Quello che è ideologico in Sanità è corrosivo e alla fine il prezzo lo paghiamo tutti
I settori più colpiti negli ultimi 30 anni dal degrado sanitario sono stati soprattutto il territorio e la prevenzione primaria e secondaria

In un Paese come l’ Italia perdere il SSN così come è impostato dalla legge 833 del 1978 sarebbe semplicemente folle ed autolesionista: ce ne accorgiamo solo quando ci capita di ammalarci seriamente.
Ma l’attuale organizzazione del SSN (legislativa) pone dei seri problemi di compatibilità con gli obiettivi di finanza pubblica specie con gli anni a venire. In poche parole, il SSN in Italia oggi costa troppo per le nostre tasche, spreca molto e in alcune situazioni geografiche rende poco e male e questo quando succede produce decessi evitabili ed abbassa la spettanza di vita.
Il degrado della Sanità pubblica in Italia
I settori più colpiti negli ultimi 30 anni dal degrado sanitario sono stati soprattutto il TERRITORIO E LA PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA (screening): intere aree italiane hanno visto depauperare la loro forza nelle risorse umane di medici di medicina generale e specialisti ambulatoriali che avevamo faticosamente costruito sin dal dopoguerra e spostate le loro attività (visite mediche specialistiche, esami del sangue, esami radiologici) verso gli ospedali pubblici e privati accreditati e i policlinici universitari.
Questo ovviamente ha comportato la esplosione delle Liste di attesa e parallelamente ha ingolfato i Pronto Soccorso/DEA degli ospedali in attività mediche a basso valore aggiunto e inappropriate (una sorta di Asl aggiuntiva ma sottopagata caratterizzata da codici di accesso di valore medio o lieve e curabilissimi a domicilio).
Tuttavia il SSN italiano resta fondamentalmente ancora valido perché sufficientemente EQUO, SOLIDARISTICO E UNIVERSALE, ma ritengo che queste caratteristiche stiano diventando residuali perché troppo legate alla vetustà anagrafica delle risorse umane che vi lavorano dentro ed ormai prossime alla quiescenza (4-6 anni): il Governo se ne è accorto (tardi) e purtroppo ha dimostrato nonostante l’ amicizia che mi lega ad alcuni suoi esponenti, di non avere purtroppo idee molto chiare su dove deve andare la barca sanitaria pubblica anche perché i galli a cantare sono parecchi e l’ influenza del MEF è preponderante (debito pubblico italiano gigantesco ma questa è un altra vicenda).
Manca una strategia di lavoro
Unico pannicello caldo a mio giudizio che il Governo ha utilizzato è stato spostare la quiescenza in avanti (73 anni) per i medici di medicina generale ma solo su base volontaria, introdurre le assunzioni co.co.co. (no concorsi pubblici con graduatorie idonei) per entrare nel SSN.
Nulla che sia una idea generale di strategia dove la barca dovrebbe andare: soprattutto alla luce del fatto che la demografia del Paese rispetto agli anni ’80 e ’90 del secolo scorso (Legge 502 del 1992) è molto cambiata sia in termini di forza lavoro, sia di età media della popolazione generale che è molto spostata in avanti (almeno 15-20 anni in più). Siamo in tempi di policronicità (costosissime) e di grandi vecchi (>80 anni).
Il Governo spende oggi per il FSN (Fondo Sanitario Nazionale) circa 135 mld euro ma li spende male, anzi non capisce bene come li spende in molte realtà regionali: per esempio non sembra tenere in debito conto i tremendi disavanzi annui di molte realtà ospedaliere ed asl specie nelle Regioni più in difficoltà, per non parlare di quelli dei policlinici.
Le Regioni e la sanità pubblica
Il Governo unicamente si appoggia a corpo morto all’ accreditamento istituzionale (regionale) dei soliti noti privati (case di cura, ospedali, policlinici, laboratori, studi polispecialistici) lasciando ampia carta bianca ai Direttori Generali e Commissari Straordinari (sempre i soliti nomi) o peggio agli Assessori e Governatori Regionali nella scelta degli interlocutori. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Teniamoci quindi stretto il 32 della Costituzione e grande parte della 833/1978 di anselmiana memoria ma miglioriamo e modernizziamo il sistema legislativo in Parlamento e facciamolo rapidamente ed il perchè della urgenza sta nel fatto che l’ attuale nerbo della forza lavoro medica odontoiatrica ed infermieristica del SSN è anziana e uscirà di scena molto ma molto presto (quiescenza, malattie, morti) nello spazio di pochissimi anni.
Se non interverremo PRESTO con una organica riforma del SSN che introduca finalmente concorrenza e competizione vera (liberalizzazione di interi settori sanitari), unica alternativa a mio giudizio sarà il cosiddetto “PRIVATO SELVAGGIO” per implosione massiva e definitiva del SSN, cioè la fine della equità e solidarietà del SSN – che ancora resiste – e l’ avvento di un lungo periodo di “si salvi chi può”.
Il panorama degli operatori della sanità pubblica
Cioè si salvi solo chi ha soldi, case, polizze, terreni da vendere per la propria salute. I segnali già si vedono oggi e non da oggi: dimissioni di 40-50enni, prepensionamenti, concorsi pubblici deserti in certe aree, intensa emigrazione estera di medici ed infermieri.
Diciamolo con forza la cd “aziendalizzazione” del SSN ha miseramente fallito. Non ho mai visto nei fatti in oltre 40 anni di mio duro lavoro SSN nulla o quasi di aziendale ma solo ampia discrezionalità nelle scelte quasi sempre politiche e molto poco tecniche.
