già migliaia sul territorio. Non abbassiamo la guardia, rilanciamo l’economia e le attività lavorative e commerciali mantenendo le precuazioni. Non possiamo reggere un altro lockdown”

Virus imprevedibile?

All’arrivo del virus come è stato possibile non provvedere subito e piombare nel caos dei governi? C’erano scienziati in disaccordo su tutto, paesi che adottavano imunità di gregge e altri il lockdown. Le pandemie sono già accadute e le autorità sanitarie conoscono il fenomeno della globalizzaizione sul piano sanitario, eppure come mai non ce lo aspettavamo?

“La pandemia si prevede come fenomeno generale ma non nella tipologia virale. Si pensava che il big one, la grande pandemia, sarebbe stata causata da un virus influenzale. Perché questi virus hanno serbatoi animali selvatici ma anche domestici. Il virus influenzale è un genoma segmentato quindi diciamo che se un animale ne infetta un altro questi possono scambiarsi porzioni di genoma dando origine a virus nuovi, come in questo caso. Siccome emergono in continuazione e il piano pandemico riguardava virus influenzale ma non un coronavirus. Questo è stato l’elemento inaspettato. Che la pandemia fosse di un coronavirus.

La prima Sars, nel 2003, aveva sintomi molto gravi dunque paradossalmente era più difficile diffonderla, perché ti teneva inchiodato al letto. Sars 2 invece, è subdola perché può manifestarsi in modo lieve e perfino totalmente asintomatico ma comunque capace di contagiare. Nella Sars-CoV il picco contagiosità si verificava dopo pochi giorni e accompagnato da sintomi, il picco della Sars-CoV-2 subito e senza sintomi. In questo scenario i contagi di importazione sono ancora più pericolosi”

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