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Proclami senza atti per i laureati in psicologia

Chiedono il Disegno di Legge sulla Laurea abilitante in Psicologia annunciato e promosso dal Ministro Manfredi già a metà Agosto

Laurea in Psicologia

Manifestazione Disegno di Legge per Laurea in Psicologia

Nel vorticoso caos delle nuove procedure e dei tanti DPCM che il Governo si è trovato a emanare per affrontare l’emergenza Covid-19, c’è una categoria che più delle altre soffre l’incertezza di una classe politica lenta a decidere. Se quella che stiamo vivendo viene da sempre definita “emergenza”, non sempre lo Stato e la sua burocrazia riescono a rispondere con i tempi che una emergenza richiede, specie se la risposta riguarda quelle categorie di cittadini non ben definite che abitano i limbi del “sei ma ancora non sei”.

5 anni di università, 40 esami, 2 tirocini universitari e 1 anno di tirocinio post-laurea

Parliamo dei tanti laureati in psicologia per i quali i cinque anni di università, i circa 40 esami, i due tirocini universitari e l’anno di tirocinio post-laurea, non bastano al riconoscimento delle competenze, per le quali necessitano di un ulteriore esame di stato che li abiliti alla professione. Pur ritenendo assurdo l’impianto sopra descritto, (l’università deve abilitare con esame un laureato già esaminato e più volte valutato dalla stessa università), e accettando lo storico macchinoso iter, ad oggi migliaia di psicologi laureati non conoscono la procedura con la quale ancora una volta sarà valutata la loro preparazione.

Il Disegno di legge sulla Laurea abilitante in Psicologia

Il Movimento Professione Psicologi Italia, nella giornata di Mercoledì 30 Settembre dalle 14.30 scenderà di nuovo in piazza a Roma davanti la sede del MIUR proprio per sollecitare una definizione dei criteri di esame per la sessione di Novembre e per chiedere ancora una volta il tanto decantato Disegno di Legge sulla Laurea abilitante in Psicologia annunciato e promosso dal Ministro Gaetano Manfredi già a metà Agosto. Decreto legge del quale non conosciamo i contenuti. E nessuno ha istituito tavoli d’incontro con le parti per la riorganizzazione della professione proprio in conseguenza dei nuovi scenari che la pandemia ha determinato.

Mentre nelle corsie dei pronto soccorso del Paese un esercito di medici ed infermieri si è prodigato, in alcuni casi immolato, per salvare più vite possibili, fuori fra le strade un virus ancor più infido e immateriale è entrato nelle case, un disagio fatto di aspetti puramente psicologici dove le paure, le incertezze e l’isolamento hanno destabilizzato fortemente le coscienze di ognuno di noi. Questo tipo di emergenza però ancora una volta non arriva alle nostre istituzioni perché esse stesse figlie di una cultura del tutto pragmatica e puramente oggettiva. Una cultura che fatica a riconoscere ciò che non si vede, che non riconosce ciò che si percepisce se non quando la dimensione diviene azione o assume corporeità.

Basta con la burocrazia che inceppa qualunque progetto

Il confronto fra mondo accademico, professionale e politico deve partire proprio da questo aspetto per poter dare risposte sia a tanti neolaureati, sia alla società intera che ne dovrà poi beneficiare. Una macchinosa procedura burocratica che ancora una volta smentisce tutti i buoni propositi di uno stato che vuole velocizzare l’entrata nel mondo del lavoro dei giovani. Un processo di valutazione della valutazione che si rincorre tra spese di bolli, documenti da presentare, firme e controfirme che finiscono solo ed esclusivamente ad aggravare le famiglie dal punto di vista economico e a deprimere i sogni dei diretti interessati.

Esame in presenza oppure online?

Ancor più grave è lo stato d’incertezza nel quale migliaia di neolaureati sono in questo momento, quando a soli due mesi dalla sessione di Novembre non conoscono le regole e le modalità con le quali avranno a che fare. Se l’esame sarà in presenza o on-line, se le prove saranno come da ordinamento, cioè quattro distribuite nell’arco di settimane o il tutto avverrà in unica sessione. Non solo; cosa succede se un candidato giunge presso la sede d’esame con il raffreddore?

I protocolli attuati per le prove di ammissione alle Facoltà di Medicina fungono da pericoloso precedente. In tale occasione infatti è bastato presentare una semplice autocertificazione sul proprio stato di salute per poter accedere alla prova, riponendo eccessiva fiducia sul senso di responsabilità dei singoli candidati.

Mancano le risposte della politica

Ma parlando dell’esame di stato che nella sola fase istruttoria prevede un costo fisso d’iscrizione di circa 400 euro, e ad oggi non contempla nessun rinvio per cause di salute, quanti, febbricitanti o con il raffreddore, faranno ricorso al proprio senso etico, sapendo di perdere mesi e denaro nella eventuale assenza alla prova? La politica deve assolutamente dare risposte in merito. Ne vale della sua stessa credibilità. Dobbiamo cominciare a sbrogliare la matassa burocratica che frena lo sviluppo di questo Paese e all’interno della quale molti trovano spunti interessanti per legittimare poteri.

L’emergenza Covid offre la possibilità di velocizzare o by-passare molti di questi assurdi meccanismi per far ripartire urgentemente il mondo del lavoro e di conseguenza quello economico. La politica deve assolutamente approfittarne e come nel caso delle abilitazioni professionali, riconoscere abilitante la laurea stessa pur mantenendo in funzione l’obbligo importantissimo di un tirocinio professionalizzante. L’attuale Ministro Gaetano Manfredi ha la possibilità di scardinare finalmente un sistema vetusto e macchinoso, lo ha promesso, lo deve fare.

Fuori dal contesto puramente accademico c’è una società ferita che necessiterà sempre più di un supporto anche psicologico per riorganizzarsi.

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