Diciamolo anche a noi stessi che la “REGIONALIZZAZIONE” del SSN con la deleteria modifica legislativa del Titolo V della Costituzione ha prodotto solo ulteriori disavanzi e debiti complessivi sempre maggiori in capo alle Asl – Ospedali – Policlinici – Regioni e non ha saputo incidere positivamente sulla qualità di salute dei Cittadini italiani di molte aree non solo quelle deprivate economicamente.
I motivi del recente degrado sanitario italiano sono stati i più svariati.
Ma il vero fattore alla base di questa cattiva tecnica legislativa (Leggi Deleghe e Testi Unici con testi molto poco specifici) sta nella pervicace trentennale volontà di tenere fuori dal sistema ogni forma di competizione, concorrenza e libero mercato mediante il ricorso a due istituti che io trovo pericolosissimi quando così come è stato vengono male applicati e cioè l’ accreditamento istituzionale e la libera professione intramuraria.
Intra moenia
La libera professione intramuraria è di per se un non senso e serviva solo quando è stata istituita a dare a pioggia a tanti medici una indennità che a loro storicamente comunque spettava per i ritardi contrattuali ventennali precedenti.
La libera professione intramuraria va abolita tout court, magari mediante un periodo ponte ed inglobando come già sta succedendo da qualche anno la relativa indennità di esclusiva nel trattamento sanitario fondamentale del medico: di pari passo devono essere applicati in extenso ai medici anche gli istituti della flat tax ed aboliti completamente i paletti delle odiate ed inutili incompatibilità (che abbiamo solo noi in Italia).
Per cambiare il corso della sanità pubblica senza contemporaneamente distruggere il SSN nella sua impostazione universale (vedi sopra) a mio giudizio avere il coraggio da parte del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro del Tesoro e il Premier, di mettere mano radicalmente all’ attuale impianto legislativo (mediante specifiche Leggi Deleghe parlamentarie Testi Unici).
Limiti al potere regionale della sanità pubblica
E introducendo specifiche restrizioni al potere Regionale nella sanità, introducendo potenti limitazioni all’ accreditamento istituzionale (facendolo diventare residuale) e devolvendo tutto il resto alla libera competizione (concorrenza e libero mercato) tra pubblico e privato con lo Stato che però si mantiene tramite il Ministero e le Regioni per quanto di loro competenza il RUOLO DI REGOLATORE della cornice istituzionale.
Bisogna inoltre rompere la cristallizzazione e immobilità dei Corsi di Laurea pubblici e privarti (pure online !!) nelle loro forme di legge e nei loro contenuti verso i discenti ed i docenti: una cattiva Università produce una cattiva classe dirigente, spesso asservita al politico o peggio, mentre na buona Università produce una grande classe dirigente, libera, autonoma, preparata ed innovatrice. Andrebbe fatta a mio giudizio anche una riflessione sul valore legale del titolo di studio.
Per ultimo, bisogna considerare la situazione non ottimale dei 107 Ordini Provinciali degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, nonché per ultimi di quelli infermieristici e di tutte le professioni sanitarie. A mio giudizio tutto il sistema ordinistico che guida legislativamente e coordina le attività di questi sussidiari dello Stato non è stato al passo dei tempi (pur essendo detentore di un grande potere nei confronti dei suoi iscritti), ne ha fatto in alcuni casi dei veri e propri succedanei della politica con uffici stampa giornaliera su qualsiasi cosa.
Si è creata confusione, si sono prodotti conflitti anche pesanti per il loro controllo, si è spesso cooperato con il Legislatore per impedire a qualsiasi costo la rotazione degli incarichi al loro interno: infatti, agli Ordini Professionali sono collegati elettivamente con un sistema di deleghe molto complesso i vertici degli Organi che guidano gli enti previdenziali di categoria, spesso molto ricchi ed appetibili anche per i loro elevati pesi economici e la loro influenza politica.
E’ possibile fare questo cambiamento profondo?
La Premier Meloni, semmai dovesse ascoltarmi, dovrebbe almeno impostare il processo legislativo di concerto con Salute e MEF, dovrebbe concertare il tutto con Bruxelles per gli aspetti di competenza e naturalmente con la Stato-Regioni e dovrebbe prevedere migliori legislative fondamentali quali ad esempio obbligo di escludere anonimato se si vuole lavorare in SSN (no fiduciarie, no private equity, si tracciabilità completa di soldi e persone).
Il testo legislativo dovrebbe prevedere la introduzione nella competizione di un terzo pilastro che non dovrebbe essere limitato ai fondi integrativi sanitari con poche o nulle detrazioni fiscali ma a veri sistemi cooperativistici ed assicurativi che abbiano detrazioni fiscali poliennali cospicue, per esempio nel campo energetico residenziale: il motivo è semplice, se si inserisce liberalismo e concorrenza vera nel mercato si ottiene sempre un miglioramento della qualità del servizio offerto e un abbassamento dei costi per il cittadino.
Superare le ideologie in Sanità non solo è doveroso ma è essenziale e a mio giudizio dovrebbe essere un processo legislativo BIPARTISAN: compresa la sanità privata assicurativa e cooperativistica e quella out of pocket, la sanità in Italia muove quasi 200 mld euro annui e a questi bisognerà presto aggiungere in un prossimo futuro i costi che i cittadini già oggi sostengono per la riabilitazione post-acuzie, le case di riposo e le RSA.
Tutto ciò che è ideologico in Sanità è corrosivo e alla fine il prezzo lo paghiamo tutti noi e quello che si è visto con il Covid e i relativi vaccini ne è stato solo un piccolo antipasto.